SERENATE E COLTELLI
Il termine serenata deriva dalla parola sera, in
quanto veniva effettuata dopo il calar del sole. Con la serenata
l’innamorato dichiarava apertamente il suo sentimento e attendeva con
ansia l’aprirsi della finestra dell’abitazione della donna amata, quale
segno di accettazione del corteggiamento. Se la finestra rimaneva chiusa
il messaggio, purtroppo, era chiarissimo: rifiuto totale di ogni
possibilità di avvio di un rapporto sentimentale. Con la serenata lo
spasimante si esponeva pubblicamente di fronte al paese intero e,
soprattutto, di fronte ai parenti della prescelta che, a volte, reagivano
con violenza se non contenti del pretendente. Così poteva capitare che
come per le "serenate a dispetto" le conseguenze fossero liti, ferimenti,
uccisioni e quindi tribunale e carcere.
E’ questo il caso che vi presento nell’articolo:
un giovane innamorato respinto, perché troppo povero e non troppo onesto,
che continua a perseguitare l’amata con canti notturni e che una sera, nel
corso di uno scontro con uno della famiglia, lo uccide facendosi, poi,
vent’anni di galera. Lasciamo ora la "parola" alla sentenza.
Gio. Battista
Reatini |
14 -15 gennaio 1843 |
Governo Pontificio
Delegazione Apostolica di Frosinone
Tribunale Collegiale di 2° Turno
temporaneamente eretto
in Nome di Sua Santità Papa
Gregorio XVI
felicemente regnante
Oggi 27 ottobre 1843
Si è radunato nella sala di
udienza il Tribunale composto dagli Ill.mi Signori Avvocato Francesco
Caramini, Presidente, Gio. Battista Narducci, Giudice, Vincenzo Orlandi,
Giudice. Coll’intervento delli Signori Attico Garofalini, Procuratore
Fiscale, Alessandro Kambo, difensore pubblico, e coll’assistenza di me,
infrascritto Sostituto Cancelliere
Per proporre e giudicare la causa
di
Omicidio e
furto semplice
contro
Gio. Battista Reatini, figlio del
vivente Carlo di Santo Stefano, di anni 25, pastore, carcerato lì 15
gennaio 1843.
A tali effetti introdotto
nell’aula il Prevenuto (l’accusato), libero e sciolto
Recitate le solite preci
(preghiere)
Visti gli atti del processo
compilato dalla Curia Inquirente di Ceccano
Sentito il procuratore Fiscale, il
quale ha concluso che il prevenuto Reatini sia condannato ad anni 20 di
galera per l’omicidio e a mesi 6 di carcere pel furto semplice
Sentito il signor Kambo, difensore
nelle sue verbali deduzioni, il quale ebbe per ultimo la parola
Chiusa la discussione, restituito
l’inquisito nella sua prigione e
Ritiratosi il Tribunale nella
Camera delle prede liberazioni ha pronunciato la seguente
Sentenza
di due delitti doveva rispondere
nell’odierna seduta il Prevenuto Gio. Battista Reatini, cioè di un furto
semplice, il cui compendio (ammontare) non superava i venti scudi e della
uccisione di Giuseppe Lucarini avvenuta nella notte tra il 14 ed il 15
gennaio del corrente anno 1843.
E rispetto al primo di questi
delitti risultava che il muratore Andrea Buzzolini di S. Stefano aveva
tagliato di recente, nel terreno di Michele Lucarini, alcune tavole di
ceraso segate, ma che il Prevenuto, spinto dalla sua miseria, in una notte
di dicembre del 1842, le aveva involate (rubate), nascondendole in alcune
capanne circostanti.
A convincerlo colpevole del furto
da lui ostinatamente negato concorreva la testimonianza di Domenico
Toppetta presso cui il Reatini voleva nascondere il compendio (il bottino)
del furto e anche l’altra testimonianza di Giacinta Lucarini, alla quale
l’Inquisito non seppe negare il suo reato, allorchè essa gliene faceva
rimprovero.
