10 HVP II /190
Nel gennaio del 1944 la pressione aerea alleata era ormai aumentata su
tutta l’area di Frosinone e i continui bombardamenti avevano quasi del
tutto distrutto il capoluogo e i suoi snodi ferroviari come quello della
vicina Ceccano.
Il 29 gennaio 1944 una di queste incursioni fu segnalata anche dal
Comitato Civile di Difesa Aerea di Villa Santo Stefano.
Alcuni aerei inglesi, a bassa quota, avevano sorvolato, senza provocare
danni, lo spazio sovrastante il paese per colpire invece pochi minuti dopo
in contrada Lungaro a Giuliano di Roma, una colonna tedesca
mitragliandola, tre i camion distrutti numerosi invece feriti.
Si trattò della prima di numerose azioni sui cieli della valle dell’
Amaseno condotta dagli aerei alleati che avevano ormai stabilito le loro
basi nel vicino napoletano dopo che il 22 gennaio, con lo sbarco di Anzio
avevano completamente stravolto l’assetto militare tedesco. L’azione mossa
dagli alleati la notte del 21 gennaio aveva infatti costretto il Comando
Generale tedesco ad una reazione determinata quanto imprevista. La Hermann
Göring con tutto il suo potenziale di uomini e mezzi fu tra le prime unità
a doversi muovere ed anche velocemente obbligata a difendere le aree
interne a sud della costa laziale. Anche Weiss e la sua Batteria
ricevettero quell’ordine e ricongiunti alla loro Divisione, per la via di
Priverno, si infiltrarono nella campagna a ridosso di Nettuno per tentare
di fermare con il fuoco dei cannoni il sopraggiunto avversario. La
mobilitazione fu rapida ed accurata, la macchina bellica del Battaglione
fu attivata in brevissimo tempo e tutte le Compagnie, salvo limitate
retroguardie, salirono sui camion seguite dai pezzi di artiglieria
trainati dai muli. La Göring lasciò Villa Santo Stefano e i paesi della
valle per non tornarci più. L’improvviso allontanamento sorprese la
popolazione e molti iniziarono a temere per il proprio destino ora ancora
più incerto. Qualche novità si ebbe nei giorni seguenti quando anche la
retroguardia della Göring andò via lasciando le consegne ad alcuni soldati
tedeschi che durante la prima settimana di febbraio erano sopraggiunti in
paese.
Molti santostefanesi riconobbero sullo stemma, posto sul parafanghi
anteriore dei loro automezzi, il contorno di un isola familiare: la
Sardegna.
Un ufficiale, seguito da un gruppo di granatieri, aveva preso alloggio nei
soli locali delle Case Nuove, dove in seguito avrebbero eseguito notevoli
trasformazioni. Nelle settimane successive ci fu infatti un continuo ed
insolito movimento di camion, tutti fregiati con il simbolo dell’isola
italiana con una spada di traverso, dagli automezzi venivano scaricate
senza sosta enormi casse verdi, tutte numerate e con ben evidente il
simbolo della Croce Rossa.
Ognuna riportava in tedesco la descrizione del contenuto, i più curiosi
seduti di fronte San Sebastiano tentarono di capire dalle scritte cio’ che
veniva consegnato, ma l'unica cosa che compresero fu che era riportato
sempre qualcosa di indecifrabile seguito dalla parola “kasten”.
Solo quando la farmacista, la Signora Bolognini lesse su un baule, “Apothekensatzkasten”,
informò i presenti che il voluminoso contenitore proteggeva materiale
farmaceutico e che quindi quella sopraggiunta poteva essere un ’unità di
Sanità Militare. La conferma venne quando i camion successivi lasciarono
intravedere al loro interno, sotto i teloni mimetici, un infinito numero
di materassi e reti ammassati gli uni sopra le altre.
A metà febbraio l’Ospedale come ormai tutti i santostefanesi avevano
iniziato a chiamare la vecchia caserma della Göring era quasi completato,
mancavano solo le enormi scritte che all’ingresso di ogni comprensorio ne
avrebbero indicato lo specifico reparto. Furono realizzate con estrema
precisione da alcuni soldati che, a cavallo di alte scale, le terminarono
in breve tempo inconsapevoli che la loro perizia sopravvivrà fino ai
giorni nostri.
Al termine dei lavori spontaneamente iniziò una lenta processione, le
indicazioni venivano lette con difficoltà e ad alta voce, si passava dall’
una all’altra come quando si leggono le didascalie sotto un quadro in una
pinacoteca.
Anche le autorità non furono da meno e il segretario comunale, dopo aver
indossato gli occhiali, iniziò quello che praticamente tutti prima di lui
avevano fatto “ …. Jnnere abtg …. Chirurgie …. Haut abtg …. Haufnahme ….
