23 IL 756° CARRI
All'inizio del gennaio del 1943 solamente due compagnie, la “A” e la “C”
del 756° Carri aggregate alla Terza Divisione americana approdarono,
provenienti dagli Stati Uniti,nel porto di Fedala. Sulle spiagge del
Marocco avrebbero supportato le prime forze di terra nell’ esplorazione e
il controllo delle aree destinate, in seguito, allo sbarco alleato. Il
Battaglione corazzato al completo invece approderà a Casablanca solamente
il 25 gennaio.
Incessantemente per quattro mesi il Battaglione spingerà tra le sabbie del
deserto i suoi carri fino ad arrivare a Pont du Cheliff in Algeria.
Assegnato al primo Corpo corazzato il 756° muoverà per Magenta dove il 15
settembre 1943 imbarcherà gli Sherman delle sue sei Compagnie sui mezzi
anfibi LST. Dopo due giorni di navigazione, finalmente in Italia, il
Battaglione a Paestum aggregato alla Quarantacinquesima Divisione avrà il
suo battesimo del fuoco. Nonostante i numerosi combattimenti affrontati e
la natura tipicamente pesante per il IV Corpo da cui dipendeva il 756° era
considerato ancora un’unita leggera fino al 15 dicembre 1943 quando grazie
all’ordine numero 107 del Comando Generale della Quinta Armata verrà
ricostituito finalmente come vero e proprio Battaglione Tank. Con la nuova
denominazione operò strenuamente all’interno della Trentaquattresima
Divisione nei due sanguinosi tentativi di attraversamento del fiume
Rapido. Suo malgrado risulterà anche la prima unità carri alleata
impegnata nell’area di Cassino dove rimase fino al 22 febbraio 1944
quando, a causa delle pesanti perdite in uomini e mezzi,venne
definitivamente rilevata. Concluso il periodo di riposo dall’ 11 maggio
fino al 23 giugno il 756° Carri verrà aggregato al Corpo Francese di
Spedizione con cui rimarrà fino al termine dei cruenti combattimenti per
la presa di Roma.
Le sue peculiarità di Battaglione Tank indipendente lo portarono ad
operare sempre in prima linea,soprattutto nel maggio 1944 ,quando sotto il
comando del Tenente Colonnello Glenn F. Rogers fu presa la valle dell’
Amaseno.
Il suo reparto nonostante le avversità del fronte che ne avevano limitato
in parte uomini e mezzi in quei giorni era così costituito :
Una Compagnia Comando denominata Z
Una Compagnia di carri medi denominata A
Una Compagnia di carri medi denominata B
Una Compagnia di carri medi denominata C
Una Compagnia di carri leggeri denominata D
Una Compagnia Servizi denominata SV
a completare l’unita anche il Distaccamento Sanitario diretto dall’
ufficiale medico Anthony Sarno, per un totale di 800 uomini e 40
ufficiali.
I tank medi erano degli M4 dotati di cannoni da 75 e 105mm , mentre i
carri leggeri M5A1 erano equipaggiati dai soli cannoni da 37mm .
Tra i vari mezzi a supporto della Compagnia Servizi c’erano anche cinque
tank M32 recovery per un totale di settantasei carri. Le perdite
dell’unità a fine guerra dopo trentadue mesi passati oltremare furono in
totale seicentoquaranta.
Per comprendere il valore di questi carristi si consideri che solamente
tra i suoi quaranta ufficiali iniziali quattordici persero la vita,
diciassette furono feriti, tre rimasero dispersi in azione e due fatti
prigionieri.
Ogni plotone era formato da cinque carri mentre ogni singolo equipaggio
era composto da un capocarro, un servente, un puntatore, un pilota e un
mitragliere.
Il 18 maggio 1944, alle ore 15.30 il Colonnello Rogers comunicò al
Maggiore Tom Dolvin la loro nuova assegnazione, come sempre in primissima
linea, ma con l’unica differenza che questa volta non sarebbe stata a
servizio di truppe americane bensì francesi, quelle del corpo di
spedizione. La notizia lasciò il Maggiore più che sorpreso, deluso anzi
preoccupato.
