Il Palazzo Giorgi-Roffi Isabelli di Ferentino ha accesso dal n. 160 di Via Consolare ed è di proprietà di Pio e Laura Roffi Isabelli. Circa la costruzione e gli adattamenti del Palazzo bisogna riferirsi a varie vicissitudini e a varie epoche. Alcuni elementi architettonici visibili nei vasti locali seminterrati a ridosso delle mura ciclopiche fanno riferimento a periodi medioevali riconducibili al 1200/1300. Certa è la documentazione circa l’insediamento nella parte del Vicolo Raonio della Scuola Umanistica Ferentinate detta Filetica, costituita a seguito del cospicuo lascito che Martino Filetico (1430-1490) fece a favore dei fanciulli poveri di Ferentino, affinché seguissero gratuitamente gli studi. E’ documentato pure che l’Abate Nicola Raoni (consideriamo l’attuale toponimo del vicolo), Rettore della Scuola, cedette il 21.12.1600 la scuola privata alla Comunità di Ferentino che la condusse fino al 1934. A seguito di detto passaggio la stessa Comunità trasferì la scuola in un edificio più ampio, e sicuramente più adatto ad ospitare un Convitto, localizzandola nel complesso dei Frati Conventuali di S. Francesco, mantenendo però la proprietà del sito di Vicolo Raonio. Tanti atti notarili sono consultabili nell’Archivio privato di Pio Roffi Isabelli. Del 1787 esistono perizie commissionate da tale Ambrogio Giorgi per la stima della "Fabbrica costruita di nuovo nel sito del Convento di S. Francesco in contrada S. Salvatore (è la localizzazione esatta del Palazzo comprato, in parte, dai Giorgi). Altri documenti, datati fra il 1809 e il 1819, riferiscono che i Padri Gesuiti (succeduti ai Conventuali di S. Francesco) vendono in più volte beni in contrada Lo Spreco (è il toponimo della piazzetta di fronte l’ingresso del Palazzo) a Don Vittorio Giorgi, figlio di Ambrogio. E’ uno scritto di Anna Giorgi del 1832 che narra come Ambrogio e Don Vittorio Giorgi, volendo riunire tutte le loro proprietà, hanno ricomposto un Palazzo di tre piani. Aggiunge anche che fu proprio Don Vittorio ad affrancare totalmente i canoni di censo verso i Gesuiti per poter poi trasmettere, al nipote erede Felice, la libera proprietà, a seguito anche della divisione con il fratello Antonio, avvenuta nel settembre 1815. Don Vittorio Giorgi (1760-1820), sacerdote secolare, prozio di Alfonso Giorgi, risulta essere il personaggio chiave dell’ascesa economica e culturale della famiglia. Egli è Confessore delle Monache e loro amministratore. Lo è anche di molte nobili famiglie ferentinati dell’epoca come i Lolli Ghetti e i Filonardi Tibaldeschi. Nel 1793 è cappellano e amministratore della SS. Consolazione di Anagni. Nel 1795 diventa Ispettore Generale delle Truppe a Massa di Campagna e Marittima al seguito delle Truppe Sanfediste napoletane del Cardinale Fabrizio Ruffo di Calabria. Di qui il suo contatto con il napoletano e con le sue influenze culturali. Col ripristino del potere temporale del Papa, dopo il periodo e l’occupazione francese che lo vide esiliato e minacciato di morte, troviamo spesso Don Vittorio con il compito di riordinare le Corporazioni Religiose di Ferentino rientrate nelle loro case e conventi. Il suo impegno fu quello di "far sussidiare" dal governo pontificio tutti coloro che si erano visti tolti i propri beni dal governo francese. Del 1803 è l’incarico di Don Vittorio per fare il muro dell’orto della "Scuola" franato verso S. Lorenzo. Il detto orto confina con : la "Fabbrica della Scuola, Don Vittorio Giorgi, eredi Martini e strada pubblica" (è attualmente l’orto di Palazzo Giorgi con il maestoso muro di Via Ierone). Restante parte del citato orto lo stesso Don Vittorio lo compra nel 1819 dal Venerabile Convento di S. Francesco (passato nel frattempo ai Gesuiti). Dal suo testamento del 1.08.1820 si evince che Don Vittorio è anche Sindaco dei Minori Osservanti di S. Agata, chiesa nella quale chiede di essere sepolto, e Protettore della Confraternita di S. Giuseppe (chiesa esistente allora di fronte casa). Dichiara, anche, che in Via Consolare è la sua residenza che lascia completamente al nipote Felice, padre nel 1824 di Alfonso Giorgi. La facciata sud-est del Palazzo Giorgi-Roffi Isabelli, quella in prossimità del muro su citato di Via Ierone, incorpora per 25 metri un muro di opera poligonale. Costruito in blocchi di calcare, disposti su filari orizzontali, si conserva per 6 metri di altezza fino ad 11 filari soprapposti. I blocchi misurano indicativamente 50 cm. di altezza con lunghezze di 150 cm. fino a 220 cm. (1). All’interno di detto muro sono visibili alcune strutture (mensole) riconducibili al XIII secolo. Alla base del muraglione esistono 2 vani (l’uno esplorato, l’altro ancora da scavare) di cui abbiamo avuto notizie da appunti e schizzi di Alfonso Giorgi e da una relazione di Filippo Bono del 1878 (2). In detta relazione lo storico locale Bono parla di due grandi arcate in pietra e all’interno di esse descrive le due stanze costruite in epoca romana in travertino. Per lui sono due "Cripte Mortuarie" che potevano anticamente appartenere al sovrastante grandioso fabbricato che doveva essere di proprietà di un "soggetto consolare". In dette stanze furono ritrovati rottami di vasi lacrimatori e varie forme di lumicini in terra cotta verniciati con manico lunato. Di detti oggetti oggi, purtroppo, si sono perse le tracce. Anche in altri siti dell’area urbana di Ferentino si osservano strutture in opera poligonale funzionalmente disposte a costituire terrazzamento. Di stanze o locali sotterranei però, ad eccezione di questi di casa Giorgi, non se ne hanno notizia. E’ bene dire che tanti terrazzi sono per lo più nascosti sotto i fabbricati attuali; quelli visibili presentano, però, tecniche differenti. Quella più diffusa è ad opera poligonale in massi scistosi vicini alla IV maniera, come il muro su descritto. Osservando la piantina dell’abitato di Ferentino si nota come il terrazzamento di casa Giorgi-Roffi Isabelli rientri nel criterio della distribuzione urbana che si coglie lungo l’asse scandito da Via Consolare, a Piazza Mazzini, a Piazza della Catena, a casa Giorgi, a S. Ippolito, a Via della Fata, dove detti terrazzamenti accompagnano la strada per linee spezzate, allargandone in maniera grandiosa la base edificabile, anche fino a 22 metri. Tutte le città cosiddette di Saturno sono abbastanza ricche di bei palazzi antichi che nella prima metà del 1800 hanno ricevuto una nuova decorazione rigorosamente neo classica o meglio "pompeiana". Nascono così le prime collezioni diverse, dai lapidari di fortuna allestiti nei vescovadi come la collezione Cayro di S. Giovanni Incarico, oggi acquisita dal Museo Nazionale Romano, alla Collezione Giorgi di Ferentino, ancora oggi in loco, rigorosamente studiata dal suo creatore Alfonso Giorgi, collaboratore di T. Mommsen nella pubblicazione delle epigrafi di Ferentino. Nel Palazzo di Via Consolare, come abbiamo già detto, visse, tra la fine del 1700 e l’inizio del 1800, il colto ecclesiastico Don Vittorio Giorgi che dette alla casa la veste neo classica e paganeggiante che ancora oggi si ammira. La struttura ad archi (ora ciechi) del cortile centrale ha fatto pensare a più studiosi locali che si trattasse del chiostro della vicina chiesa del Salvatore, ipotesi questa suffragata dal fatto che la stessa proprietà fosse stata in origine dei Frati Conventuali di S. Francesco. L’esterno della facciata principale ha le forme dignitose dell’ottocento laziale e dal portone antico, contornato da ottima cornice in travertino, si accede al cortile sui cui muri sono inserite qualcosa come 83 tra frammenti statuari ed iscrizioni classiche tra cui campeggia in bella mostra una stupenda testa di Augusto. I cippi e i frammenti più grandi, con capitelli romanici e resti di fontane barocche, formano su un lato del cortile un rustico capriccio. Dalla scala principale si accede