di Vincenzo Tranelli La figura di Pomponio Palombo è venuta alla ribalta nel 1985 con la pubblicazione degli studi di Silvio Barsi sul collegio di San Nicola in Priverno del quale il Palombo fu il principale benefattore. Nello stesso anno si teneva in Villa Santo Stefano un convegno cui parteciparono importanti personalità del mondo culturale e politico. Premesso che uno studio a tutto tondo sul personaggio è in pieno corso e richiederà in un prossimo futuro delle propaggini di ricerca fuori provincia e regione, diamo qui solo alcune note e osservazioni da aggiungere a quanto finora conosciuto, che non è molto, al fine di contribuire a delinearne la biografia umana e artistica. Soffermeremo quindi la nostra attenzione su alcuni punti specifici. Pomponio, anzi per la precisione Pomponio Girolamo, è figlio di Antonio e di Panfilia Tiriaca. La famiglia è facoltosa, ha casa nella piazza del paese, ora Piazza del Mercato, cuore della vita pubblica (foto 1). Possiede anche una cappella gentilizia nella chiesa parrocchiale, il cui altare era stato consacrato nel 1440 nella antica chiesa: "nella seconda arcata ed incontro a Santa Lucia, vi è il quarto altare dedicato a S. Giacomo Apostolo […] ha un quadro antico dipinto in tela a olio, rappresentante Maria Vergine sopra le nuvole con Gesù Bambino nel sinistro braccio tenente una crocetta in mano e si appella la Madonna della Consolazione; sotto ed a sinistra vi è l’immagine di S. Giacomo Apostolo ed a destra S. Francesco d’Assisi, ambedue in atto di pregare". Attualmente l’altare è dedicato al Sacro Cuore (foto 2). Il padre fa testamento nel settembre del 1554 lasciando tutori dei figli Pietro Antonio, Giovanni Tommaso, Camillo e Pomponio Girolamo, evidentemente minorenni, la moglie e Giovanni del fu Nicola Mastropietro. Non sono menzionate le due figlie Ortensia e Rosata ma non dimentica Prospero suo figlio illegittimo al quale vuole che sia data parte della fornace e della locanda situate a S. Maria della Stella. Ne ricaviamo la verosimile attività di costruttore e commerciante del padre, ciò che potrebbe giustificare i legami con Priverno. E i legami di S. Stefano con Priverno si rafforzano in questo secolo ad opera di Tolomeo Gallio, il cardinale di Como, governatore di Campagna e Marittima. Egli nel 1568 aveva preso in affitto dai Colonna il castello di Santo Stefano mantenendolo fino alla morte avvenuta nel 1608. Si verifica una intensa osmosi di persone e attività tra i due centri: a titolo di esempio il notaio santostefanese Antonio Filippi ricoprirà la carica di cancelliere del comune di Priverno e della curia generale di Campagna e Marittima, mentre il notaio Cesare Pennazzolo si aggiudicherà l’appalto dell’archivio comunale di Santo Stefano. Il Cardinale poco dopo aver preso possesso di Santo Stefano, ne aveva nominato amministratore generale suo nipote Paolo Vailati, il quale il 12 maggio 1568 appena preso ufficialmente possesso costituisce come suo vicario, con funzioni di capitano e giudice ordinario, il notaio Bernardino Palombo, probabilmente zio paterno di Pomponio. Pomponio vive in pieno XVI secolo in un ambiente socialmente, economicamente e culturalmente elevato: suo fratello Pietro Antonio sposa Lucrezia figlia di Paolo Vailati, lo zio Bernardino come abbiamo detto è vicario del paese, l’altro fratello Giovanni Tommaso è familiare del vescovo di Terracina, il notaio ed avvocato Pietro Antonio Pietra suo parente era stato capitano in Cori. Poteva contare effettivamente sul supporto dato da tali legami quanto meno, per poter valorizzare le sue innate doti artistiche. Già in un precedente lavoro del 2007 avevamo prospettato l’ipotesi che il cardinale abbia influito in qualche misura sulla carriera artistica, quanto meno allargandogli gli orizzonti di lavoro e fornendogli più larghi spazi di manovra. Del resto sono note le qualità di mecenate, oltre che di appassionato costruttore del Gallio. Cambiamo ora l’ambito di osservazione. Si è avuta l’impressione, si perdoni la deformazione professionale, di una certa qual predisposizione patologica della famiglia dell’artista, predisposizione che non sapremmo di certo individuare in mancanza di indizi più precisi, ma è un fatto che i componenti tendono ad avere vita piuttosto breve o ad essere spesso in pericolo di vita: così la sorella Rosata testa nel 1566 lasciando i suoi beni in parti uguali ai fratelli, ma sopravvive e nuovamente testa nel 1589; nel 1573 fa testamento Camillo che lascia Pomponio erede universale; nel 1584 Pietro Antonio risulta defunto e il suocero assume la tutela della nipote Vittoria. Finalmente per lo stesso Pomponio si ipotizza sia vissuto per circa cinquanta anni e una malattia lo ha stroncato nel breve lasso di sei mesi. Una cardiopatia in famiglia potrebbe essere una delle ipotesi più plausibili. Tornando alla biografia, è soprattutto l’aspetto artistico di più difficile inquadramento, dal momento che non viene ricordato in nessuno dei maggiori e più completi repertori degli artisti del mondo, per lo meno in quelli da me consultati. Andrebbe valutato nella giusta dimensione senza indulgere a facili campanilismi. Pur ridimensionando un precedente e forse troppo severo giudizio (frutto anche di un certo lifting), è pur sempre difficile poterlo considerare un grande artista sulla base di un solo dipinto certo, e di un atto notarile, per certi aspetti velatamente autocelebrativo (si pensi alla richiesta al comune di una lapide con lo stemma della propria famiglia), ma è altrettanto giusto tenere conto del giudizio degno di fede di uno storico che aveva osservato un’altra sua opera in Siena (la lunetta del portale di S. Domenico) irrimediabilmente distrutta dall’opera dell’uomo: "Sopra la porta grande della chiesa di S. Domenico, dalla parte esteriore, vi era una pittura di mezzo cerchio, rappresentante Maria Santissima con il suo Santissimo Figlio in braccio, vari Angeli e Santi, dipinta questa a fresco da Pomponio Palombo da Piperno. Questa è stata disfatta in occasione che è stata alzata la detta porta fino all’arco; ma non si sono degnati neppure di ricavarne il modello in lapis per così tenere una memoria di una pittura, non solo buona, ma antica al sommo, ma distrutta affatto per alzare la porta suddetta". In ultimo ricordiamo che qualche anno fa ci fu gentilmente concesso dai proprietari di osservare da vicino e fotografare la lapide che, come già detto, il comune di Priverno fece scolpire per volontà testamentaria dell’artista: si presentava incastonata nel pavimento, in cattivo stato di conservazione e parzialmente leggibile (foto 3): sarebbe cosa buona e giusta fare gli opportuni passi per tentare di acquisirla e darle una collocazione più degna.
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16.11.2013 |
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