CRONACA DI UN
SUCCESSO ANNUNCIATO |
PIENONE ALLA LIBRERIA "SANGRAAL" DI ANAGNI PER LA PRESENTAZIONE DEL
LIBRO "VALCENTO. GLI ORDINI MONASTICO CAVALLERESCHI NEL LAZIO
MERIDIONALE" DI GIANCARLO PAVAT |
Una libreria dal nome così evocativo "Sangraal",
il Santo Graal dei miti, delle leggende bretoni, dei romanzi di Re Artù e
dei Cavalieri della Tavola Rotonda, del Parzifal, la Coppa utilizzata da
Gesù durante l’ultima cena e nella quale sarebbe stato raccolto il Suo
sangue dopo la Crocifissione, non poteva non organizzare la presentazione
di un volume come "Valcento. Gli ordini Monastico–cavallereschi nel
Lazio meridionale", del santostefanese Giancarlo Pavat, per i
tipi delle Edizioni Belvedere di Latina; il volume che a poco meno
di un mese dalla sua uscita sta diventando un vero e proprio "caso"
letterario. Suscitando interesse anche aldifuori dei confini non solo
delle due province di Frosinone e di Latina ma persino del Lazio.
Sabato 1 dicembre 2007, una novantina di persone
hanno affollato la saletta della "Libreria Caffè letterario Sangraal",
appunto, situata, probabilmente non a caso, presso la splendida Cattedrale
Anagnina, in piazza Innocenzo III. Tra gli intervenuti, molti persino
dalla capitale, abbiamo riconosciuto bei nomi della cultura e della
ricerca. Il prof. Augusto Carè, presidente della XVI Comunità
Montana e vicesindaco di Falvaterra, nonché geologo e speleologo, assieme
alla fidanzata Valentina, prof. Marco Cardaci, dott.
Roberto Sarra, Pio Roffi Isabelli presidente provinciale del F.A.I.
(Fondo per l’Ambiente Italiano), dottoressa Dana De Magistris
di Roma, il dottor Franco Lunghi di Frosinone, la dottoressa
Lucia Iorio, coordinatrice del progetto delle monografie "Le Foglie"
dei L.E.A. (Laboratori di Educazione Ambientale della Provincia di
Frosinone - Assessorato all’Ambiente, Urbanistica e Sviluppo Sostenibile –
www.leafr.it)
il dottor Giulio Coluzzi dell’Angolo di Hermes
www.angolohermes.com,
dottoressa Luana De Santis con il marito Alfredo Marcoccio
di Roma, Sabrina e Marco De Castris e Paola Pro, Fabrizio
Pennacchia con la consorte professoressa Luisa di Ferentino,
esploratori e documentaristi subacquei, la professoressa Maria Carmen
Lupi, Emanuele Amadio di
www.villasantostefano.com e molti
altri.
A presentare la serata la padrona di casa, proprietaria
di quella sorta di "Tempio della Cultura", la dottoressa Nunzia Latini,
la quale ha brevemente sottolineato la soddisfazione di poter presentare
un libro che parla dei "Templari" e di tematiche ad essi correlate, "osservati
da un ottica particolare, ovvero il loro insediamento nei territori del
Basso Lazio, andando così a colmare un vuoto che da troppo tempo
persisteva". Una ricerca innovata, aspetto sottolineato anche dalla
dottoressa Alessandra Leo, autrice della prefazione "Questo libro,
da cui ogni futuro contributo sulla presenza dei Templari e degli altri
Ordini Monastico Cavallereschi nel Basso Lazio, non potrà prescindere, ci
offre un lavoro prezioso perché articolato, accurato ed ispirato ai più
solidi principi della ricerca storica". Tra i relatori anche l’autore
della copertina, il bravissimo e giovane disegnatore santostefanese
Simone Cipolla, che ha spiegato la genesi della sua fatica, ed il
paleontologo Prof. Italo Biddittu. Il quale ha stupito il pubblico
illustrando il rinvenimento di un libro del XIX secolo in cui si parla
della scoperta, avvenuta del XVII a Vieste, del sepolcro di un Priore
dei Templari originario di Veroli. Tale Aurelio Binunzio, di
cui non aveva mai sentito parlare nessuno.
La dottoressa Leo, invece, ha tenuto una dotta
disquisizione sul simbolo del "Tetramorfo. Tra esegesi ed iconografia".