I rapporti tra i due eserciti non erano mai stati tra i migliori, come
durante la battaglia per Cassino dove i malintesi dovuti alla lingua e al
modo completamente diverso di affrontare le azioni di guerra, soprattutto
in prima linea, avevano condizionato negativamente l’esito di numerosi
azioni congiunte.
In serata, raggiunto il paese di Trivio, Dolvin riportò la notizia ai suoi
uomini comunicando anche gli ordini per il giorno successivo. La presa di
S. Giorgio segnerà la loro entrata in combattimento a fianco dei francesi
mentre una settimana dopo con il sacrificio supremo del Tenente Gorman
della compagnia “B” si avrà anche la liberazione di Lenola.
Ma il vero contatto con il nemico giunse alle porte di Vallecorsa la
mattina del 25 maggio. Alle 08.30 informati dall’ufficiale di collegamento
al Groupment Bondis il Maggiore Dolvin accompagnato dal S3 Maggiore Arnold
si portarono con la loro jeep velocemente nei pressi della compagnia "D"
che si era trovata di fronte, inaspettate, alcune unità tedesche in
ritirata. I due ufficiali erano stati avvisati anche dell’ipotesi dei
francesi di ripiegare l’ unità corazzata per permettere così ad un plotone
di tirailleurs ,infiltratosi ad ovest del paese, di intervenire. Dolvin fu
d’accordo su tutta la linea anche perché il terreno che avrebbe dovuto
affrontare la Compagnia “D” era inadatto ai suoi tank medi. Meglio tenerli
a supporto dei francesi ritirandoli fino a quando i loro genieri non
avessero reso percorribili le direttrici di attacco. Nel frattempo, molto
più a valle, un plotone misto, composto da carri d’assalto superata
Vallecorsa si era incuneato parecchio in profondita’ e grazie alla fitta
copertura degli alberi si era attestato nei pressi di Castro dei Volsci
dove aveva iniziato a far fuoco contro un deposito di munizioni. Alle ore
1400, liberata la strada, la Compagnia “D” raggiunse finalmente le porte
di Vallecorsa.
Come da programma il carro di testa centrò con un proiettile la prima casa
a destra all’entrata del paese per stuzzicare la resistenza tedesca mentre
nello stesso momento il Plotone misto superato l’arsenale nemico, si era
posizionato a ridosso della salita che portava a Castro dei Volsci. Lo
avrebbe affiancato un’altro Plotone carri che più a valle attendeva di
procedere congiuntamente verso l' obiettivo.
Non appena la compagnia “D” entrò a Vallecorsa, i due plotoni in
avanscoperta,via radio, ricevettero l'immediato ordine di penetrare dentro
l'abitato. L’operazione fallì prima di iniziare a causa di alcuni ponti
fatti saltare dai tedeschi in ritirata la notte precedente. Alle ore 15.00
il Colonnello Rogers e i suoi ufficiali lasciarono Lenola affidandosi alla
strada riparata dai genieri francesi che avrebbe permesso il loro
trasferimento a Vallecorsa. Da Lenola si mosse anche il Secondo Plotone
della Compagnia “C” che con i suoi carri leggeri, armati con cannoni da 37
millimetri, avrebbe protetto il movimento del Comando di Battaglione. Lo
stesso giorno anticipando i gravissimi avvenimenti delle settimane
successive il Sergente carrista Loreto Marino, di chiare origini italiane,
e il comandante della Compagnia “A” inoltrarono ufficiale denuncia presso
il Groupment Bondis contro alcuni goumiers accusati di ripetute violenze
contro i civili.
Alle 19.30 al termine di quella prima giornata di combattimenti, con gli
ordini per il giorno dopo in tasca e parecchio sonno arretrato sulle
spalle, Dolvin fece ritorno al campo americano.
