PRESERVARE
UN'IDENTITÀ' E UNA CULTURA CHE SIANO DI STIMOLO E DI GUIDA PER LE
GENERAZIONI FUTURE.
Nel leggere le interessanti pagine dell'opera di
Alberico Magni sul folklore, tutte sottese sul filo del ricordo, c'è da
chiedersi se nel mondo attuale ci sia ancora posto per le tradizioni
popolari. Il "progresso" ha
richiesto
più di un sacrificio: in effetti, una società plastificata, dominata da
fenomeni mass-mediatici certamente non eccelsi, omologata fino
all'esasperazione, ha spinto nell'angolo le tradizioni popolari. Non
voglio qui fare la solita critica alla globalizzazione, ma piuttosto
rivendicare l'importanza delle tradizioni popolari che garantiscono
l'identità e, se vogliamo, l'unità di tanti paesi italiani.
Nel suo lavoro, l'autore, partendo dalla descrizione
del costume "alla contadina", introduce una riflessione ed un analisi su
un lungo periodo della storia di Amaseno: quello che dall'Ottocento giunge
fino agli anni settanta del secolo scorso. Altri tempi sicuramente, tempi
di povertà e sacrifici, ma anche di grandi e semplici gioie, come quella
di indossare il costume tradizionale per partecipare ad una sfilata o di
trascorrere la serata con la "compagnia" , formata da parenti e vicini di
casa ed allietata dalle note dell'organetto.
Siamo certamente ad anni luce dal nostro modo di
vivere, dal consumismo, dalle comodità, ma in un mondo più vero, più
"umano".
L'A. rileva che ad Amaseno, non si fa più uso del
costume tradizionale, nemmeno in occasione di feste patronali importanti e
che sarebbe di grande utilità la "conservazione della lingua dialettale,
la raccolta dei canti popolari ed il rilancio del costume tradizionale"
per conservare la memoria del passato della comunità amasenese.
L'opera di Magni, ricca di un ampio apparato
fotografico che testimonia momenti della storia del paese e l'evoluzione
del costume tradizionale, si articola in tre direzioni. Nella prima parte,
l'autore, oltre a dare dei cenni storici, descrive minuziosamente, sulla
scorta di testimonianze e documenti, il modo di vestire delle donne amasenesi che, di solito, usavano un vestito giornaliero assai semplice,
il vestito della domenica che risultava un po' più curato ed infine il
costume per le occasioni solenni. Si trattava di un abito
particolarmente
ricco e costoso per i tempi: una camicia ornata di trine, un corsetto di
raso nero con maniche di raso rosso, una gonna di lana rossa plissettata a
mano, la cui lunghezza arrivava poco sotto il ginocchio. Desta tenerezza
ai giorni nostri, l'affermazione secondo la quale, a causa della gonna più
corta rispetto ai costumi di altri paesi, le donne di Amaseno fossero
considerate "poco serie". L'abito era completato infine dallo "zinalo" e
dalla "tuvaglia" di tela finissima, fissata al capo con grossi spilloni.
Naturalmente non potevano mancare le caratteristiche "cicce".
Nella seconda parte, l'A. con la sua consueta
precisione, riferisce in particolare sul periodo storico che dal secondo
dopoguerra va fino agli Anni Settanta. Viene ricordato l'insegnante Fausto
Ruggeri, per merito del quale, fu costituito un gruppo folkloristico assai
apprezzato. E non dimentichiamo che lo stesso Alberico faceva parte con
successo di tale formazione.
In quel particolare periodo (corrono gli anni '50), i
gruppi folkloristici rappresentavano per molti giovani un momento di
aggregazione e di scambio con realtà diverse.
Ma una vera e propria svolta si verificò con l'arrivo
di Suor Angela: Alberico ricorda con commozione questo straordinario
personaggio che, con la sua passione, valorizzò le tradizioni locali.
Non a caso, dunque, la terza parte del lavoro di
Alberico verte su testimonianze di numerosi concittadini che ricordano,
con affetto e nostalgia, il tempo in cui fiorivano i gruppi folkloristici
per merito, soprattutto di Suor Angela. Attraverso i vari contributi,
veniamo a conoscenza di aneddoti divertenti, di situazioni difficili, di
momenti di crescita individuale. Ciò concorre a creare, attraverso la
dimensione del ricordo, una vera e propria memoria storica della comunità.
Non dimenticare, quindi, e cercare di rivalutare
tradizioni, usi e costumi che purtroppo vanno scomparendo. E tutto ciò,
non per passatismo, ma piuttosto con un occhio al futuro, al fine di
preservare un'identità e una "cultura" che siano di stimolo e di guida per
le generazioni future.
Prof.ssa Giuliana Valeri