Dei popoli italici preromani rimangono molte questioni aperte, per scarsità di ricerche, studi, scavi archeologici adeguati che possano far luce sull’origine di queste genti e sul loro apporto alla civiltà romana. I RUTULI Dei RUTULI in particolare
emergono alcuni dati interessanti che sembrano avvalorare la nostra
ipotesi di un substrato pelasgico comune ad alcune popolazioni italiche.
E’ accertato il particolare legame dei Rutuli con gli Etruschi con i quali
erano facilmente in contatto attraverso le distese pianeggianti
dell’Etruria meridionale marittima; inoltre i nomi stessi di Rutulus e
Turnus erano dagli antichi accostati all’ etrusco, lingua certamente non
di ceppo indoeuropeo. La devozione a divinità quali Afrodite e Inuo/Priapo,
precedente alla romanizzazione, come risulta dalla presenza
dell’antichissimo Afrodisium e del Castrum Iuni, si deve fare risalire a
pratiche religiose di origine orientale pregreca. Inoltre l’abilità dei
Rutuli nella lavorazione dei metalli testimoniata in particolare dalle
famose spade ardeatine e dalle asce ne fanno un popolo ricco, abile nella
lavorazione dei metalli, legato all’artigianato e al commercio più che
alla vita pastorale, notizia confermata da Livio quando ricorda
l’occupazione di Ardea per le sue ricchezze. Sempre da Livio (L. XXI , 7,
2) ricaviamo un’altra notizia interessante a proposito dell’origine di
Sagunto, la ricca città ispanica sita nell’area di influenza punica,
nell’attuale regione storica dell’Aragona, rasa al suolo da Annibale,
evento questo che diede origine alla seconda guerra punica. Livio appunto
dice testualmente "Si dice che i Saguntini abbiano avuto origine
dall’isola di Zacinto ed anche da Ardea di stirpe rutula."
Probabilmente il periodo di questa colonizzazione risale ad una fase di
decadenza della città di Ardea e del porto che si andava insabbiando, e la
fondazione della colonia marina di Sagunto seguendo la "via dei metalli"
rientra nella mentalità di una popolazione dedita al commercio e
all’artigianato.
"Ferocior ad rebellandum
quam bellandum gens" con questa affermazione Tito Livio, il padre
della storiografia romana, ha definito i Volsci, "popolo più
ferocemente incline a riprendere la lotta che a combattere", citato
più volte nelle fonti non solo da Livio, ma anche da Dionigi
d’Alicarnasso, Silio Italico e Strabone.
1.2.2008 |
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