Ad attenderlo, insieme ad un intenso profumo di caffè , seduti sulla sua
branda oltre al Maggiore Arnold c’erano, inattesi, anche i comandanti
delle sue Compagnie. Bramando solo un giaciglio Dolvin, riassunte all’osso
le disposizioni dei francesi, informò i presenti dei piani per il 26
maggio 1944.
Il Secondo Plotone della compagnia “D” avrebbe continuato, anche per quel
giorno, a supportare la fanteria francese in avanzata lungo la strada che
da Vallecorsa procedeva verso la congiunzione a sud ovest per Castro dei
Volsci ed Amaseno.
Il Secondo Plotone della Compagnia “C” con due plotoni francesi di cui uno
esplorante avrebbe presidiato, invece, le strade ad ovest di Castro dei
Volsci mentre il Primo Plotone della compagnia “D” insieme a due plotoni
di fanteria, di cui uno sempre esplorante, era destinato a perlustrare a
fondo la strada per Amaseno, infine al termine della manovra in posizione
di retroguardia il Plotone carri di assalto insieme al Secondo Plotone
della compagnia “C” avrebbe lasciato Vallecorsa.
Alle ore 12.00 del 26 maggio il Tenente Staake, comandante del primo
Plotone della compagnia “D” come da consegna era riuscito ad arrivare fino
alle porte di Amaseno.Dopo aver comunicato ai francesi che il paese era
libero da esplosivi e tedeschi si sintonizzerà su una frequenza interna
manifestando tutto il suo disappunto al Maggiore Dolvin informandolo di
essere giunto alle prime case del paese con i suoi carri praticamente da
solo.
Infatti nessun tipo di copertura gli era stata fornita ne dal Plotone
Esplorante francese tantomeno da quello di fanteria che,sebbene previsti,
non si erano neanche presentati al rendevouz per questa pericolosa
missione di ricognizione. Nonostante queste gravi incomprensioni il
Comando francese, in previsione di un attacco congiunto, ordinò a Dolvin
di portare un Plotone della Compagnia “C” insieme ad uno della Compagnia
“D” sulla strada per Amaseno in modo da muovere in direzione del paese
dopo l’oscurità’.
Alle 22.30 anche il gruppo carri diretto personalmente da Dolvin riuscì a
prendere posizione vicinissimo ad Amaseno. Nonostante nessun tipo di
resistenza avversaria, in accordo con i francesi l’attacco fu spostato
all’indomani per le ore 05.00 . Nell’azione sarebbero stati impegnati un
Plotone della Compagnia “C” quello della Compagnia “D” e un Plotone di
tank leggeri francesi.
In attesa dell’alba, per non perdere il vantaggio acquistato, i carristi
americani, piazzate le sentinelle, si disposero in accampamento appena
fuori il loro obiettivo. Il 27 maggio all’ora stabilita partì l’attacco
che portò la fanteria francese senza particolari difficoltà alla presa di
Amaseno mentre le asperità del tratto finale ostacolarono ancora una volta
il completo uso dei tank.
Alle ore 10.00 il Comando francese si era insediato all'interno del paese
confermando ancora una volta l 'estrema rapidità di movimento del loro
corpo di spedizione. Alle ore 11.00 approfittando della situazione
favorevole fu comunicata all’ufficiale di collegamento del 756° la
progressione successiva articolata dal comando francese su due direttrici.
Un plotone di carri medi della Compagnia “C”avrebbe attaccato’ con una
compagnia di fanteria francese Prossedi mentre un altro Plotone di carri
medi anch’esso della Compagnia “C” si sarebbe spinto, affiancato da una
Compagnia di fanteria francese,fino a Villa Santo Stefano, il comandante
della Compagnia “C” avrebbe diretto questa azione a partire dalle ore
15.00.