E rispetto al secondo delitto,
cioè all’uccisione di Giuseppe Lucarini risultò dalle carte processuali e
dal pubblico dibattimento il fatto seguente:
amoreggiava l’infelice Lucarini
colla giovane Anna Bonomo, ed onesti erano i di lui amori, perchè doveva
santificarli un matrimonio già stabilito in famiglia. Anche l’inquisito,
sebbene non corrisposto per la sua povertà, pretendeva in amore con Irene,
sorella di Anna Bonomo e per entrare in grazia dell’amata, com’è costume
dei contadini, recavasi di continuo sotto le finestre della sua abitazione
a cantare nelle ore più inoltrate della notte. Questo procedere
dell’inquisito dispiaceva non poco a Lucarini sia per gelosia del proprio
amore con Anna, sia perché Irene, che doveva essergli in breve cognata,
disgradiva (non gradiva) i canti di Reatini. Regnava perciò tra i due
innamorati (Reatini e Lucarini) quel malumore che fa trascendere sovente
(spesso) ai più gravi misfatti, e così fu che nella notte dal 14 al 15
gennaio circa le ore 7, incontratisi entrambi presso l’abitazione delle
sorelle Bonomo si rese Reatini, dopo breve colluttamento (colluttazione)
omicida dell’altro, mediante un colpo di coltello che penetrava ad
offendergli cuore.
L’inquisito confessava il delitto,
ma vi aggiungeva circostanze non verificate, anzi del tutto escluse.
Narrava di aver rinvenuto (trovato) a quell’ora così tarda, il Lucarini a
discorrere sulla via con entrambe le sorelle Bonomo, mentre risultava dal
processo che queste fossero accorse quando già l’infelice Giuseppe era
agonizzante, spirando poco appresso (dopo) tra le braccia della sua
fidanzata. Il Reatini aggiungeva che il Lucarini gli si era scagliato
contro con una accetta percuotendolo in più punti della vita, mentre non
si rivenne in lui neanche la più piccola lesione. Proseguiva a dire che
Giuseppe Lucarini gli aveva preso dalla giacchetta, evidentemente tolta,
la somma di otto paoli, mentre non seppe spiegare la provenienza di questo
denaro che, stante la sua estrema miseria non poteva certamente ritrarre
dai suoi redditi.
Rimanendo pertanto escluse queste
circostanze fu osservato che essendovi elementi bastanti a convincersi
dell’odiosa e atroce azione si ritenne che il fatto stesso degli amori di
Reatini mal corrisposti da Irene e male interpretati da Lucarini avesse
suscitato nell’animo dell’omicida una provocazione nel vedersi da
quest’ultimo o discacciato o aggredito. Infatti è da considerarsi che, a
detta dei testimoni, si intese dall’uno e dall’altro capo della via un
correre simultaneo e quindi un azzuffarsi. Le ferite riportate dal
prevenuto nel collo e nel petto manifestano che furono cagionate (causate)
nel colluttamento e che il coltello omicida non fu vibrato a tradimento.
Considerato quant’altro doveva
considerarsi
Invocato il nome illustrissimo di Dio
Il Tribunale considerati gli articoli 438 e 439
della procedura Criminale ha dichiarato
In genere
Constare dell’esistenza del
delitto di omicidio in persona di Giuseppe Lucarini, mediante ferite
prodotte da arma incidente e perforante, penetranti nella cavità del
torace con lesione del cuore e del polmone e con travaso di sangue, causa
unica dell’immediata morte.
Similmente constare in genere
dell’esistenza del delitto di furto semplice a danno di Andrea Buzzolini
In specie
Constare che Gio. Battista Reatini
è colpevole dell’uccisione di Giuseppe Lucarini, ma in seguito di
provocazioni, nonché constare di essere egli l’autore del furto semplice,
di cui sopra
In diritto
Visto l’articolo 281 del
regolamento sui Delitti e sulle Pene, ove l’omicidio commesso in seguito
di provocazione è punito colla galera dai 15 a 20 anni,
e visto l’articolo 336 dove, il
furto semplice è punito colla detenzione da un mese a 6 mesi
ha condannato è condanna Gio.
Battista Reatini ad anni 20 di galera e ad altri mesi 6 di detenzione da
computarsi dopo i tre mesi dall’ingresso in carcere ed al duplo (doppio)
del valore del furto. L’ha infine condannato alla emenda (risarcimento)
dei danni tanto verso la famiglia dell’ucciso, quanto verso la parte
derubata, da liquidarsi nei rispettivi giudizi civili ed alle spese
alimentari e di giustizia verso l’Erario.
…..
In questo caso le ripetute
serenate fanno da preludio al delitto. Giovanbattista Reatini ha il torto
di essere povero, ma non si arrende al rifiuto di Irene Bonomo. La sua
insistenza lo porterà allo scontro con Giuseppe, che in qualità di
paladino dell’onore della futura cognata, lo affronta ricevendo una
coltellata mortale.
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"Casale Lucarini" (2012) |
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