Villa Santo Stefano, 17 gennaio 2008. Era una notte buia e tempestosa ... Così cominciano molti racconti o romanzi. Quando i malcapitati protagonisti si trovano in mezzo ad una tormenta di neve o ad un uragano di pioggia e vento. E soltanto dopo molte peripezie e con una indomita forza di volontà, riescono a cavarsela e sopraggiunge il consueto "lieto fine". Una cosa simile è successa agli impavidi che sin dalla sera di mercoledì 16 gennaio stavano portando la legna, compresi alcuni smisurati ceppi di quercia, in piazza Umberto I, per allestire il grande e tradizionale "Falò di Sant’Antonio". Con il quale, anche quest’anno si è dato il via alla giornata di festeggiamenti dedicati al Santo che, iconograficamente viene ritratto assieme all’inseparabile porcellino.
Determinazione e forza di volontà, quindi. Ma anche devozione che sale dal cuore e la consapevolezza di tramandare un rito antichissimo che fa parte delle proprie radici santostefanesi. Ed ecco che nemmeno la pioggia che arriva giù a secchiate, può far desistere dal proprio compito, per non dire missione. Infatti, alla fine, Piero Iorio, Mario Anticoli, Renato "Peppe" Truini e l’assessore Adriano Trapani, sono riusciti, pur bagnati fradici, ad accendere la gigantesca catasta. E, mentre le fiamme salivano allegre al cielo, Piero ha potuto lanciare il grido di "Viva Sant’Antonio". Una cerimonia che si tramanda da generazioni a Villa Santo Stefano, legata alla intensa devozione per il Santo Abate. Che ha radici antichissime. Probabilmente legate alla acclarata presenza nella vallata dell’Ordine degli Antoniani. Come testimoniato dal lebbrosario, oggi scomparso, presente a Giuliano di Roma e visitato persino da Papa Innocenzo III, nel 1208, e dall’ancora consacrata Chiesa di Sant’Antonio a Priverno. Anche a Villa S Stefano esisteva una chiesa dedicata all’Abate. "Era situata nel punto d’incontro tra l’omonima strada e l’attuale via Napoli e dava il nome all’intera contrada" ci spiega il medico e puntuale ricercatore storico santostefanese Vincenzo Tranelli "D’origini medievali, era una delle più antiche del paese. A navata unica, si apriva su un piccolo slargo all’apice del quale c’era la Fontana della Porta" Purtroppo, già nel XV secolo la chiesetta versava in uno stato di deprecabile decadenza "benché continuassero le celebrazioni liturgiche" prosegue Tranelli "successivamente verrà sospesa dal culto e sconsacrata. Con l’Unità d’Italia, l’edificio sarà ceduto a privati e nel 1935 diverrà un mulino. E tale resterà sino a pochi decenni orsono, quando verrà demolito per far posto ad una abitazione civile" Dopo la Santa Messa, celebrata in una gremita Parrocchiale di Santa Maria Assunta, dal parroco, alla quale hanno partecipato gli alunni delle scuole santostefanesi, accompagnati dai propri insegnanti, la statua del Santo portata in la processione per le vie del borgo, è giunta in piazza, dove il falò diffondeva un piacevole tepore. Davanti a numerosi fedeli, radunati malgrado continuasse a piovere, compresi il sindaco Enrica Iorio ed il vicesindaco Amalfi Cipolla, Don Pawel dopo aver invitato tutti a pregare, recitando il "Padre Nostro", ha benedetto i tradizionali "panini" di Sant’Antonio. L’Amministrazione Comunale ha poi provveduto a distribuirli ai ragazzi delle scuole ed a portarli a casa degli anziani infermi. Quindi, si è perpetuato un arcaico costume. Quello di raccogliere alcuni tizzoni del "Falò di Sant’Antonio" e portarseli a casa "a scopo di benedizione", per accendere il proprio focolare. La sera, il Sacro si è fuso con il Profano. Dalle ore 19.00, i santostefanesi si sono ritrovati sotto i grandi gazebo montati dall’assessore Trapani, che ha curato l’aspetto logistico della manifestazione, dando vita ad una allegra festa. Prelevando le braci del grande falò, che continuava a riscaldare a dispetto della pioggia persistente, sono state preparate grigliate di carne ed altri piatti tipici, persino una "callara" con "Vin brulè" e tanti balli con la musica dal vivo di Franco Sarrecchia e l’animazione della moglie Carla. Presenti il sindaco Enrica Iorio, l’assessore Marco Cristini, i consiglieri Maurizio Iorio, Luigi Palladini, Vincenzo Tranelli e Don Pawel. Divertimento e spensieratezza, certamente, ma anche la consapevolezza di contribuire a far si che una tradizione locale, nella quale tutti si possono riconoscere, non scompaia per sempre, come spesso verificatosi altrove.
(1) Per saperne di più sulle vicende storiche relative a Sant’Antonio, sulle leggende e racconti agiografici sorti attorno alla sua figura e sull’Ordine degli Antoniani, attivo anche nel Basso Lazio e nella Valle dell’Amaseno, si consiglia la lettura del libro "Valcento. Gli ordini monastico –cavallereschi nel Lazio meridionale" di Giancarlo Pavat, prefazione Alessandra Leo, Edizioni Belvedere di Latina.
up. 31.12.2008 |
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