Nell’imminenza dell' attacco, per ordine del Maggiore Dolvin, anche se non
impegnate direttamente negli scontri tutte le altre unità carri furono
avvicinate alla zona dei combattimenti per cui anche la Compagnia “A” al
completo mosse da Amaseno mentre la compagnia “B” in posizione di estrema
retroguardia la seguì abbandonando Vallecorsa. Alle ore 14.00 le due unità
della Compagnia “C” furono in posizione e alle ore 15.00 al segnale
convenuto partì l’attacco per Prossedi e Villa Santo Stefano ma mentre
alle ore 18.00 del 27 maggio il plotone carri della Compagnia “C”aveva già
liberato il primo paese l’azione per Villa Santo Stefano subiva una grave
interruzione dovuta sia alla demolizione da parte dei genieri tedeschi di
Ponte Grande che all’inaspettato intenso fuoco di artiglieria incontrato
nei pressi del paese. In accordo con il comando francese Dolvin, in
serata, operò la sostituzione dei Plotoni della Compagnia” C” rimasti
sotto il fuoco nemico per tutta la giornata con quelli più freschi della
Compagnia “A” giunti nel frattempo dalle retrovie. Il loro avvicendamento
sarebbe avvenuto all alba del 28 maggio. Subito dopo il maggiore venne
informato dai francesi che alcuni esploratori goumiers, a caccia di
informazioni, sfruttando le tenebre intorno alle ore 21.00 erano riusciti
a portarsi all’interno di Villa Santo Stefano.
Alle 22.00 il Maggiore Arnold e il Comandante della Compagnia “A” chiesero
un contatto radio con il Maggiore Dodelier, comandante della Quarta
Divisione Marocchina di Montagna, riguardo l’impiego dei loro Sherman .
La risposta del comandante francese non si fece attendere, nessun impiego
americano era previsto per il giorno dopo, all’alba del 28 maggio solo la
sua fanteria si sarebbe attivata perlustrando l’ area a ridosso di Villa
Santo Stefano. Nonostante l’ ordine Dolvin preferì muovere comunque verso
le Mole due Plotoni della Compagnia “A”, circa dieci carri, prevedendo un
loro impiego nonostante le intenzioni contrarie dei francesi.
Ma quella notte oltre agli esploratori francesi e ai carri medi della
Compagnia “A” in movimento, qualcun altro, nonostante l’oscurità, si
aggirava tra quelle selve, era Luigi A. Cologgi, matricola 33012701,
Sergente Maggiore della Compagnia Servizi del 756° Tank Battalion.
Nativo di Giuliano di Roma era emigrato nel 1933 a Lancaster in
Pennsylvania. Allo scoppio della guerra, nonostante avesse ventisei anni
compiuti, presentò formale domanda di ammissione per l’Esercito degli
Stati Uniti nel distretto di Harrisburg . Arruolato il 30 aprile 1941 nel
Battaglione corazzato,per le sue doti di meccanico, gli venne affidata la
manutenzione degli Sherman . Attraverso sentieri che ben conosceva,
superate le linee nemiche,Luigi da Amaseno andava a raggiungere la madre
Marianna e il suo amato paese che non vedeva ormai da lungo tempo. Dopo il
naturale stupore seguito dagli abbracci Luigi, con il tempo contato,
confidò ai familiari l’ imminente liberazione del paese. Ma era già tardi,
purtroppo doveva andare, le pericolose luci dell’alba avrebbero potuto
tradirlo. Provvidenziale fu la sua presenza nei giorni successivi la presa
del paese dove si prodigò senza risparmio per i suoi compaesani. Alle ore
08.30 del 29 maggio il Colonnello Rogers e i Maggiori Dolvin e Arnold
furono convocati d’urgenza dal Comando del Groupment Louchet incaricato
alle operazioni. Non appena entrarono nella tenda dello Stato Maggiore i
tre americani avvertirono immediatamente tra gli ufficiali francesi
evidenti segni di risentimento, misti quasi a rabbia, provocati dalla
totale assenza di tank americani nelle operazioni di rastrellamento
avvenute all’alba.
