Uno sguardo al passato:

Giacinto Popolla

II periodo a cavallo dei secoli XVIII e XIX fu per tutta l'Europa periodo di profondi mutamenti politici e sociali. Sulla scia delle idee illuministi-che la rivoluzione francese aveva innescato un processo riformistico che, anche se a lungo termine attraverso alterne fasi rivoluzionarie e di restaurazione, farà sentire i suoi effetti portando al dissolvimento dell'ancien regime.

Il fenomeno riguardò anche lo stato pontificio, creando quel complesso contesto storico che ha avuto come fulcro dapprima l'occupazione giacobina del 1798, che diede vita alla prima Repubblica Romana, poi l'annessione, nel 1809, all'Impero Napoleonico.

In questo contesto si inserisce nel microcosmo della vita sociale e amministrativa di Villa S. Stefano la figura di Giacinto Popolla, che pur non essendo nativo, vi si integra attivamente, ricoprendovi importanti cariche pubbliche e divenendo personaggio di primo piano. Nato in S. Lorenzo (l'odierna Amaseno) intorno al 1750 da Giuseppe Antonio, notabile di quella terra, e da Aurora Passio figlia di Romualdo, la cui famiglia si era stanziata in S. Stefano sin dal XVI secolo, fin da giovane si trasferisce presso lo zio materno Gian Andrea fattore di casa Colonna nel feudo santostefanese, iniziando qui la carriera come cancelliere baronale. Qui nel 1777 sposa Maria Angela Bossi figlia di Don Onorato, chirurgico originario di Monaco; dal matrimonio nasceranno sette figli, dei quali solo tre, Gian Lorenzo, Maria Angela e Anna Vittoria gli sopravviveranno.

II Principe Colonna per le sue capacità lo chiama a ricoprire la carica di Capo Priore, carica che esercitò per due anni; in seguito dal Consiglio riceverà il mandato per la doppia carica di Segretario Comunale e di Archivista. Nel 1782 lo troviamo tenente Sindaco, come pure nel 1791. Arrivano nel 1798 i francesi e in febbraio anche a S. Stefano viene ratificata con il solito alone di retorica (ricca di promesse ma deludente poi nella sua applicazione pratica), l'appartenenza alla Repubblica Romana proclamata a Roma nello stesso mese.

Nelle operazioni di avvicendamento delle amministrazioni comunali con la creazione delle cosiddette Municipalità provvisorie, Giacinto Popolla riceve dapprima la carica di Sindicatore della comunità; successivamente Gian Andrea Passio come Aggiunto all'Edile. Si recherà in seguito anche a Roma per curare gli interessi del paese presso gli organi superiori di quel governo. Nemmeno durante il periodo dell'annessione all'impero napoleonico rimane inattivo: il regime insediato dai francesi ricercando uomini qualificati cui affidare l'amministrazione "delle Comuni" lo inserisce fra i consiglieri. Riesce ad esimersi e si porta in Roma ove sarà impiegato nel " Burò" del Demanio.

Nel frattempo il figlio Gian Lorenzo affermato avvocato che da tempo si era stabilito in Roma aveva rifiutato insieme a moltissimi altri il giuramento di fedeltà imposto dall'Imperatore a tutti i curiali; Napoleone dapprima con decreto del 28 giugno 1811 ne aveva confiscato tutti i beni, poi avendone ottenuto la resa per " fame" nel novembre dello stesso anno lo aveva amnistiato e reintegrato.

Con la restaurazione come tanti altri che, o per evitare mali peggiori o per opportunità, avevano servito sotto le bandiere francesi torneranno a ricoprire cariche nel governo pontifìcio, anche il nostro, tornato in S. Stefano poco prima del ritorno di Pio VII, verrà reinserito con alterne vicende nella vita pubblica del paese. Nel maggio 1814 Don Luigi Bravo, Governatore provvisorio di S. Stefano e suo amico gli affida la segreteria comunale e la custodia dell'archivio; di li a poco gli subentra nella carica che terrà fino al marzo 1815, nominatovi nell'Uditore di S. Lorenzo Vincenzo Cannella, sotto la cui giurisdizione ricadeva S. Stefano, per essere quindi nominato dal prìncipe Colonna in persona, Luogo tenente e Segretario comunale.

