Filippo Bonaventura Bonomo (1868 -1939) era il secondogenito di Angelo e Faustina Iorio. Si racconta che Angelo, per il modo particolare di coprirsi con il mantello, avesse dato motivo ai buontemponi del nostro paese di appioppargli il soprannome di "Mantella". Questo indumento è rimasto da allora il simbolo di tale grossa e ramificata famiglia alla quale appartiene, anche, chi scrive.

Il primo dei figli di Angelo era Marcantonio (1865) padre, tra gli altri, del nostro Z’ Cencio. Dopo Filippo venivano le sorelle M. Loreta (1871), Bianca Candida (1873) e Stefano Luigi (1876). Filippo sposò Severina Leo, donna dolcissima che tutti i nipoti, ancora oggi, ricordano con grande affetto.

Z’ Pippo e Za’ Severina non ebbero figli. Grazie alla sua forte personalità e ai tanti nipoti (Marcantonio, morto quarantenne, ebbe sette figli, Loreta otto, Bianca cinque e Stefano quattro) divenne il riferimento più importante di tutta la famiglia, sempre compatta, nelle vicende politico sociali nelle quali è stata coinvolta in più di 100 anni.

Loreta e Bianca, pur avendo contratto ottimi matrimoni, rispettivamente con Angelo Maria Palombo e Giuseppe Iorio, mantennero sempre un forte legame con la famiglia paterna tanto da portarsi dietro, anche per i discendenti, il soprannome Mantella.

La famiglia Bonomo abitava nella casa situata sul lato Sud di piazza Umberto I, all’angolo con via del Santuario. La casa fu costruita da Angelo con l’aiuto dei figli e, per anni, ne divenne la dimora patriarcale.

Z’ Pippo imparò l’arte del muratore ed iniziò un’attività, che da lì a poco, lo portò a costruire le case di mezzo paese che, alla fine dell’800, si espandeva fuori dal vecchio agglomerato. Dell’attività di costruttore sono testimonianza molti edifici; tra questi ricordiamo la palazzina al civico numero 11 di via Roma. Costruì, certamente, nel 1900, il palazzo della sorella Loreta in via S. Sebastiano (dove c’è il bar). Edificò, per Sor Matteo, la palazzina della Casina (1909) e il grande palazzo di via della Rocca (1920). L’edificio più noto come "Casa di Z’ Pippo" è quello costruito (?) al di sopra di via Roma. Questo palazzo, infatti, fu sede prima del Comune e poi, fino al 1960, delle scuole elementari.

Uomo semplice, fisicamente non molto alto, è ritratto, nelle foto d’epoca, con i classici baffi e con un originale cappello a cilindro. Fu coetaneo del Cardinale Domenico Iorio, dei medici Costantino Leo e Matteo Bonomo e, pur non possedendo la stessa istruzione, seppe misurarsi con loro sul piano della vita pratica e sociale. Con il dottor Matteo Bonomo (Sor Matteo) strinse una forte amicizia, un sodalizio, prima umano e poi politico-sociale, che li accompagnò fino alla morte avvenuta a distanza di qualche anno l’uno dall’altro.

Z’ Pippo fu Giudice Conciliatore e, dal 1910 al 1919, Sindaco del nostro paese, sempre sostenuto da Sor Matteo.

Nel 1911, in qualità di Sindaco, partecipò, invitato dal Re, ai festeggiamenti tenutisi al Quirinale, in occasione dei primi 50 anni dell’Unità d’Italia.

Come Sindaco seppe utilizzare al meglio, nel 1917, una normativa dell’allora ministro della Difesa che disponeva la dislocazione di prigionieri di guerra "Austresi" nei piccoli Comuni. A Villa ne arrivarono circa venti che Z’Pippo alloggiò in un locale del Comune che aveva sede, allora, in via San Pietro nel palazzo di proprietà della famiglia Marafiota. Questi prigionieri, al mattino, venivano accompagnati dai Carabinieri alle falde di monte Siserno, dove, armati di piccone, scavavano pietre che, poi adeguatamente lavorate, venivano utilizzate per la pavimentazione del paese. Fu così che, con Z’ Pippo Sindaco, si ebbe la prima sistemazione dei nostri vicoli.

La vicenda e ben descritta dal ricercatore di storia, nostro concittadino, Marco Felici.

D’indole buona e socievole Z’ Pippo fu generoso, non solo con i numerosi nipoti, ma con chiunque avesse avuto bisogno di conforto morale e materiale.

Sul letto di morte, ormai agonizzante, Za’ Severina, in lacrime, lo stimolò a parlare: "Pi’, dimm’ ca’ cosa, parla ‘na cica!". E Z’ Pippo con l’ultimo sorriso all’adorata moglie: "M’ s’ sempr’ ditt’ ca parleua tropp’!". Si spense nell’ottobre del 1939. riposa nella grande tomba di famiglia accanto a quella dell’amico di sempre "Sor Matteo".

 

 
 
 
up.4 marzo 2013

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