Relazione che non sfigurerebbe affatto in una pubblicazione a se stante.
Ciliegina sulla torta, sono stati mostrati due brevi documentari
proiettati due affascinanti documentari, anch’essi inediti, su due grotte
sommerse; quella dell’Obaco a Falvaterra e di Capodacqua ad Amaseno.
Filmati girati dagli speleosubacquei Alessandro Zera ed Andrea Del
Monte, presenti in sala, che hanno spiegato al pubblico alcuni aspetti
delle loro avventurose esplorazioni sull’esplorazione di due grotte
sommerse. La serata, dall’indubbio valore culturale e scientifico, si è
caratterizzata per la capacità dei relatori di intrattenere il pubblico,
suscitando interesse e partecipazione, senza mai annoiare. Numerose le
domande su svariati aspetti della storia del Templari e degli altri Ordini
monastico-cavallereschi.
Giancarlo Fornovo per VillaNews
UN LIBRO? TRE LIBRI? UN MISTERO
"Un Graal teneva una damigella nelle mani e
seguiva i valletti bella, gentile e nobilmente adornata. E
quand’essa fu entrata, da tutto il Graal che essa teneva si irradiò
per tutta la sala un chiarore si grande che le candele impallidirono
come le stelle o la luna quando si leva il sole"
(da "Perceval le Gallois ou le
Conte du Graal" di Chretien de Troyes - XII secolo)
Sono intervenuto, sabato 1 dicembre 2007, alla
riuscitissima serata durante la quale è stato presentato nell’antica
Città dei Papi, il libro "Valcento" di Giancarlo Pavat. Dopo secoli,
la bandiera dei Templari è tornata a sventolare ad Anagni. Davvero
impeccabile l’autore e gli altri relatori nei loro interventi e
nelle loro esposizioni. Il libro, poi, lo definirei una piccola
gemma preziosa. Ho appena terminato di leggerlo e non posso che
parlarne bene. Anzi. Decisamente, e lo ribadirò più volte, ci voleva
proprio un volume del genere.
Ma desidero evidenziare alcuni aspetti. E’
probabile che l’autore non lo ammetterà mai, eppure credo che "Valcento.
Gli Ordini monastico-cavallereschi nel Lazio Meridionale"
dell’ottimo Giancarlo Pavat, sia un libro che si può leggere almeno
su tre piani diversi.
E’ un superbo, ben documentato libro di storia.
Che denota erudizione, competenza, professionalità e serietà nella
ricerca. L’autore riesce a trattare argomenti anche complessi,
rendendoli fruibili ad un pubblico più vasto. Cercando e riuscendovi
perfettamente, a scaturire curiosità ed interesse.
Inoltre, ed è il secondo aspetto peculiare. Può
essere letto come una preziosa guida del territorio preso in esame.
La Valle del fiume Amaseno, tra i monti Lepini ed Ausoni, ma tutto
il Lazio meridionale, a cavallo dell’antico confine tra Patrimonio
di San Pietro, lo Stato della Chiesa e Regno del sud. Pavat l’ha
ribadito più volte. Uno degli scopi del volume è proprio quello di
invogliare le persone a percorrere determinate zone e scoprirvi veri
e propri tesori che, molto spesso, persino chi ci abita, non
conosce.
Molto spesso, chi scrive libri su queste
tematiche, fa di tutto per non indicare correttamente le località
oggetto delle ricerche. Quasi che soltanto loro, soltanto gli adepti
possano frequentarli. Lasciando, di frequente, il dubbio che le cose
che dicono di aver visto siano soltanto un parto della loro
fantasia.
Con Pavat tutto ciò non succede. L’autore
descrive numerosi siti, chiese, rovine, castelli, borghi, da lui
visitati, permettendo a tutti di poter, a loro volta, raggiungerli.
E questa è la sua grande onestà intellettuale. Con "Valcento" tra le
mani, tutti possiamo ripercorrere questi itinerari. Alla scoperta,
appunto, di un mondo del tutto sconosciuto.
Ma ho ragione di ritenere che ci sia anche una
terza chiave di lettura del libro.