Sorpreso dalla loro ingiustificata approssimazione Dolvin senza
complimenti strappò la cornetta della radio all’operatore francese
pretendendo un contatto immediato con il comandante della Compagnia “A”
che la sera prima aveva spostato nella zona di interdizione.
Il capocarro riferì gracchiando sul canale di servizio che la sua squadra
già dalla sera prima, come ordinato, era in posizione, avevano assistito
anche alla perlustrazione dei francesi, ma non avendo ricevuto nessun tipo
di ordine non era intervenuta rimanendo nascosta tra gli alberi. Irritato
più degli ufficiali francesi, dopo aver ascoltato in silenzio le parole
del caposquadra della Compagnia “A” , il Colonnello Rogers saltò senza
indugio ogni divario tra lui e chi in realtà comandava e attraverso il
Capitano Fleet ufficiale di collegamento del Secondo Corpo entrò in
contatto diretto con il Generale Louchet. L’alto ufficiale sorpreso dalle
proteste di Rogers si scusò immediatamente con lui per l'incomprensione,
pregandolo, invece, di spostare alcuni dei suoi carri a supporto della
fanteria marocchina lungo le direttrici di attacco che conducevano a
Prossedi, Giuliano di Roma e Villa Santo Stefano.
Senza perdere tempo prezioso, ricevuto l’ordine che dalla sera prima
attendeva, il comandante della Compagnia “A” mosse immediatamente due
plotoni alla volta di Villa Santo Stefano. Alle ore 08.00 gli Sherman dei
Tenenti William L. Hill e Ronald V. Hunter della Compagnia “A” dopo aver
attraversato senza difficoltà il fiume Amaseno presero ad avanzare verso
il paese, ma, arrivati al bivio per Santa Maria La Stella, alcuni
esploratori francesi gli fecero segno di rallentare.
Un ufficiale indicò loro di seguirlo proseguendo per la Via Vecchia,
quella che passava per la Madonna dello Spirito Santo. Il percorso
alternativo li avrebbe condotti fin sotto il paese, evitando Ponte Grande.
I dieci Sherman procedendo così quasi a passo d’uomo seguendo l’immensa
antenna fissata sulla jeep francese si inoltrarono tra la polvere lungo le
campagne di Villa Santo Stefano.
Superata Stretta Cupa i francesi però fecero cenno agli Sherman di
fermarsi, avvicinandosi al retro del carro Leader usando l’interfono
l’ufficiale francese chiese al tenente Hill di sparare un paio di colpi
per intimidire alcuni tedeschi intravisti tra gli ulivi lungo la salita di
Adrenta. Al tiro dello Sherman non seguì nessuna reazione così i
carri,sempre muovendosi prudentemente, riuscirono a proseguire fino al
bivio della Madonna delle Grazie dove oltre la cona, i tank si divisero in
due gruppi.
Il plotone di Hill deviò per la strada sotto il Fossato sbucando così a
Ponte Panciacca dove evitando un paio di Tellermine interrate nei pressi
di Santantonio entrò in paese.
Invece i cinque Sherman di Hunter, facendo sbuffare i cinquecento cavalli
dei loro motori Ford, si inerpicarono lungo la ripida salita dell’attuale
via del Santuario facendo stridere i pesanti cingoli ogni volta che
superavano uno degli ampi scalini presenti allora lungo il ripido accesso.
Raggiunto il paese da due direzioni opposte gli americani si ricongiunsero
in una Piazza Umberto I completamente deserta. Gli esploratori marocchini
che li precedevano muovendosi rapidi erano invece già alle Fontanelle
coinvolti in isolate sparatorie, nella grande piazza tra la polvere
sollevata dagli Sherman un solo civile, Arcangelo Molleggia, che svelto
sparì sotto la Loggia.