Mala …… ”.
Stava apprestandosi a leggere l’ultima scritta, Malarien, quando si sentì
toccare la spalla, era sopraggiunto trafelato, confuso tra i camion e la
polvere della Vigna, un ufficiale medico che in un confuso italiano
sorridendo disse “Piacere sono il maggiore Lorek”.
La struttura medica diretta dal Maggiore Lorek era un Hauptverbandenplatz
della Novantesima Panzergrenadier Division.
Organismo medico inserito in una struttura sanitaria più vasta che
comprendeva due infermerie in prima linea, una sulla linea “Sengen” e
l’altra sul fronte di Cassino ed un Lazarett divisionale a Anagni,
l’ospedale numero 200.
Il personale medico del comprensorio di Villa Santo Stefano era composto
dalla Seconda Compagnia Medica del Battaglione 190, l’organico comprendeva
un primario o Oberstabsarzt, il Maggiore Lorek appunto, due chirurghi, un
farmacista, un dentista ed un ufficiale contabile oltre ad sette Sanitater
Feldwebel, dodici Sanitater Unteroffiziere e circa venti Sanitater
Soldaten.
Aggiunti a questi, aggregati vi erano alcuni addetti alla Sussistenza e un
buon autoparco di ambulanze, molte delle quali automezzi civili requisiti
e trasformati in portaferiti. L’Hvp era simile in ogni luogo del fronte
dove fosse presente un contingente Wehrmacht. Le sue caratteristiche
rimanevano invariate, il suo compito specifico essendo frapposta tra il
fronte e l’ospedale di Divisione era quello di curare i feriti meno gravi
per rinviarli nel più breve tempo possibile al fronte oppure, nei casi più
critici, dopo aver offerto le prime cure trasferirli nella vasta struttura
di Anagni. La sua peculiarità era la presenza di una sala chirurgica in
muratura, ovvero all’interno di una camera riparata che a Villa Santo
Stefano si trovava al pianterreno del reparto “Chirurgie”. Le altre
sezioni comprendevano l’Accettazione o “Haufnahme”, la Medicina interna o
“Jnnere abtg” e lo “Haut abtg” o Reparto Dermatologico destinato ai feriti
con ustioni gravi.
Il reparto “Malarien” invece fu adibito specificatamente per questa
Divisione che reduce dei fronti africano e della Sardegna aveva molti dei
suoi uomini affetti dal morbo di questa subdola malattia, tanto che veniva
soprannominata “Malarien Division”. Distaccata inoltre ospite della casa
di Primo Toppetta c’era una Sezione Dentistica, dove lavoravano due
simpatici odontotecnici, Karl e Paul.
Il piazzale antistante l’ospedale invece venne lasciato volutamente libero
per il continuo movimento delle autoambulanze e dei camion e solo una
parte della Vigna, quella rivolta verso il ripido pendio di Santantonio
venne occupata da un ’enorme telo bianco con sopra verniciata una croce
rossa.
Lo stesso simbolo era stato riportato anche sui tetti di ogni comprensorio
per rendere ben evidente agli aerei alleati la presenza dell’ospedale.
Le competenze del Hvp II / 190 andavano dal fronte di Cassino a nord fino
ad Esperia ad est e da Priverno a sud fino a Carpineto Romano ad ovest.
Sulle stesse direttrici, a conferma dell’obbligatorietà dell’ apparato
medico, ad Amaseno c’era l’Hvp II /194 della Novantaquattresima Divisione
che aveva preso il posto dell’ospedale della Hermann Göring diretto dal
Capitano Linen.
Oltre al personale medico tedesco, a causa dell’elevato numero di feriti,
la direzione dell’ospedale chiese ad alcune donne di Villa Santo Stefano
se fossero interessate ad un impiego temporaneo nell’ Hvp come infermiere,
molte accettarono. Dopo una breve selezione alle giovani aspiranti vennero
consegnati due camici bianchi con la raccomandazione che quello indossato
doveva essere assolutamente sempre ben pulito. Le ragazze escluse, invece,
vennero comunque reclutate o in cucina o addette alla pulizia della
biancheria che facevano asciugare dietro l’ospedale dove erano state stese
lunghissime funi fissate ad alti pali.
Le infermiere, invece, promosse ai reparti,si sarebbero prodigate, a dire
dei tedeschi, sempre molto svolgendo più del loro dovere.
Le lavoranti venivano tutte ricompensate con i Marchi di occupazione ma
vista la difficoltà nell’utilizzarli vennero presto sostituiti con derrate
alimentari.
