TRE SECOLI DI LITI
Pascoli contesi e pagamenti non onorati guastarono i rapporti tra Castro e Santo Stefano
La regione dei Monti Lepini ed Ausoni comprende comuni con un territorio in gran parte montuoso. Qui, più che altrove, persistettero a lungo nei secoli passati consistenti possedimenti feudali ed ecclesiastici; solo un quarto del territorio era costituito da proprietà comunali. Un territorio con vasti e fitti boschi, in parte incolto, che permetteva una economia povera, poco più che sussistenza, alla cui base vi era l’attività agro-pastorale vincolata da una tecnologia rudimentale e da un sistema agrario arretrato, caratterizzato da rotazioni col turno a pascolo, e da servitù in cui sopravvivevano rapporti contrattuali e gestionali antiquati. L'allevamento si basava sui maiali, i famosi "neri", le pecore, ma soprattutto sulle capre, molto numerose, di poche esigenze ed adattissime a regioni montagnose.
Su queste montagne la pastorizia si esercitava, anno dopo anno, da secoli, in mancanza di impianti adeguati di approvvigionamento idrico e di abbevera mento degli animali.
Villa Santo Stefano e Monte Siserno
Ed è in questo contesto che da secoli tra i Comuni di Castro e Santo Stefano, vigeva la consuetudine di buon vicinato e di reciproca convenienza, si diceva, secondo la quale i pastori di un centro utilizzavano liberamente i pascoli dell'altro, limitrofo, senza pagare tassa. Così sarebbero andate le cose fino agli anni '30 del ‘600, quando tali rapporti cominciarono a guastarsi, e verso la metà dello stesso secolo gli affittuari del l'erbaggio di Santo Stefano pretesero che i proprietari di bestiame non residenti che usufruivano dei pascoli pagassero la fida. I "Comunisti" di Castro facevano prontamente ricorso al feudatario, che a quel tempo era il cardinale Girolamo Colonna, dando inizio ad una serie di battaglie legali davanti i rari Tribunali dello Stato Pontificio, Si affermava l'esistenza di un vero e proprio jus pascendi (diritto di pascolo) statuito e consacrato da tempo immemorabile e da tre sentenze successive; in più il territorio montuoso dì Castro sarebbe stato più adatto come pascolo nei mesi d'estate, e quello di Santo Stefano, perché in piano, più adatto nei mesi d'inverno. In effetti fino a metà '800 le testimonianze anche di parte santostefanese erano concordi nel riconoscere l'uso libero e scambievole dei pascoli dei due paesi, uso che veniva interrotto durante le vicende del brigantaggio, per essere i pastori la categoria più esposta; ne erano mancate di tempo in tempo convenzioni ed accordi temporanei. Da parte santostefanese si replicava che in buona sostanza si trattava solo dì una abitudine tollerata: "perché la Comune di Castro non ha monte, ossia territorio a contatto di monte Siserno di Santo Stefano, mentre non è di sua proprietà quello che è attaccato al Monte di questo territorio, ma bensì della Ecc.ma Casa Colonna, e l’affittuario di esso ne ritrae una fida a vantaggio della Lodata Ecc.ma Casa, per cui non vi è e non vi è stata mai una promiscuità di pascolo…(…)…di fatto se volessero li Santi Stefanesi andare a pascolare nel territorio di Castro il loro bestiame, prima dovrebbero pagare la fida alla Ecc.ma Casa Colonna, e poi valicare più miglia di Monte Scabroso per giungere nel territorio di Castro, e pervenuti colà neppure avrebbero ove pascolarlo perché nei loro terreni seminati ed alberati, nei prati ristretti, e nella macchia di Salvatori non vi permetteranno al certo il pascolo"…(…)…"i monti che essi ritengono sono…sterili, scabrosi freddi poco confacenti per il bestiame"…
Castro dei Volsci |
Ma non mancavano questioni sui confini. Esisteva nella regione di Campo Lupino, ove convergevano i territori di Amaseno, Ceccano, Villa Santo Stefano e Castro dei Volsci, un'ampia zona la cui proprietà, almeno dagli inizi del '700, era divenuta oggetto di contesa tra i nostri due Comuni; essa veniva resa particolarmente appetibile dalla presenza di un pozzo, che permetteva l'abbeveramento degli animali senza esser costretti a scendere al piano.
L'utilizzo di questa zona da parte dei santostefanesi aveva provocato continui ricorsi dei castresi alla Sacra Congrega/ione del buon Governo che nel 1721 dispose una perizia per la definizione dei confini, con la quale essa venne riconosciuta di pertinenza del Comune di Castro, e nel 1750 veniva conformata dal cardinal Rivera,
In alto Monte Siserno - Campo Lupino |
Passarono gli anni. Nel 1819 con il rinnovo del Catasto dello Stato Pontificio, che da descrittivo, diveniva geometrico, vennero modificati i confini, non si sa su quale base; l'area in questione venne intestata al Comune di Santo Stefano e tale rimase anche alla revisioni.' del catasto del 1862, E con l'intestazione ricadde sul comune di Santo Stefano anche l'onere delle tasse. La situazione comunque ristagnò e non risulta vi siano state rimostranze da ambo le parti fino al 1900 quando il Comune di Santo Stefano imponendo la fida vi comprese anche i castresi. Il Comune di Castro intentò causa presso il Tribunale di Frosinone dopo che un tentativo bonario di accordo era fallito. Nuovamente venne disposta una perizia i cui trattati confermarono i confini tracciati nel 1723, dando ragione ai castresi. Fu interposto appello dal Comune di Villa Santo Stefano contro la sentenza; ma di lì a poco, stante anche le ingenti spese legali sostenute da ambo le parti, si riconobbe l’opportunità di un componimento amichevole della controversia, e dopo lunghe discussioni si stabilì che il territorio conteso tornava al Comune di Castro dei Volsci, ogni Comune avrebbe pagato le proprie spese legali e metà delle spese notarili, di registrazione e di apposizione dei termini dei confini. Questi furono apposti il 10 ottobre 1908. Gli animi, comunque, erano surriscaldati, e non mancarono le mali lingue tra il popolo: da una parte si mormorava che i delegati di Villa erano stati addomesticati da abbondanti libagioni di vino; dall’altra si minacciava che si sarebbe fatta fare ai santostefanesi la fine del loro patrono se non si fossero accomodate le cose. Ma finalmente dopo quasi tre secoli di litigi le cose trai due Comuni erano appianate; rimaneva solo il problema delle tasse che continuarono a gravare per molti anni su Villa Santo Stefano. Ripetute le richieste di rimborso, che nel 1923 ancora si facevano attendere. E per quanto ne so ancora si attende.
Vincenzo Tranelli
Estratto da "Orizzonte Montano" n°1 (Notiziario della XXI Comunità Montana)