GIACOMO PALOMBO - ROCCO PALOMBO – PIO VITTORIO BONOMO -
DOMENICO MORO
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4 aprile 1909 |
L’ANNO 1909, il giorno 27 del mese di
agosto, in Frosinone il Tribunale Penale composto dai signori Guarini
Luigi, presidente, Splendore Saverio e Pagano Cesare, giudici, Testa
Vincenzo, vicecancelliere, ha pronunciato la seguente sentenza a carico
di:
Palombo Giacomo di Rocco, di anni 33;
Palombo Rocco, fu Giovanbattista, di
anni 64;
Bonomo Vittorio Pio di Giuseppe, di
anni 31;
Moro Domenico fu Gaetano, di anni 38.
Tutti di Villa Santo Stefano, i primi
tre detenuti ed il quarto libero.
CAPI DI IMPUTAZIONE
I primi tre di correità nel
delitto di lesioni personali volontarie commesse con coltelli indistinti
(diversi) e mercè (con) l’esplosione di tre colpi di rivoltella,
produttivi di malattia ed incapacità di attendere alle ordinarie
occupazioni per la durata di giorni 32, in persona di Domenico Moro, con
l’aggravante della premeditazione per Giacomo Palombo il quale è anche
imputato di avere, nella suddetta circostanza, portato fuori dalla propria
abitazione una rivoltella, mentre per Palombo Rocco e Bonomo Pio l’altra
imputazione è il porto abusivo di coltello.
Il Moro è, invece, imputato di
porto abusivo di roncola.
IL FATTO
Il giorno 4 aprile 1909 nell’osteria condotta da
tal Giuseppe Iorio (Peppe di Nino) sita in piazza Umberto I, già piazza
dell’Olmo, proprio prima della Porta (attuale Bar La Torre), in Villa S.
Santo Stefano, il falegname Domenico Moro veniva ferito con colpi di arma
da fuoco presso l’orecchio destro ed il sopracciglio dell’occhio sinistro
e con arma da punta e taglio in varie altre parti del corpo, sì da
riportare, in complesso, una malattia durata 32 giorni.
Il Moro incolpava Palombo Giacomo,
suo padre Rocco ed il loro parente Bonomo Pio dichiarandoli autori:
il primo delle ferite prodotte con la rivoltella e di gli altri due di
quelle irrogate a mezzo di coltello. Sosteneva inoltre che l’aggressione
era premeditata, soprattutto di Giacomo che nutriva rancori verso di lui
per motivi di interesse in quanto la di lui moglie (Gnora
Ortensia Marella) pretendeva di essere creditrice per tessuti venduti a
certa Anelli Antonia che col Moro convive maritalmente (more uxorio). Moro
ammetteva che prima del ferimento egli, entrato in quell’osteria, dove già
si trovavano a giocare a "passatella di vino" Giacomo, Pio ed altri, si
fosse dato a rompere con l’accetta (che seco lui portava insieme con altri
ferri per ragione del suo mestiere) un tavolino dell’oste Peppe di Nino,
per avergli questi negato un mezzo litro di vino richiestogli, escludendo
però recisamente di aver profferito alcuna parola minacciosa all’indirizzo
del Palombo e del Bonomo i quali perciò lo avrebbero improvvisamente
assalito e ferito a quel modo.
Dopo l’ordinanza di rinvio a
giudizio i due Palombo ed il Bonomo, in data 7 maggio 1909 si costituivano
spontaneamente in carcere.
Nell’interrogatorio reso nel corso
del dibattimento Giacomo Palombo ha confessato di aver esploso tre colpi di
rivoltella, ma ha negato di aver avuto l’intenzione di ferire il Moro.
"Costui" –egli ha detto- "non faceva parte della nostra comitiva. Entrato
nell’osteria mentre noi giocavamo a vino, si avvicinò ad un altro tavolo e
si diede a cantare stornelli allusivi al nostro indirizzo. Poi se ne uscì
e tornò poco dopo portando in mano un'accetta e sulle spalle altri ferri
del mestiere e, senza motivo, prese a percuotere con l’accetta un tavolo
dell’osteria, rompendolo in più parti e dicendo – Qui stasera nessuno più
entra e nessuno più esce! – a questa spavalderia io uscii e andai a casa del
sindaco (Mazzoni Paolo) per denunziare il Moro. Nel
ripassare poi davanti l’osteria intesi, ivi, la voce alterata del Moro e
del Bonomo Pio. Entrai e li trovai afferrati (avvinghiati) nessuno dei due
era armato. Mi intromisi per mettere pace, ma il Moro, lasciato il Bonomo
afferrò l’accetta scagliandosi contro di me. Vistomi in pericolo sparai
consecutivamente tre colpi allo scopo di intimorirlo. In questo frattempo
però entrò di corsa un individuo che scagliatosi sul Moro lo colpì con
pugni. I movimenti scomposti del Moro fecero si che rimanesse
disgraziatamente colpito dai proiettili da me esplosi".
