Villa S. Stefano ricorda… La Panarda: ricordi e considerazioni di Giovanni Bonomo e Pino Leo "Ahhh … n’atra uòta Sa’ Rocq, arrieq’ ‘a Panarda!" Panarda: parola, di cui ogni cittadino di Villa S. Stefano, anche il più illetterato, ne conosce il significato e suscita in esso sentimenti e ricordi legati ad avvenimenti e fatti ben precisi. A pochi chilometri dal Paese, anche le persone più colte devono, viceversa, far ricorso ai vari vocabolari, enciclopedie o a siti internet per comprenderne il significato. Questi signori troveranno che Panarda è sinonimo di panata o panatica, termini che indicano una antica minestra che si faceva intingendo il pane in una zuppa di vari tipi di legumi cotti. Per noi, non è solo questo! E' un insieme di ricordi, di profumi, di colori, di atmosfere...., insomma una sensazione così intensa che solo un santostefanese può percepire in quanto trasmessagli, con i cromosomi, dai genitori. Un' emozione, che si comincia ad avvertire già all'inizio della "questua". La questua non era solo una offerta in denaro ma anche una raccolta di cereali e legumi, soprattutto ceci e grano, che la popolazione donava per permettere la realizzazione della Panarda. A Villa S. Stefano, questa, non è solo la cottura, ma anche la distribuzione a domicilio, a mezzo di "Servitori", di una "pignata" di ceci cotti con acqua e conditi con olio, rosmarino, sale e pepe insieme ad una pagnottella. E' proprio il tipo di distribuzione domiciliare che caratterizza la nostra Panarda, in quanto porta la solidarietà, tipica dello "Sfamo del Popolo" e della "Liberanza di Agosto" (1), a casa del povero o del malato. Anche se la ricorrenza del Protettore San Rocco era stata da sempre una delle celebrazioni religiose più solenni, fu solo nel 1861, che tale festività venne associata alla Panarda coincidente con la "Liberanza di Agosto". Scrive infatti il nostro compianto concittadino, Arturo lorio (2) "...artefice di questa fusione di dementi sacri e profani in una gloriosa festa di mezza estate, fu Don Rocco Ventura Arciprete di Santo Stefano, durante gli anni sessanta". L'emotività con cui i santostefanesi vivono i giorni festivi del 15 e 16 agosto, è la migliore testimonianza della intuizione di Don Rocco. Da quegli anni è fiorita una ricca cultura locale della Panarda, fatta di episodi ed aneddoti che sarebbe bello ricordare se lo spazio in questa pagina non fosse...... tiranno. Dovremmo parlare della "quarta" e della "mésa quarta" espressioni in gergo, usate nel fare l'offerta, alle quali corrispondevano le "razioni". Bisognerebbe dire dei calzerotti di lana, e dei costumi variopinti che usavano i primi Servitori; del loro grido "Bada c'a mocc'ca" , per evitare i passanti durante le corse. Sarebbe bello ricordare i soprannomi che venivano citati per individuare le famiglie, delle rimostranze dei cittadini per il ritardato arrivo dei ceci, e di altri episodi ancora. Ne vogliamo citare uno per tutti, quello di un cittadino che, negli anni trenta, trovandosi in disaccordo con la "Commissione di San Rocco'', non fece l'offerta, ma non volendo rinunciare alla razione di ceci se li cucinò in casa e li portò in piazza, per la benedizione, dentro una pignatta. Nel nostro paese il successo della festa di San Rocco è legato al buon esito della Panarda: è importante che i ceci siano stati benedetti, che siano cotti e ben conditi, che siano portati dai servitori con la "pignata" ma soprattutto è importante che nella casa di di ogni santostefanese il giorno di San Rocco arrivino i ceci.
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da: "La Voce di Villa" - Notiziario a cura dell'Amministrazione Comunale di Villa Santo Stefano