Oltre alla ridotta “Apoteke” all’interno dell’ Hvp venne requisita anche
la farmacia pubblica in piazza dove sorse una sorta di spaccio ad uso
medico solo per i granatieri. Una delle prime persone che Lorek volle
conoscere fu il medico interinale Vito Giannetta di origini siciliane
giunto in paese allo scoppio della guerra da Roma, accompagnato dalla
moglie, i genitori e da due figli.
A Villa Santo Stefano aveva ottenuto per assegnazione l’incarico di medico
condotto, ma quello che nessuno sapeva era che nel suo cassetto era
riposto un passaporto americano.
Da subito i medici tedeschi offrirono la loro opera anche alla popolazione
civile senza particolari distinzioni, prima a beneficiarne Lisetta
Buonacquisti rimasta ferita piu’ nel cuore che nella carne durante il
bombardamento alleato del 10 febbraio 1944 presso Castelgandolfo.
Comunque uno dei reparti con il maggior numero di pazienti fu quello di
Odontoiatria. Possiamo dire che quasi tutti in quei giorni di tardo
febbraio si fecero curare i denti nel gabinetto medico di via Roma.
Don Amasio addirittura si fece vulcanizzare la dentiera. Furono eseguiti
anche particolari interventi come l’operazione alle tonsille per la
piccola Ghella, la figlia di Sor Checco, con utilizzo perfino
dell’anestesia. In quei giorni non era raro vedere nugoli di bambini
sostare nei pressi della cucina del HVP dove, quasi sempre, riuscivano ad
ottenere qualche cucchiaio di minestra calda. Alcune delle loro madri
invece avevano avviato con i cuochi della mensa una sorta di baratto
scambiando una bottiglia di latte appena munto con il classico filone di
grano nero che nella memoria paesana sarà ricordato come ” i fallon dei
germanesi ”.
Alcune volte oltre al pane veniva donata a queste paesane anche un po’ di
zuppa versata in alcune gavette tedesche che il giorno seguente avrebbero
riconsegnato ben pulite. La chiesa di San Sebastiano come quando c’era la
Göring mantenne il suo carattere ricreativo qui i degenti ascoltavano la
musica o facevano come dicevano i santostefanesi “il teatrino”. Alcuni
soldati infatti allietavano in questo locale con alcuni strumenti musicali
la permanenza dei loro sfortunati compagni salendo alcune volte per avere
un ’acustica migliore addirittura sulla torre del Municipio. La macelleria
tedesca posta nella parte alta di via Roma invece forniva la carne per il
pasto dei ricoverati e della truppa.
Le macellazioni erano frequenti così come le requisizioni che nonostante
il cambio di unità non erano cessate. Le parti scartate come le cotenne
erano recuperate dalla popolazione civile ma anche i tedeschi non erano da
meno infatti alcuni di loro ambivano alle parti di fegato inutilizzato o
alle interiora che poi cucinavano nelle camere delle Case Nuove munite di
camino.
Quando qualcuno dei feriti non ce la faceva, veniva caricato sui camion e
seppellito nel cimitero della Novantesima Panzergrenadier Division che si
trovava sulla via Casilina tra Arce e Ceprano all’altezza della pietra
miliare 109. Solamente i caduti tedeschi delle ultime settimane di maggio
furono tumulati nel cimitero di Villa Santo Stefano. Quando si
verificavano queste tristi circostanze, Lorek scriveva una lettera alle
famiglie dei caduti precisando data e luogo della loro morte e località
della successiva sepoltura poi concludeva la comunicazione con qualche
parola di commiato, sempre le stesse.
Quelle poche righe, unite ad un’ altisonante comunicazione di avvenuto
decesso redatta dal Comando Distrettuale in Germania, erano le uniche cose
che giungevano nelle case delle famiglie dei caduti insieme ad un immenso
indescrivibile vuoto.
LA NOVANTESIMA PANZERGRENADIER DIVISION
La Novantesima Panzergrenadier Division nasce dalle ceneri della Divisione
Leggera che aveva combattuto all'interno dell’Afrika Korps fino al suo
tracollo in Tunisia. Ricostituita nel luglio del 1943 in Sardegna prese
dall' isola anche la sua nuova denominazione “Sardinien”.
Dislocata nei pressi di Olbia fino al settembre 1943 sarà successivamente
trasferita in Corsica dove si scontrerà per la prima volta con le truppe
francesi. Da Bastia la Divisione giungerà in Toscana e a fine settembre
verrà collocata prima a Pisa e poi sulla riviera adriatica vicino a Gatteo
al Mare.
