ANEDDOTI DI CACCIA |
Incontro alla Macchia con Z’Pietr’ d’ Giggi
detto "Tarzan" |
Rubrica di Maurizio Iorio
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Pietro
Paggiossi, Z’Pietr’d’Giggi detto "Tarzan" con il cane Fufi |
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Da sx.: Stefano Iorio (Nuccio
T'Anei), Augusto Iorio (August' T'Anei) e Antonio Pelonara con il
cane Bracco |
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Maurizio Iorio, il riposo
dell'arciere della Valletta |
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Ero al mio secondo anno di lavoro (1977) come impiegato
presso il Provveditorato agli Studi di Napoli e, da suggerimento di mio
padre, presi una parte delle ferie qualche giorno prima di ferragosto. Con
uno scopo ben preciso: esercitare il mio hobby preferito, "la caccia"
nelle campagne del Comune di Villa Santo Stefano ove, dal 1980 a
tutt’oggi, risiedo.
Trascorse le tradizionali feste patronali (San Rocco)
con mio padre Nuccio T’Anei e i miei zii, Z’Andonio
Br’glion’ e Z’August’ T’Anei, (Stefano di Enea, zio
Antonio Reatini –Imbroglione-, zio Augusto di Enea –fratello di Stefano
(Nuccio) mio padre-) decidemmo di andare a cacciare tortore e merli nella
Macchia di Villa Santo Stefano, essendo loro esperti conoscitori del
luogo.
Ci addentrammo nel bosco ognuno a cinquanta metri
dall’altro. Ogni tanto si udiva l’echeggio di qualche colpo seguito o da
un imprecazione’ per il mancato bersaglio, o da un "Bravo, bel tiro!". E’
caduto "st’ccat’mmi’s’ i mi’rl’" (-il merlo è caduto
spezzato a metà-). Giunto quasi a una zona chiamata in dialetto "L’prata
la cesa" volarono contemporaneamente due merli, uno a destra
l’altro a sinistra, che abbattei con altrettanti colpi e con un po’ di
fortuna. Il volatile di sinistra lo recuperai immediatamente, mentre per
quello di destra, trovai difficoltà. Mi venne in aiuto il babbo. Iniziammo
a cercare scrupolosamente.
All’improvviso, come per incanto, udimmo una voce: "And’caul’
stat’agguardà! I mi’rl’ha r’mast’ appis’ alla
ramata d’ chella ci’rciola a cinq’ pass’ da ua!" (-Dove cavolo
state guardando! Il merlo è rimasto appeso al ramo di quella querciola a
cinque passi da voi!-). Ecco uscire da un grande cespuglio, Z’Pietr’d’Giggi
detto "Tarzan" (Pietro Paggiossi) per la sua dimestichezza nel
librarsi da un ramo all’altro delle piante. "Cuggi! Accumm’stei?
L’ti’ ancora chelle cartucce cu gl’ sp’cchiett’ ch’ m’
regalist’ chella vota?" (-Cugino, come stai! Le hai ancora quelle
cartucce con gli specchietti che mi regalasti quella volta?-). Trattasi di
cartucce confezionate manualmente da mio padre con della polvere militare
che chiudeva con un dischetto di plastica trasparente lasciando così
intravedere i pallini di piombo. "Au’ fatt’ i mracul’! ‘N colp’, ncolp’!"
(-Hanno fatto i miracoli! Ogni colpo, un colpo!-). Poi iniziò a parlare
del più e del meno. Nel mentre giunsero anche i miei zii e così iniziarono
a menzionare le loro innumerevoli gesta venatorie.
Nel culmine del racconto, ecco giungere due cacciatori
di Amaseno, paese nell’immediate vicinanze, loro conoscenti. Uno di questi
che conosceva Z’Pietr’ sommariamente, con un pizzico di
ironia, soggiunse: "Pié! Ma pure tu si cacciatore?" (-Pietro,
anche tu sei cacciatore?-). La risposta immediata fu: "Fratò! I’
culla scuppetta ferm’ i lamp’d’ p’llaria! Pagl’n’mic’ nom’n’ DDio!
Quand’ nascii scìu prima a scuppetta e dopp’ i’, pagl’ n’mic d’
Clistc!" (-Fratello! Io con il fucile fermo i lampi in aria! Per
il nemico del nome di Dio! Quando sono nato è fuoriuscito prima il fucile
e dopo io, per il nemico di Cristo!-). Il cacciatore rimase perplesso,
credendo, probabilmente, di averlo offeso.
Tutto tornò tranquillo quando Z’Pietr’
prese dal suo appostamento un fiasco di vino, del pane con salacche, uova
fritte intrise di peperoncino, delle olive e un mazzetto di cipicce
(cipollette selvatiche). "Faciam’ culazion! Però d’ bicchier’ n’
tiengu’ un’ sul’!" (Facciamo colazione, però ho solo un
bicchiere). Poi mostrò il suo carniere. Era veramente invidiabile!
Consumata la colazione, aspettò che i due cacciatori si
congedassero. Quando furono ben lontani, da un altro nascondiglio, tirò
fuori un cesto colmo di funghi porcini. Ne fece tre abbondanti porzioni e
disse:"Massera faciatie fria all’ m’gl’ uostr’!" (-Stasera
fateli friggere alle vostre mogli-).
Ci salutammo affettuosamente e mentre stavamo per
intraprendere la via del ritorno, chiamò mio padre e soggiunse: "Nu’!
Hai uist’ figl’t’ accumm’ spara! M’sa cà natr’ccica gl’ alunn’
supera i maestr’!" (-Nuccio, ho visto tuo figlio come spara! Mi sa
che tra poco l’alunno supera il maestro!-). Mio padre replicò: "Auoglia
a iss’ a magnà p’tat’!" (-Ne deve mangiare ancora di
patate….!!!-). Il babbo mi guardò e con un espressione soddisfatta,
sussurrò: "Forse non ha tutti i torti! Fra qualche anno!..."
Ass.
Cacciatori G. Leo