Qua e là l’autore ha disseminato alcuni indizi. E
non si tratta soltanto delle citazioni erudite ed alcune anche
davvero sorprendenti e divertenti. Tratte da capolavori della
letteratura mondiale, del cinema, dell’arte. Che mi sono beato (e
con me credo moti lettori) a trovare e riconoscere. Parlo della
sensazione, provata leggendo e rileggendo "Valcento" che l’autore
abbia scoperto molto di più di quello che poi ha messo nero su
bianco. Qualcosa relativo, ovviamente ai Templari ed agli altri
Ordini come i Giovanniti, i Cavalieri del Tau e gli Antoniani. Di
che cosa si tratti non ne ho la minima idea. Forse è materiale da
utilizzare per un altro, libro (speriamo davvero che Pavat non si
fermi qui nelle sue ricerche) oppure più semplicemente si tratta di
dati, informazioni, nozioni non verificate e quindi, onestamente, al
momento non impiegate.
Oppure…... Si tratta di qualcos’altro. Non voglio
alimentare teorie di misteri, cospirazioni o quant’altro. Nella mi
lunga vita di insegnante ho sempre cercato di trasmettere ai miei
studenti l’amore per vedere le cose così come stanno. Cercare sempre
la verità, ovviamente, ma senza indulgere nel vizio nazionale della
dietrologia. Eppure credo che in questo caso ci sia qualcosa di
vero. E forse ho anche capito di che cosa si tratta. Se leggiamo
attentamente sia il libro che la prefazione, forse, ma è un forse
grande come la storia ed i misteri di quei Tempi lontani, si riesce
ad intuirlo.
Pavat ha esplorato una determinata zona che "a
causa di triti luoghi comuni" spiega la dottoressa Leo "si è
immeritatamente trovata ad essere più denigrata che seriamente
indagata". Ecco, io credo che la chiave di tutto sia proprio lì.
Durante le ricerche sono state trovate le prove, al contrario,
dell’importanza della vallata in un determinato segmento della
storia occidentale. Aspetto che viene certamente evidenziato nel
libro. Ed allora il segreto dov’è? La, ormai, credo, acclarata,
presenza degli Ordini nella valle, è la conseguenza non la causa di
questa importanza. E non si comprende appieno perché lo sia stata.
Certo, l’autore i motivi prova a spiegarli ma nicchia, è evasivo, si
ferma un attimo prima, lancia quesiti che poi rimangono senza
risposta. Proprio su più bello. Un esempio? "Che cosa c’era,
allora, di talmente importante ad Amaseno e nella vallata? Tanto da
segnarla, come l’Angelo Biblico che marca le fronti degli Uomini,
con simboli che indicano una via, un percorso verso l’inconoscibile,
verso l’ultraterreno, verso Dio?" Secondo me l’autore l’ha
capito perfettamente. Forse l’ha persino veduto. Eppure preferisce
non rivelarlo. Forse ci indica un sentiero, una via. Da percorrere
anche noi, con il "Valcento" come guida così come Dante ebbe
Virgilio e poi Beatrice, per raggiungere, a nostra volta, ma da
soli, con le nostre sole forze, la meta che forse ci attende in
quella vallata.
Ho colto nel segno? Non lo so. Forse sono solo
vaneggiamenti di un vecchio professore in pensione e non me ne
voglia l’ottimo Pavat. Ho davvero apprezzato la sua fatica. Che
ritengo un sasso ben lanciato nello stagno di un determinato
conformismo culturale, ma senza cadere nella fantastoria o nella
piaggeria accademica. Basta con libri che citano se stessi o altri
perfettamente uguali. Largo a nuove ipotesi, nuove tesi. Senza
preconcetti e remore ma con al solidità dell’impianto umanistico (da
cui credo di aver capito che provenga Pavat) e scientifico.
Un unico appunto. E credo che Pavat dovrebbe
aspettarselo. Come mai non ha nominato l’enigmatica testa scolpita
di Villa Santo Stefano? Di cui si è comunque occupato in alcuni
articoli giornalistici. E’ proprio sicuro che non centri nulla con i
Cavalieri del Valcento?
Ai posteri l’ardua sentenza.
Prof. L. Marangon |
up. 15 dic. 2007
Ormai
è "Valcentomania" / La Bandiera dei Templari ... a Ferentino
17 nov.2007
La
presentazione del libro di Giancarlo Pavat "Valcento - gli ordini
monastico - cavallereschi nel Lazio meridionale"
10 nov.2007 |