Anche Rocco Palombo confessa di
essere stato l’autore delle ferite di coltello ricevute dal Moro dicendo
"Chiamato mentre mi trovavo a bere nell’osteria di Ulderico Anticoli,
Sotto la Loggia, accorsi in quella di Peppe Iorio dove trovai mio figlio
Giacomo alle prese con il Moro. Vedendo mio figlio in pericolo tirai fuori
un coltello e menai all’impazzata dei colpi al Moro".
Bonomo Vittorio Pio, invece, si
protesta innocente negando di avere comunque partecipato al ferimento del
Moro col quale era venuto a diverbio perché questi gli aveva detto "Tu sei
un traditore" e gli aveva chiesto di pagargli un litro di vino, richiesta
che il Bonomo negò. Aggiunge il Bonomo che quando il Moro si scagliò con
l’accetta su Giacomo Palombo egli scappò via.
Dall’escussione dei testimoni
presenti nell’osteria al momento dei fatti (Iorio Giuseppe, il
proprietario, Ferrari Giuseppe, Sarandrea Alfonso, Lombardi Filippo,
macellaio detto "Il Governo Vecchio", Iorio Giuseppe fu Filippo e Anelli
Maria) risulta che "Mentre Moro e Bonomo si azzuffavano dopo essersi dato
vicendevolmente del – traditore -, Giacomo Palombo esplose tre colpi di
rivoltella contro il Moro".
Tali testimonianze escludono,
quindi, totalmente la tesi della provocazione sostenuta da Giacomo. Così
come esclude la sua pretesa legittima difesa contro l’assalto con
l’accetta del Moro la testimonianza di Peppe di Nino il quale ebbe a
dichiarare che "La scure era rimasta abbandonata su un tavolo e non fu mai
brandita dal Moro contro il Palombo". Il risentimento di costui (Palombo)
fu, inoltre, rivelato dai testimoni Rosa Lucarini e Bravo Ernesto che lo
avevano sentito dire "Voglio dare sei palle al petto al Moro se non
pagherà mia moglie!". Inoltre Caterina Bonomo testimoniò di aver visto
uscire dall’osteria il Moro sanguinante che gridava "Mi avete ammazzato" e
i due Palombo che imprecavano contro il ferito dicendo "Ti vuoi mangiare
il sangue nostro, brutto … che sei". Da altre testimonianze (Bonomo
Agrippina) è rimasto accertato che Giacomo era assai alterato da troppo
vino bevuto mentre solo la bambina Anelli Maria, figlia naturale del
ferito, seduta su un gradino fuori dalla porta dell’osteria, ha
testimoniato che Bonomo Pio inferse un colpo di coltello al Moro.
PER TUTTI QUESTI MOTIVI
IL TRIBUNALE DICHIARA
Gli imputati Palombo Giacomo e
Palombo Rocco colpevoli di lesioni personali volontarie in offesa di Moro
Domenico, l’imputato Bonomo Vittorio Pio colpevole del reato di aver posto
le mani addosso all’offeso, con i benefici del vizio parziale di mente per
semiubriachezza volontaria in favore di Palombo Giacomo, le attenuanti
generiche in favore di Palombo Rocco e l’aggravante dell’arma per
entrambi, e dichiara altresì colpevoli i detti Palombo: il primo di porto
abusivo di rivoltella e il secondo di porto abusivo di coltello e perciò
CONDANNA
Palombo Giacomo alla complessiva
pena di anni due, mesi 8 e giorni 15 di reclusione e a lire 72 di pena
pecuniaria;
Palombo Rocco a mesi 17 e giorni
20 di reclusione;
Bonomo Pio a mesi 2 e giorni 15 di
reclusione:
Condanna inoltre il Bonomo ai
danni liquidati definitivamente in lire 100 alla parte civile, Moro
Domenico, e i due Palombo ai danni verso lo stesso Moro da liquidarsi in
separata sede fissando intanto una liberanza provvisoria di lire 300 in
conto dei danni dovuti da essi.
ASSOLVE
Moro Domenico dall’accusa di porto
abusivo di accetta in base alla testimonianza di Iorio Antonio e Destazio
Rosa che confermarono che il Moro portava quel giorno l’accetta e gli
altri ferri del mestiere perché si era recato a costruire un cancelletto
di legno in un suo fondo.
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