di Giovanni Bonomo "Eja - eja … alalà" è il saluto militare coniato da D’Annunzio, nel 1919, durante l’impresa di Fiume in sostituzione dell’inglese: "hip – hip ... hurràh". E’ composto da due parole: "alalà", grido che i guerrieri greci lanciavano quando attaccavano il nemico; "eja", tipica esortazione italiana (di origine sarda), che viene preposta alla prima con funzione di sincronismo. Il classico "hip - hip urràh", viene, così, sostituito con il più moderno e nazionale "eja –eja … alà". Con la fine dell’impresa fiumana e con l’affermarsi dei fasci di combattimento, questi, mutuarono e fecero propria tutta ritualità dannunziana, ricca di altre espressioni come: "A noi" risposta corale alla domanda retorica "A chi Fiume?" o " A chi Roma?". Fanno parte di questi riti altri motti come "Me ne frego", "Roma o morte", etc … Negli anni, immediatamente successivi alla Grande Guerra, anche a Villa, giovani, ma non solo, in camicia nera, armati di manganello, marciano, spavaldi, in fila; cantano inni e gridano motti ancora sconosciuti profanando, così, quelle piazzette e quei vicoli testimoni, per secoli, solo di processioni e di cerimonie religiose. Ma chi erano questi sfrontati che osavano rompere la quiete e la tranquillità del nostro paese, scuotendo le coscienze e mettendo in dubbio le antiche certezze dei nostri padri? Grazie ai verbali delle sedute del nascente Fascio di Villa e all’archivio fotografico di Pompeo Leo siamo in grado di dare risposte certe a questo ed ad altri interrogativi. La classe dirigente di Villa, gelosa delle proprie prerogative, era, ancora, chiusa in una sorta di guscio impenetrabile ai nuovi fermenti politici. Alla guida dell’Amministrazione comunale, si avvicendavano, con una certa rivalità, le famiglie più importanti del paese (Bonomo, Panfili, Iorio). Il contenzioso, però, si limitava e si esauriva con la conquista del primato cittadino senza alcun contenuto o riferimento ideologico – politico. Erano casati e personaggi di forte tradizione cattolica (tutti avevano un sacerdote in famiglia) fortemente legati alla Chiesa e, ancor prima, al vecchio Stato Pontificio. In questo clima post bellico, politicamente incerto e confuso, irrompono, sulla scena politica di Villa, personaggi prima assenti e poco visibili. Pompeo Leo (1873 – 1939) figlio di Flaviano e Antonia Perlini; diplomato in ragioneria e ispettore della Singer a Sora. Uomo brillante, eclettico, amante della fotografia, corrispondente de "Il Messaggero" è "l’uomo nuovo" del momento. Michele Marafiota, proveniente da Pastena dove era nato il 21 maggio del 1874; di professione fabbro ferraio, ospita le prime riunioni del Fascio nella sua abitazione di casa Marella in via San Pietro. Attorno a questi due protagonisti, quasi cinquantenni, si aggrega un gruppo di giovani di varia estrazione sociale. Molti sono i reduci: Antonio Zomparelli, decorato e mutilato, i sergenti Luigi Iorio e Guglielmo Buzzolini, i caporali Umberto Iorio e Genesio Biasini. Sono tanti nomi degli aderenti al Fascio che risultano da un elenco datato 5 maggio 1921. Domenica 1 maggio 1921 è la data ufficiale della fondazione del "Fascio di combattimento" di Villa Santo Stefano. La sezione è intitolata all’eroe martire Nazario Sauro ed è ubicata, in piazza Umberto I, probabilmente nei locali soprastanti l’attuale ufficio postale, già sede del "Circolo Giovine Italia". Dal verbale di quella seduta si evidenziano alcuni dettagli: "… i soci fondatori sono 40 … suddivisi per condizione sociale … professionisti 3, studenti 2, proprietari terrieri 30, i soci elettori sono 35, i soci combattenti 15 di cui 3 decorati." Si legge altresì: "… coloro che hanno facilità di parola signor Ruggeri Romolo e Fabio Fabi … esperti in questioni sociali ed agricole signor Pompeo Leo … ". Tra i soci alcuni ricoprono cariche amministrative "Iorio Massimo è sindaco … Felici Diomede svolge funzioni di segretario comunale…". La sezione è guidata da un Direttorio composto da Pompeo Leo (fiduciario e segretario), Giuseppe Ruggeri, Fabio Fabi e Zenobio Anticoli. La vicenda più importante e, politicamente, significativa è, però, la presenza, fra i nostri fascisti, di Giuseppe Bottai (1895 -1959), personalità tra le più colte e preparate del Fascismo. Questi aveva conosciuto il dottor Costantino Leo sul fronte della Grande Guerra e, successivamente, aveva stretto amicizia con Pompeo, fratello di Costantino, e Michele Marafiota. La sua presenza, nel nostro paese, è documentata da tante fotografie, alcune delle quali, inserite dallo stesso Bottai nei suoi "Diari" pubblicati nel secondo dopoguerra.
