di Franco Baccarini
Sulle pagine del bimestrale culturale "Silarus" (n.
223/2002) scrivevo che "stiamo vivendo in un passaggio di apprendimento,
di trasmissione della cultura, dalla scrittura all'epoca dell'immagine,
così com'è stato nel lontano passato dall'oralità alla scrittura. (...).
La trasmissione del pensiero, della cultura, avviene ormai in maniera
sempre più preponderante attraverso l'immagine. Quindi, le immagini hanno
un'importanza fondamentale per comprendere qualsiasi tipo di realtà.
(...). Oggi le immagini, nell'immaginario collettivo, sono diventate uno
strumento forte, pregnante, insostituibile. In particolare, il cinema -
oggi più che mai - è un grande elemento di diffusione di modelli di
comportamento. I films hanno un impatto sociale straordinario, ottengono
penetrazioni fortissime legate al fatto che il cinema è un elemento che
viene fruito da chiunque, a prescindere dall'età e dalla fascia sociale di
appartenenza. Difatti, al cinema ci vanno i ricchi come i poveri, gli
acculturati come quelli che non lo sono, gli uomini e le donne; ci vanno
in qualunque dei cinque continenti, e quasi sempre vanno a vedere lo
stesso prodotto che si è affermato, normalmente un prodotto nordamericano,
prodotto di riferimento non solo in Italia, ma fenomeno planetario. Tutto
questo comporta il fatto che questo autentico potere possa essere gestito
da lobbies (economiche, politiche, religiose o atee, etc.), e che certe
trame - apparentemente innocue e di forte impatto commerciale - nascondano
precisi intenti (dis)educativi".
Ciò premesso, bisogna anche dire che - proprio per questa potenza del
linguaggio dell'immagine in generale, e del mezzo cinematografico in
particolare - il linguaggio della settima arte è entrato, giustamente,
nelle scuole, nelle università, nelle associazioni culturali, non soltanto
come visione di prodotti cinematografici (anche se sono ormai superati,
fortunatamente, i "Cineforum" pensati così come ironicamente viene
ricordato nella celebre scena della corazzata Potemkin in "Fantozzi"), ma
anche come formazione all'uso del linguaggio cinematografico e come
partecipazione alla realizzazione di prodotti filmici, anche di semplice
realizzazione tecnica ma di grande impatto formativo, nonché occasione di
esperienza solidale, formativa, creativa. Alludo, ovviamente, allo
strumento del cortometraggio, spesso realizzato nel facile ed economico
supporto video (solo nei casi più "ricercati", lo si realizza in
pellicola). Il "corto" come palestra per chi aspira ad acquisire
professionalità tecnica od artistica, oppure semplice (ma importantissima)
esperienza formativa personale e di gruppo.
L'importanza di avvicinare i più giovani al film, in forma diretta e
attiva (vale a dire, da realizzatori di un prodotto) o in forma - per così
dire - passiva (pertanto, da spettatori sempre più consapevoli), è oramai
riconosciuta e consolidata tanto che l'audiovisivo è entrato, da qualche
anno a questa parte, di buon diritto nelle scuole. Il cinema, inteso come
rappresentazione artistica, è pienamente coinvolto in un processo che
cambia ed amplia le nostre possibilità di interpretazione delle cose e la
nostra immagine del mondo. Da ciò, appare evidente la necessità di
affrontare il tema dell'educazione all'immagine. Merita una menzione
un'iniziativa dell'Unione Europea, denominata "Cinedays", che in Italia
impegna le associazioni cinematografiche riconosciute dal Ministero dei
Beni e delle Attività Culturali, a fornire agli studenti gli strumenti
atti a conoscere il cinema inteso come cultura.
Mi piace ricordare che l'attuale transizione tecnologica dall'analogico al
digitale rafforza la possibilità di passare da un'impostazione in cui la
scuola (o l'associazione culturale) va al cinema a quella in cui il cinema
entra nella scuola (o presso l'associazione culturale) per collegarsi alle
altre attività didattiche o alle altre forme di espressione trattate.
Siamo arrivati già a corsi indirizzati agli insegnanti ed agli operatori
culturali per individuare le modalità più idonee per avvicinare i giovani
al mezzo cinematografico, attraverso la visione guidata di pellicole
riconducibili ad un importante tema sociale oppure attraverso un approccio
didattico al testo filmico. In quest'ultimo caso, si parte
dall'esemplificazione delle diverse strategie d'analisi, fino a giungere
alla pratica, con progetti che impegnino attivamente e produttivamente i
giovani: costruire una storia (stendere la sceneggiatura), disegnare la
storia (lo storyboard), approccio alle macchine per raccontare la storia
(telecamera o videocamera, luci, microfoni, etc.), saper lavorare in
gruppo (organizzare una troupe), assumersi le responsabilità (attraverso
la presa in carico di impegni come la regia, la recitazione, il montaggio,
etc.), e - quindi - realizzare insieme il progetto.