Come accade in genere dopo ogni mutamento politico, in questo periodo a Santo Stefano erano venute a galla opposte fazioni che il regime francese aveva tenuto a freno.

Il clima si era arroventato e particolare conflitto contrapponeva il Popolla a Don Giuseppe Bonomo, tanto che in paese si poteva parlare di due veri e propri partiti, ognuno con i propri sostenitori e i propri agitatori. Tra i maggiorenti figuravano con il Bonomo, Francesco Leo ex Maire, e con il Popolla, Don Luigi Bravo Vicario Foraneo.

I rapporti si erano andati guastando probabilmente già durante l'occupazione francese, ma la documentazione reperita fin' ora non ci consente di saperne con precisione la causa.

Ora, da una parte un collaborazionista dei francesi che ritornava come nuovo, e per giunta con la benedizione del Principe, a tenere le redini del Comune, non era boccone che si potesse inghiottire troppo facilmente.

D'altra parte Don Giuseppe veniva inquisito e condannato perché irriguardoso verso il Sommo Pontefice; correva voce che fosse stato spia dei francesi, come pure si diceva fosse connivente con i briganti. Nel 1813 aveva rilevato, forse a un buon prezzo, i beni del Passio e GianAndrea era ancora debitore del comune, suo nipote Matteo era stato percettore del Cantone di San Lorenzo e anch'esso debitore del comune; si diceva che zio e nipote insieme a Francesco Leo sobillassero il popolo circa un prossimo ritorno di Napoleone. Comunque sia al momento in cui il comune, cronicamente bisognoso di fondi, con in testa Giacinto Popolla reclamò i crediti da questi scoppiò il putiferio.

Vecchie ruggini, rivalità politiche, interessi personali? Le cose peggiorarono al punto tale che si emette seriamente un epilogo cruento; il braccio violento non mancava di certo: i briganti erano lì a portata di mano.

Lo ritroveremo, salvo alcuni intervalli, Vice Governatore dal 1819 al 1822, ormai alle soglie della vecchiaia. Il 20 gennaio del 1830, quasi ottantenne detta il suo testamento a Don Luigi Bravo, suo confessore privato (dopo la morte di Giovan Battista Toppetta nel 1792 Santo Stefano non ebbe più notai propri residenti, e spesso accadeva che i testamenti venivano raccolti dal parroco, o comunque da un ecclesiastico); è gravemente malato. Non riuscendo a sottoscrivere l'atto alza la penna in aria in segno di approvazione. Muore lo stesso giorno nella sua casa in Via della Rocca.

Oggi il solo elemento per il quale in paese si conservava memoria di questo personaggio è il "Ragguaglio della miracolosa immagine di Maria Santissima detta dello Spirito Santo " da lui scritto e pubblicato nel 1821.

Quell'anno ricorreva il primo centenario dell'apparizione della Beata Vergine e l'amministrazione comunale decise di solennizzare l'evento nel mese di settembre con festeggiamenti, con la ristrutturazione della strada che conduce al Santuario omonimo, e con la pubblicazione di questo opuscolo allo scopo di ravvivare la memoria e la devozione popolare, in tempi in cui regnava la depressione economica e il brigantaggio nella zona.

La sua lettura, insieme a quella dei pochi documenti rimastici che lo riguardano, ci svela almeno in parte la sua personalità.

Ne emerge un uomo con profondo senso religioso dal carattere moderato, tuttavia metodico e sempre determinato, dalla vasta esperienza e competenza amministrativa. E' stato un uomo dall'ancien regime che seppe adattarsi al mutare delle condizioni politiche e sociali del suo tempo.

Dottor Vincenzo Tranelli

 

(Fonti e bibliografia presso l'autore)

da: "La Voce di Villa" - Notiziario a cura dell'Amministrazione Comunale di Villa Santo Stefano

www.villasantostefano.com

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