L’atteggiamento minatorio e prepotente, mostrato dai fascisti nelle loro manifestazioni, suscitava diffidenza e ostilità, soprattutto, tra i più anziani. Tra questi pochi vi aderirono, e quando lo fecero, a Fascismo già affermato, questo avvenne più per convenienza che per convinzione. Furono, tuttavia, pochi gli episodi di violenza. L’unico, documentato, è quello dell’accoltellamento di Michele Marafiota da parte di Giacomo Palombo. Il fatto, ricordato da Ernesto Petrilli nel suo "Dio ci salvi dai Palombo", avvenne giovedì 5 maggio 1921. L’avvenimento, ebbe una forte connotazione familiare e politica, essendo i protagonisti cognati, avendo sposato le sorelle Marella. Vennero coinvolti i fascisti Guglielmo Buzzolini, Genesio Biasini e Natalino De Filippi che vendicarono il Marafiota bastonando G. Palombo. In quell’occasione Pompeo Leo, con lettera autografa, chiese a Gino Calza Bini, segretario federale di Frosinone, di intervenire a favore dei fascisti coinvolti. Ci furono condanne per tutti.
La diffidenza e l’ostilità dei più anziani, sono compensate, però, dall’entusiasmo e dall’esaltazione dei più giovani. Alla seduto del 12 ottobre 1922 si presenta un folto gruppo di ragazzi che chiede, con forza, l’iscrizione al partito. Di fronte al rifiuto del segretario (P. Leo) che vuole il rispetto della corretta normativa per l’iscrizione, i giovani abbandonano l’aula. A guidarli c’erano i soci Alberto Felici e Giovanni Bonomo di Matteo, zio paterno di chi scrive. Giovanni Bonomo era nato il 24 giugno 1905 da Elisabetta Grenga. Superato l’incidente, nella stessa seduta, viene scelto come delegato al congresso federale di Frosinone del 15 ottobre, insieme allo stesso Pompeo Leo e a Massimo Iorio, Giuseppe Ruggeri, Antonio Zomparelli, Stefano Lucidi e Michele Marafiota. Nella seduta del 29 ottobre, giorno successivo alla marcia su Roma, troviamo Giovanni Bonomo ancora protagonista. Si legge nel verbale "… il socio Bonomo Giovanni deplora l’assenza di parecchi soci e rivolge preghiera al segretario politico perché renda palesi le giustificazioni all’assemblea data l’importanza dell’ora politica … L’assemblea approva". Aveva solo 17 anni e mezzo. Nel 1925 si arruolò nei Reali Carabinieri, agli inizi degli anni ’30 comanda la stazione di Rociglione (VT). Muore il 16 luglio 1941, a 36 anni, dopo anni di sofferenza per una grave malattia. Dai verbali delle sedute dell’ottobre 1922 e successive non c’è traccia di fascisti di Villa che abbiano partecipato alla marcia su Roma. Alfredo Leo, però, figlio di Gesualdo, ha sempre affermato di averla fatta. Con il 1922 termina il nostro racconto. Nel maggio del 1923 ci fu la fusione del Partito Nazionalista di Federzoni e Corradini con il Partito Nazionale Fascista. Anche il Fascio di Villa si arricchì di nuovi personaggi che saranno protagonisti successivamente. Questa e un’altra storia. Se non vi abbiamo annoiato e, ne avremo voglia, ve la racconteremo la prossima volta…
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up 08.02.13
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