direttamente alla Sala Gialla, distrutta in parte dal bombardamento alleato del 1944, sulle cui pareti campeggiavano Trionfi di divinità analoghi a quelli di Bacco e Cerere del successivo Salotto Verde. Il pezzo forte della decorazione è però la Galleria degli Dei che si affaccia sulla Via Consolare. Questa è decorata con statue dorate rappresentanti gli dei dell’Olimpo in una architettura di colonne e tendaggi, mentre riquadri policromi con Ebe e Ganimede occupano i due spazi sopraporta. Nell’archivio Giorgi–Roffi Isabelli, mentre si sono trovati schizzi per la facciata del Palazzo e varie piantine delle sale e dei locali seminterrati, non sono state rinvenute deleghe di incarichi o fatture di pagamento per le varie decorazioni e pitture. Queste, realizzate parte a tempera e parte a fresco, appaiono databili, come i soffitti a cassettoni, tra la fine del ‘700 e i primi dell’800, ispirati, come detto, a più celebri prototipi di scuola napoletana (3). In queste sale la mobilia ha un fascino particolare; si ammirano antichi pianoforti, tavoli, sedie e divani anni settecento e ottocento, lampade e tende in stile. Il tutto camminando su un pavimento a piastrelle quadrate bicolori del 1500. Sull’angolo più esterno, agli occhi del visitatore appare all’improvviso una cappella con tanto di altare consacrato. Dell’attuale Cappella del Palazzo non esistono precise notizie in merito alla dedicazione e alla attivazione. Sicuramente la destinazione attuale non era l’originale poiché si vede ricavata in un ambiente in fondo alla Galleria su descritta, diviso oggi a metà con altra stanza da parete posticcia di legno realizzata negli anni ’50. Certo è che esisteva un Oratorio privato in casa Giorgi, poiché Bolle papali di Pio IX del 1870 e di Pio X del 1905 attestano l’esistenza della cappella. Il documento più antico si riferisce alla supplica di Alfonso Giorgi al vescovo dell’epoca per la celebrazione della messa in casa (8 aprile 1870). La più recente è la testimonianza del Canonico Zeppa di Ferentino che celebra messa "in sacello privato familiae Roffi Isabelli Ferentinae Civitatae", del 26 settembre 1920. Il materiale epigrafico di Ferentino è raccolto in buon numero in tre collezioni diverse. Una è quella del Comune, la seconda è quella del Vescovado, l’altra è la Collezione Alfonso Giorgi nel Palazzo omonimo (4). Il Giorgi mise insieme una notevole raccolta epigrafica murando nel cortile del Palazzo diversi frammenti che altrimenti sarebbero andati perduti. Egli fu in ottima relazione con Teodoro Mommsen che si giovò della sua collaborazione per l’edizione delle iscrizioni ferentinati nel vol. X del Corpus Iscriptiones Latinarum (C.I.L.). Nella pagina 572 del testo il Mommsen scrive: "Ferentini moranti mihi tam hospes quam dux fuit et multorum annorum laborem collectanea sua liberaliter mihi patefecit". Nella pagina 34, invece, dell’edizione del sen. Alfonso Bartoli, si cita la data del restauro della facciata del Palazzo Roffi Isabelli (settembre 1928). La cospicua collezione epigrafica, che Alfonso Giorgi ha raccolto nella sua casa, riguarda soprattutto iscrizioni locali; esse sono rimaste quasi del tutto inedite fino alla pubblicazione del C.I.L. La maggior parte di detta collezione sembra essere stata raccolta in un lasso di tempo assai lungo, ma sicuramente posteriore al 1846, anno della redazione del fascicolo epigrafico di Giampietro Secchi. In esso, infatti, non è menzionata nessuna iscrizione della collezione Giorgi mentre sappiamo, dal ricco carteggio epistolare intercorso fra i due, che essi si sono abbastanza frequentati. Mommsen visitò Ferentino, e casa Giorgi, nel 1876, stringendo un sentito rapporto amichevole col Giorgi. Di li poté riunire tutte le iscrizioni ferentinati e dei paesi viciniori nel monumentale C.I.L. edito nel 1883. Dopo tale data la raccolta epigrafica, nota il Solin, vede ancora un notevole incremento (5 e 6). Circa 11 