Alle ore 09.00 il Maggiore Dolvin rilevò la Compagnia “B” al completo
mentre il secondo Plotone della Compagnia “C” ancora fermo sulla strada ad
ovest di Castro dei Volsci fu comandato di ricongiungersi al resto della
sua Compagnia ad Amaseno. Alle 09.25 su disposizione del Comando francese
Dolvin allertò un Plotone carri leggeri della Compagnia “D” , fu chiesto
specificatamente quello guidato dal Tenente Patten che insieme ad un
Plotone di carri medi della Compagnia “A” , avrebbero dovuto essere pronti
a muovere alle ore 12.00 . Dolvin polemicamente riferì ai francesi di
averli anticipati ancora una volta perché oltre al Plotone della “D”
addirittura due Plotoni e non uno della "A" erano già in zona. Ma
nonostante le doti di preveggenza di Dolvin alle10.30 via radio l’attacco
fu rinviato. Alle ore 11.00 l'ufficiale,sempre più frustrato, pensò bene
di recarsi da Louchet.
Il Generale, rammaricandosi ancora una volta, gli confermò che
effettivamente al momento non era stata stabilita nessuna ora per le
azioni di attacco che secondo i suoi piani avrebbero interessato Giuliano
di Roma e successivamente la Palombara. Una decisione comunque lo
rassicurò sarebbe stata presa entro le successive quattro ore. Nel
frattempo Louchet mostrò a Dolvin il movimento tattico previsto per i
giorni successivi. La progressione in territorio nemico sarebbe stata
attuata procedendo lungo una strada secondaria che da Carpineto avrebbe
portato il Groupment fino a Montelanico. Come sempre i goumiers spiegò il
Generale avrebbero operato in avanscoperta sulle montagne lungo i lati
della strada a copertura del movimento dei tank francesi e americani. Ma
Dolvin che aveva già studiato quelle carte gli fece notare che la via,
circondata da una profonda gola, era molto rischiosa ed inoltre non
avrebbe offerto ai carri nessun tipo di manovra per un eventuale
ripiegamento. Sereno il francese rispose di non preoccuparsi, i suoi
goumiers avrebbero ripulito la strada da ogni possibile minaccia.
Alle ore 13.00, finalmente, arrivò alla tenda di Dolvin il Capitano Rydman,
ufficiale di collegamento al Groupment Guillarme, con l’ordine a muovere
alle ore 14.00 due plotoni della Compagnia “A” richiesti personalmente dal
Generale Louchet per la loro efficenza nella conquista di Villa Santo
Stefano.
Un’ora dopo senza particolari problemi da nord giunse nei pressi di
Giuliano di Roma il tank del Tenente William L. Hill mentre il carro
Leader del Tenente William M. Hammer penetrava addirittura sin dentro il
paese. Via radio fu comunicato ai francesi che Giuliano di Roma era
deserto e che la loro fanteria avrebbe potuto occuparlo subito. Lo Sherman
Leader era riuscito nell’impresa utilizzando dei fumogeni bianchi
soprannominati “Willie Peter” che gli avevano permesso di superare
incolume la strada pericolosamente priva di ripari lungo il Santuario
della Madonna della Speranza insinuandosi tra il dirupo e le nudi pareti
di roccia lavica. Alle 15.00 però giunse ai Plotoni della compagnia “A” l’
ordine ancora una volta incomprensibile di ritirarsi, Hammer furioso
chiese sul canale francese a Rydman di confermare un ordine così stupido,
l’ufficiale di collegamento, di controvoglia informò il capocarro che gli
Sherman avrebbero potuto rimanere nei pressi di Giuliano di Roma ma
l’ordine rimaneva comunque quello di ripiegare. Se fosse invece
intervenuta subito la fanteria francese si sarebbero evitati tre giorni di
intensi combattimenti costellati di morti e feriti da ambo le parti.
