BIENNALE DI VENEZIA 2009 |
PROGETTO "BLUE
ZONE": polvere e
Stimmung |
La
Biennale di Venezia, dai tempi lontani della sua storia a oggi, non
è solo rassegna internazionale di opere d’arte, installazioni
d’avanguardia, provocazioni intellettualistiche o creazioni ludiche,
ma è soprattutto specchio ed interpretazione dello spirito culturale
di un’epoca, nel legame indissolubile di indagine estetica e
costume. Questa 53. Esposizione intitolata "Making Words" ovvero
"Fare Mondi" così come indicato dal suo direttore Daniel Birnbaum,
impone un’attenta analisi e riflessione in un momento cruciale della
storia umana, così gravemente dilaniata e divisa non solamente nei
valori etici e morali ma anche nei sistemi politici, religiosi ed
economici. L’analisi richiede la messa a fuoco di un sentimento
dilagante da navigazione a vista nell’imperante assenza di
riferimenti certi e di grandi personalità illuminanti preposte a
condurci fuori le secche di una decadenza artistico-culturale senza
precedenti. Certo la potenza dei mezzi mediatici è indiscussa.
Questo ha consentito, nella concezione contemporanea dal dopoguerra
in poi, una possibilità divulgativa del prodotto estetico veramente
straordinaria e, nel contempo, una notevole scelta espressiva.
Fenomeni quali la pop e la video art, l’arte cinetica o la
dimensione illusionistica dell’optical, sono stati lo specchio
fedele di queste potenzialità immense e di un costume sociale che
voleva l’assoluta liberazione dell’elemento fantastico atto a
stupire, creare emozioni retiniche e shock visivi. La molteplicità
dell’espressione ha portato, di conseguenza, a quella frammentazione
che oggi è in atto più che mai. Molti critici ed esteti considerano
opera dell’arte un felice prodotto industriale quale il design
automobilistico o un elemento di arredo, come una poltrona
particolare o un mobile. Qualcuno poi arrivò a definire "arte
contemporanea" il comunissimo tappo a corona delle bibite in vetro
battezzandolo come frutto del "genio degli anonimi", così come il
cavatappi a bracci o altro prodotto legato al funzionalismo
quotidiano. Persino qualche trasmissione televisiva di largo ascolto
impostata su sequenze incalzanti è stata ritenuta tale. Insomma, il
postulato del "tutto può essere arte" è stato ammesso come verità
plausibile nella nostra epoca così complessa e controversa. Una
considerazione pericolosa che può negare il concetto stesso di
"arte" nel suo etimo originario, dal greco techne, inteso
come capacità del fare con la mente ed il cuore un qualcosa di
inedito e quindi con quel carattere di unicità e non serialità come,
per converso, il prodotto industriale o artigianale. La scelta di "Making
Worlds" potrebbe contenere dunque un fermo invito a ritornare
all’originalità dell’invenzione di mondi paralleli che suggeriscano
nuovi punti di vista, dimensioni incommensurabili frutto
dell’ingegno creativo e delle infinite pulsioni interiori legate al
sentimento sottile che la vita fa scaturire nel suo incessante
divenire, nell’ottica di un rilancio di valori antichi almeno quanto
l’uomo. In questo contesto, il progetto "Blue Zone" concepito
dall’ottima intuizione dell’arch. Emiliano Bazzanella coadiuvato da
un artista di ricerca ed esperienza quale Diego Valentinuzzi,
intende riportare al centro della discussione il rapporto tra
estetica d’arte e percezione collettiva nello sfondo contemporaneo
di una babele comunicativa di opinioni, dogmi surrettizi e tendenze
modaiole manipolate da tuttologi da salotto sempre pronti ad
indicare direzioni e punti di riferimento senza possedere una
bussola adeguata. Un progetto non tanto di denuncia ma – a mio
avviso – di contenuti affermativi su cui porre estrema attenzione
perché solleva inquietanti interrogativi sui valori estetici in un
momento storico di transizione. La domanda è: siamo al preludio di
un inizio o stiamo cavalcando una fine? Si profila un mondo nuovo di
valori o stiamo assistendo ad una progressiva e caotica decadenza
della tradizione estetica? La scena evidenzierà questa "Stimmung"
collettiva nella condizione surreale (ma forse non troppo …) di una
galleria abbandonata con opere semi-occultate, realizzate da artisti
affermati selezionati dai curatori. Luci azzurre metafisiche e
monitor perennemente accesi creeranno una situazione interattiva in
cui il pubblico sarà chiamato ad intervenire negli idiomi più
disparati. Non sarà dunque una banale e scontata provocazione spesso
di casa qui in laguna, ma un qualcosa di più propositivo. Certo, non
vogliamo credere in nessun modo che l’arte – dopo la perniciosa
sequenza di negazioni contemporanee – stia davvero morendo. Più
propriamente (e positivamente) vorremmo parlare di crisi, momento di
riflessione, stand by o quant’altro conferisca speranza di
necessaria continuazione del concetto di creare. Una pulsione,
questa, nata con l’uomo già dal tempo dei graffiti e dipinti della
caverna francese di Lascaux, la cosiddetta Cappella Sistina della
preistoria, risalenti a circa 18/20.000 anni or sono, che rivelano
l’intimo animo di un uomo tutt’altro che primitivo volto a ricercare
il senso delle Cose del mondo affermando, attraverso la
realizzazione espressiva compiuta, le ragioni dell’Essere nel
divenire del Tutto.
Giancarlo Bonomo
Venezia, giugno 2009 |