iscrizioni, infatti, non risultano edite sul C.I.L. ma si trovano in casa Roffi Isabelli. Siccome il Giorgi morì di lì a poco (1889), si ritiene che gli eredi abbiano incrementato tale collezione, anche perché il Giorgi soleva comunicare con solerzia tutti i ritrovamenti allo stesso Mommsen. Un altro studioso, Th. Ashby, nel 1909 pubblicò talune di queste iscrizioni non edite dal Mommsen. Tutto ciò a dimostrazione che i frammenti murati in casa Giorgi-Roffi Isabelli possono essere venuti a far parte della raccolta in tempi sicuramente diversi. La "Biblioteca Privata Alfonso Giorgi", così come la si vede oggi, è stata allestita, utilizzando dieci scaffali d’epoca, nel 1980 per opera di Pio Roffi Isabelli, ma solo nel 1989 è stata regolarmente censita nell’Annuario delle Biblioteche Italiane a cura del Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali con il n. FR 0077. Essa consta di circa 1400 volumi ed opuscoli che partono dal 1500 per arrivare agli inizi del 1900. La sua specializzazione riguarda il Diritto e l’Economia, l’Epigrafia Latina, la Storia Ecclesiastica, le Scienze Naturali, la Filosofia, le Lettere Classiche. Nella Biblioteca esiste un Fondo riguardante l’Archivio privato delle famiglie Giorgi e Roffi Isabelli riguardanti soprattutto documenti relativi all’amministrazione del vasto patrimonio familiare. E’ da questo fondo, costituito da oltre 200 cartelle numerate, che si sono attinte le notizie e gli atti notarili delle compravendite dei caseggiati ed orti compresi nell’isolato delimitato da Via Consolare, Via Ierone, S. Lorenzo e Vicolo Raonio, che hanno visto in seguito la realizzazione del Palazzo Giorgi-Roffi Isabelli. Considerato ancora che molti esponenti delle due famiglie hanno per più volte ricoperto tra il XVIII e il XX secolo importanti cariche pubbliche e varie magistrature pontificie, non manca documentazione in merito a fatti ed avvenimenti di storia e costumi locali. I Giorgi furono una delle famiglie più in vista nella Ferentino degli ultimi tre secoli, tanto che ottennero anche l’iscrizione al ceto nobile della città. Le prime attestazioni della famiglia risalgono addirittura al 1514 quando i Giorgi, proprietari di fornace, risultano fornitori della Venerabile Fabbrica di S. Pietro. Furono però più tardi i due figli di Ambrogio, Giampietro e Don Vittorio (esistono in casa i ritratti autentici), a giocare un ruolo particolare nell’ascesa economica e culturale della famiglia. Non a caso proprio in quegli anni si restaura, si amplia, si decora e si abbellisce il Palazzo Giorgi, dimora della famiglia. Con il nipote di Giampietro Giorgi, Alfonso, si estingue questo ramo dei Giorgi; subentrerà la famiglia Roffi Isabelli quando Pio sposa Vittoria Giorgi, sorella di Alfonso, nel 1857. Si è voluto intitolare la Biblioteca ad Alfonso Giorgi poiché il suo ricco archivio personale rispecchia gli interessi del classico erudito. Esso contiene manoscritti antichi di storia locale, schede e collazioni di epigrafi latine, appunti di archeologia e ricchissimo carteggio epistolare di autorevoli personaggi e studiosi ottocenteschi, relativo alle sue ricerche e studi. Ricordiamo solo che, Alfonso Giorgi, valido epigrafista, fu socio dell’Istituto di Corrispondenza Archeologico Germanico, sul cui "Bullettino" furono pubblicati testi epigrafici inediti. Lo studio delle antiche lapidi della provincia di Campagna e Marittima, da lui intrapreso, lo portò a collaborare, tra gli altri, con T. Mommsen, B. Borghesi, G.B. De Rossi e W. Henzen. di Pio Roffi Isabelli
NOTE Tutti i riferimenti a compravendite di case ed orti da parte dei Giorgi, al fine di costruire il Palazzo, sono attinte dall’archivio di famiglia. Per l’esattezza sono stati consultati i "Cartelli" n. 19, 33, 81, 103 e 104. Le loro datazioni vanno dal 1787 al 1832.
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up. aprile 2008
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