Esperienze formative ed aggregative assai importanti sono quelle portate
avanti dalle scuole, dalle associazioni (cinematografiche, culturali o di
aggregazione più in generale), tanto più in un momento in cui si parla
sempre più di adolescenti lasciati allo sbando, alcuni vittime ed altri
carnefici del cosiddetto "bullismo" (termine brutto tanto quanto poco
indicativo di un fenomeno ben più grave di quanto il neologismo lascerebbe
pensare). Per questo, e per tanti altri motivi ancora, ben vengano le
iniziative di educazione all'arte, alla cultura, alla convivenza fattiva e
pacifica, all'educazione civica, alla non dispersione delle capacità del
singolo (opportunamente confluite in una felice esperienza di
collettività) di associazioni come, solo per fare alcuni esempi:
l'Associazione Culturale "Gente di Villa" (di Villa Santo Stefano, in
provincia di Frosinone; presieduta da Franca Colonia, e con - tra le
molteplici attività - rassegne cinematografiche come quella intitolata
"Educare i giovani al rispetto delle diversità", curata dalla stessa
Presidente insieme con gli insegnanti Carlo Toppetta ed Ernesto Petrilli),
l'Associazione Culturale "Nie Wiem" (onlus che agisce a tutto campo, ivi
incluso il cinema, che a noi di "Distopia" più interessa), "Aktivamente"
(associazione culturale nata per promuovere e diffondere l'arte e la
cultura e valorizzare la qualificazione sociale del territorio nel quale
opera e delle persone che vi aderiscono, utilizzando anche la lettura del
linguaggio cinematografico). Invece, tra le associazioni più prettamente
operanti nel campo cinematografico, piace ricordare l'Associazione
Culturale "il corto.it" (che si occupa molto di lavori di studenti per le
scuole primarie e secondarie e per gli universitari), l'Associazione "Kentu"
e "Le Colonne" (associazione culturale che opera nel campo della
produzione teatrale e cinematografica). Tutte associazioni delle quali
spero di tornare a parlarvi presto in questo spazio libero, che esiste da
sette anni e che resta libero perché portato avanti da un gruppo di
persone che opera per passione e non certo per lucro; difatti, non avete
mai visto - e non vedrete mai - una pubblicità in questo sito.
Che il mezzo audiovisivo - inclusa la realizzazione di semplici corti in
video - sia entrato nelle scuole, me l'hanno confermato alcuni docenti che
hanno partecipato ai miei primi corsi universitari di Bioetica e Cinema
(aperti - oltre ai giovani studenti della Facoltà di Bioetica - anche a
docenti di scuole pubbliche chiamati per C.C.N.L. ad effettuare corsi di
aggiornamento ed a medici ed infermieri che necessitano dei crediti del
personale sanitario, gli E.C.M.). In fondo, ritengo che sia anche un modo
di supplire all'Educazione Civica, quella "misteriosa" materia che ricordo
essere sempre stata nei programmi ma che, per vari motivi, non è mai stata
affrontata durante l'anno scolastico. Certo, in senso stretto non posso
dire che sia la stessa cosa, perché la materia viene intesa come
conoscenza degli elementi fondamentali della Costituzione e delle
istituzioni della nostra Repubblica, ma - in fondo - perché si dovrebbe
studiare questa materia? Per educare alla civile convivenza, alla
partecipazione, alla cultura, alla solidarietà, in poche parole... ai
valori; e non è solo il sapere (quanti anni resta in carica il Presidente
della Repubblica o quanti sono i deputati) a formare a questi valori. Il
cinema - tanto più se occasione di incontro nella realizzazione e/o nella
visione consapevole di rassegne di films (come abbiamo visto fare
dall'Ass. "Gente di Villa") - può ben assolvere a questo compito.
Educazione e solidarietà attraverso la cultura in generale ed il cinema in
particolare; tutto ciò è possibile ed auspicabile, e passa anche per le
felici e lodevoli esperienze citate. In particolar modo, relativamente al
mondo giovanile del quale tanto si parla e per il quale poco si fa,
esperienze come quelle delle associazioni citate possono aggiungersi
utilmente, in un'auspicabile sinergia, a ciò che fanno la scuola o la
famiglia. Quest'ultima non può più affidarsi al parcheggio dei più giovani
davanti alla televisione, un tempo efficace strumento formativo (oltre che
di svago), ma che da un paio di decenni a questa parte ha abdicato alla
sua capacità formativa, deviando dal compito di rendere un servizio al
pubblico a quello di raccoglitore di quanta più pubblicità sia possibile.
Fa bene alla società un cinema che entra nelle istituzioni scolastiche ed
accademiche. Oggi più che mai, l'educazione e la solidarietà passano
attraverso forti esperienze culturali, ivi incluse quelle relative
all'affascinante mondo della settima arte.
23 febb. 2007
Franco Baccarini,
nato a Roma nel 1964, autore di articoli su cinema, spettacolo e bioetica
per periodici cartacei e telematici. Esperto di "Bioetica e tecnoetica nel
cinema" e di "Cinematografie del Bacino del Mediterraneo" (per un lavoro
di ricerca su quest'ultimo tema, ha ricevuto la Medaglia del Presidente
della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi il 20 settembre 2005.
ASSOCIAZIONE "GENTE DI VILLA"
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