Un’ ora dopo, alle 16.00, il Colonnello Rogers ricevette personalmente il
nuovo ordine, bisognava procedere ancora verso Giuliano di Roma. Il paese
doveva essere ripreso ed il motivo era semplice, i tedeschi avevano
contrattaccato e se ne erano impadroniti di nuovo dopo che i due Plotoni
della Compagnia “A” erano stati ritirati alle 15.15. Ancora una volta, non
più sbalorditi quanto rassegnati, gli americani tornarono di nuovo
all’attacco applicando un accademica azione a tenaglia condotta dal carro
del Tenente Hammer che arretrato verso Prossedi non si era allontanato
troppo da Giuliano di Roma e dall' altro Plotone della Compagnia "A",
quello del Tenente William L. Hill ripiegato dietro San Martino. Gli
Sherman completarono l' azione alle 16.40, avanzando nuovamente con
successo fin dentro Giuliano di Roma. Durante l’attacco per raggiungere il
carro Leader il più presto possibile uno degli Sherman di Hill, in sosta a
Piazza Umberto I, partendo frettolosamente sbagliò completamente manovra e
per poco non investì le numerose casse di munizioni poste una sopra
l’altra di fronte l’attuale Ufficio Postale. Alle 16.30 il Capitano Rydman,
informato dai francesi, con una certa preoccupazione allertò via radio
tutti gli equipaggi in azione a prestare particolare cautela perché carri
nemici Mark IV erano stati avvistati sul fianco opposto della collina a
nord della strada per Giuliano di Roma.Intanto la retroguardia del
Battaglione carri, lasciato Amaseno, si era portato avanti raggiungendo
l’area dei Porcini attraverso la strada 639-a.
Alle ore 19.30, inaspettato come un diluvio, arrivò ai carri della
Compagnia "A" parcheggiati a Giuliano di Roma l’ordine di ritirarsi ancora
una volta. Ma questa volta prima di ubbidire all' ennesima incomprensibile
richiesta fu interpellato il Tenente Loeb , ufficiale di collegamento
presso la Quarta Divisione di Montagna Marocchina per verificare se la
fanteria francese si era almeno impossessata del passo della Palombara,
già perso e poi ripreso per ben due volte. Dopo un esplicito silenzio
radio il ripiegamento venne completato alle ore 22.00 .
Poco dopo i tedeschi saranno di nuovo in paese!
Il 29 maggio alle ore 00.30 in piena notte l’ufficiale di collegamento
presso il Groupment Louchet si recò personalmente alla tenda di Dolvin, l'
ordine imminente era quello di preparare una Compagnia, la “B” da mettere
per le ore 07.00 a completa disposizione del Groupment. All’ora stabilita
il Capitano Dave Redle comandante della Compagnia “B” seguendo le
istruzioni inviò il plotone del Tenente Andrew D. Orient a Villa Santo
Stefano a disposizione del Colonnello Cherriere.
Puntuale il giovane ufficiale alle 08.00 giunse con il suo Sherman di
fronte la Casina, dopo aver ordinato al suo driver Jessie Rickerson di
accostare agilmente scese dalla torretta e percorso il viale alberato
della residenza si presentò al Colonnello Cherriere. Il comandante
francese ringraziandolo gli mostrò sulla carta, disposta sul tavolo, la
situazione di quel fronte divenuto ormai eccessivamente fluido.
Il compito di Orient e dei suoi carri era, per il momento, quello di
spostarsi a sud di Villa Santo Stefano in attesa di muovere da quel lato
verso Giuliano di Roma. Così, in attesa di ordini, il Terzo Plotone si
diresse verso la posizione assegnata sparendo nel sentiero alberato della
Selvotta.
Nello stesso momento un altro Plotone della Compagnia “B”, quello del
Tenente Bert Gilden, raggiunse il Colonnello Maullett a Prossedi, per lui
l’ordine era quello di attaccare nuovamente la strada a nord di Giuliano
di Roma insieme alla fanteria, parte dei suoi carri invece sarebbero
rimasti come riserva a Prossedi.
Intanto alle ore 14.00 puntuale il piano per raggiungere Montelanico del
Generale Louchet era cominciato, un Plotone carri della Compagnia “D”
insieme a quello del Tenente Ralph L. Hanson avevano già iniziato a
muoversi verso Carpineto, ma percorsi sedici chilometri erano stati
fermati da numerosi ponti saltati.
