Alla cantina di Z’ Cencio si commentava, con ricchezza di particolari, il fatto che, quella domenica mattina, Angelomaria la guardia indossasse il copricapo della divisa con il "sottogola" abbassato. Era in servizio, infatti, come funzionario di polizia giudiziaria e, pertanto, doveva svolgere i compiti di usciere, segretario e cancelliere del giudice conciliatore. Angelomaria (A. Iorio 1907 – 1969), figura storica delle guardie comunali di Villa (famosa, tra le altre la frase: "Stat’ attient’ ca te mann’ sbattenn’ i cap’ p’ l’ scal’ de la pretura di Ceccano"- Stai attento che di porto alla pretura di Ceccano dove "sicuramente" scivolerai per le scale e ti farai male alla testa-), svolgeva il suo compito con portamento fiero mostrando un severo cipiglio che, però, contrastava fortemente col suo carattere burbero, ma buono. Z’ Umbertino (U. Rossi) era un signore di vecchio stampo. Da giovane era stato l’autista del Cardinale Domenico Jorio. Nel dopoguerra aveva promosso la fondazione della Democrazia Cristiana partecipando, così, attivamente alla politica del nostro Comune. Aveva un’andatura claudicante e si aiutava con un bastone nel camminare. D’estate era solito indossare un grosso cappello di paglia a falde larghe. Ciò che, però, lo caratterizzava, fortemente, era il suo marcato dialetto romanesco con il quale si esprimeva sia che parlasse in privato (nelle sue interminabili partite a carte) sia che lo facesse in pubblico.
Da tempo, e con merito, svolgeva la funzione di giudice conciliatore. Quella domenica mattina presiedeva, al municipio, una di quelle sedute in cui si dovevano giudicare le solite piccole questioni: confini non rispettati, affitti non pagati, bestiame che pascolava dove non doveva, etc… S’apre, dunque la seduta e Z’ Umbertino chiama Angelomaria: " Angelomari’ fa entra’ er primo che così se sbrigamo!". Entra il signor N. P. e fa presente al giudice le sue lamentele. Z’ Umbertino lo ascolta e poi gli dice: "Statte tranquillo, nun ce so dubbi: c’ hai proprio raggione". N. P. esce dalla stanza più che soddisfatto. "Angelomari’ fa entra’ l’artro" riprende Z’ Umbertino. Entra A. R. il contendente e racconta la sua versione dei fatti. Z’ Umbertino dopo averlo ascoltato con apparente attenzione, lo congeda rassicurandolo. "Aoh! Er fatto è tarmente chiaro che nun poi c’ave’ raggione tu!" Anche A. R. esce soddisfatto per il parere espresso dal giudice. Angelomaria, sorpreso e perplesso dalle decisioni del giudice che dava ragione ad entrambi i contendenti, chiusa la porta, si avvicina a Z’ Umbertino e gli dice: "Sor giudice, ma hai dato ragione a tutti e due …". Z’ Umbertino, superato un attimo di esitazione, risponde tranquillo: "Angelomari’ e che devo da di’: c’hai raggione puro tu!"
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8 giugno 2010
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