Nella metà del novembre del 1943 combatterà contro gli inglesi sul fiume
Moro presso Ortona e nel gennaio 1944 i suoi battaglioni saranno impegnati
sulla linea Gustav distinguendosi a Castelforte, su Monte Natale e presso
Santa Maria Infante. Dal primo febbraio sosterrà il fronte di Cassino
difendendo Monte Maio e Castellone, mentre nello stesso periodo nelle
retrovie sarà avviata la realizzazione dell’ospedale di Villa Santo
Stefano.
Don Alvaro annoterà sul suo diario l’arrivo dei primi tedeschi
appartenenti alla Sanità la sera del 3 febbraio 1944. I primi giorni di
marzo, dopo Cassino, parte della Divisione viene posta in riserva
nell’area di Ostia.
Ma a maggio è nuovamente avviata al fronte per combattere nell’area di
Pignataro e Pontecorvo, prendendo parte anche alla terza battaglia di
Cassino. Da quel momento in poi per la Novantesima Panzergrenadier
Division inizierà una lenta ma costante ritirata che dal Melfa proseguirà
progressivamente fino in Umbria dopo aver attraversato Frosinone, Fiuggi,
Piglio, Genazzano e Rieti. Trasferita nel grossetano la Divisione
affronterà il nemico prima ad est del Monte Amiata e poi presso Volterra.
La sua resistenza continuerà a Villamagna, Certaldo e Castelfiorentino con
il successivo rafforzamento delle sue posizioni sull’Arno nei pressi di
Fucecchio. La Divisione che ha subito pesanti perdite viene trasferita
alla fine di luglio oltre l’Appennino presso Modena e Parma, per poi
essere spostata alle spalle di Genova. Il 19 agosto la Novantesima inizia
ad operare in Piemonte dove le sue truppe, conquistati i passi di confine
oltre Aosta, agevoleranno il rientro delle unità tedesche in ripiegamento
verso la Francia meridionale.
Dagli ultimi giorni di settembre fino alla liberazione della penisola la
Divisione tornerà a combattere in Emilia Romagna dove a sud di Bologna
nell’aprile del 1945 la maggior parte delle sue truppe si arrenderà ai
brasiliani del Corpo di Spedizione. Il resto della Divisione ritirandosi
verso il lago di Garda il 5 maggio del 1945 si consegnerà invece agli
inglesi.
La Compagnia di Sanità del Hvp II / 190 seguirà la Divisione in tutta la
sua ritirata. Il primo trasferimento, dopo Villa Santo Stefano, la porterà
tra S. Vito Romano e Genazzano da dove poi lentamente risalirà
completamente la nazione. Sulla Linea Gotica la troveremo a Medicina,
mentre una delle sue ultime destinazioni fu San Vito di Cadore dove
rimarrà fino al 6 luglio 1945. Successivamente muoverà insieme alla
maggior parte delle unità mediche tedesche verso il passo del
Brennero,scelto come via di fuga.
Ma il completo controllo del corridoio da parte dell’aviazione alleata
costringerà i tedeschi a lasciare infermieri e feriti in quella che era
divenuta una città lazzaretto, Merano.
Nella città altoatesina, distribuiti tra condomini e hotel, saranno
allestiti ben quattordici ospedali per un totale di tremila feriti,
diciotto medici, nove amministrativi, duecento infermieri e
quarantaquattro infermiere di cui dieci italiane e tre addirittura russe.
Tra le strutture mediche alla fine di agosto del 1945 si arrenderà anche
il Lazzaret numero 21 con i suoi ottanta pazienti formato dalla Compagnia
di Sanità di Villa Santo Stefano e l’HVP del Primo Reggimento
Paracadutisti proveniente da S. Martino di Castrozza.
Tra gli infermieri del 190, senza aver sparato un colpo, da poco
arruolato, verrà fatto prigioniero dagli inglesi anche il futuro Reggente
olandese, Claus Von Amsberg che sposerà nel dopoguerra la Regina Beatrice.
I sopravvissuti della Seconda Compagnia di Sanità saranno tutti trasferiti
nei campi di prigionia della Gran Bretagna, di questo periodo è la foto
inviata a Primo Toppetta dai suoi amici infermieri Karl e Richard.
L’immagine raffigura Karl con addosso la cosiddetta “Battle Dress” tipico
indumento inglese colorato però di marrone appositamente per i prigionieri
dei campi di contenzione alleati mentre Richard veste l’uniforme tedesca
che poteva essere indossata, per chi la conservava ancora,solamente la
domenica ma senza mostrine. La foto insieme ad una lettera purtroppo
andata persa, furono un gentile pensiero dei due odontotecnici per il loro
piccolo amico rimasto a Villa Santo Stefano.
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