Ad impedire il fallimento della manovra accorse immediatamente la Prima
Compagnia del 180° Battaglione del Genio Pontieri francese che mentre era
impegnata a ripristinare parte della strada divenne il bersaglio, dalle
montagne vicine, di un leggero fuoco nemico. Intervenne la Compagnia “A”
che con i suoi cannoni da 105 millimetri senza troppi complimenti permise
ai genieri di terminare il loro lavoro. Alle 19.00 del 29 maggio fu
ordinato al Colonnello Rogers di portare l’intero Battaglione, alle ore
05.00 dell’indomani, al punto di riunione fissato lungo la strada a nord
ovest di Prossedi, la 639-c, corrispondente all’attuale via Monte Acuto.
Il 30 maggio raggiunto il rendezvous alle ore 06.30 la Compagnia "A" al
completo iniziò la progressione lungo la strada ripristinata il giorno
precedente dal Genio insieme al secondo Plotone della Compagnia “D” .
Le due unità corazzate in colonna si infiltrarono nella gola fino a che
l’ennesimo ponte distrutto non fermò anche la loro marcia. Per verificare
le condizioni della strada il Tenente Patten della Compagnia “D” scese dal
suo carro e con attenzione prese a perlustrare l' area oltre l’ostacolo
imprevisto, quasi subito la sua attenzione fu attratta da alcune nitide
tracce di cingolato forse un tank o un grosso cannone autotrainato
tedesco.
Nel frattempo un carro leggero della sua Compagnia, nel tentativo di
superare il ponte,gli sfilò accanto tagliando lateralmente per i campi.
Senza capire come un attimo dopo Patten si ritrovò a terra con i timpani
doloranti e il sangue che gli colava dal naso, sollevata la testa a fatica
vide tra le fiamme il carro leggero distrutto.
Due uomini di quell’ equipaggio i soldati Harry Cooper e James O Hardigree
jr rimarranno uccisi. Avvisato via radio dell’incidente il Maggiore Dolvin, per non rischiare altre vite, ordinò una perlustrazione della strada
dall’alto, così servendosi di una Cicogna del Comando francese, decollò
con qualche scossone dal vasto prato di San Rocco ad Amaseno. Alla
Palombara invece alle 09.00 la Compagnia "B" riprendeva con i suoi carri
per la terza volta l’attacco contro Giuliano di Roma. Nonostante la tenace
resistenza tedesca l’obiettivo venne raggiunto alle ore 09.50 .
Arrivati in paese il Tenente Orient e la sua Compagnia terranno
ostinatamente la posizione in attesa dell’arrivo della fanteria francese
che via radio il Tenente Loeb presso la Quarta Divisione Marocchina aveva
assicurato imminente. Alzando le teste videro sopra di loro il ronzante
J3-CUB del Maggiore Dolvin.
L'ufficiale verificata la totale assenza del nemico ordinava ai suoi di
riprendere il cammino attraverso la gola. Lentamente la colonna di Sherman
,sperando di non incontrare altre Tellermine,proseguì la sua marcia.
Il giorno dopo il 756° Battaglione Carri sarà posto in riserva, rilevato
dal 755° .
Il Tenente Andrew David Orient matricola 01013339 nato il primo febbraio
1912 era originario di Saint Clair in Pennsylvania dove viveva insieme
alla moglie Agnes Cecilia Engle. Promosso comandante del Terzo Plotone
Carri della Compagnia “B” durante l’ultima battaglia per Cassino, dopo le
azioni di Villa Santo Stefano e Giuliano di Roma parteciperà alla presa di
Roma distinguendosi nei combattimenti di Tor Sapienza. Il 15 agosto
lasciata l’Italia sbarcherà con i suoi uomini vicino Saint Tropez dove per
il suo valore riceverà la Bronze Star .
Rimarrà ucciso accidentalmente da un colpo di artiglieria nemica il 24
agosto 1944 vicino Marsiglia mentre la sua unità in riserva era lontana
chilometri dai combattimenti.
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