Villa Violenta, cronache giudiziarie santostefanesi tra '800 ed inizio '900 - Rubrica a cura di Ernesto Petrilli
 

PALOMBO ROCCO - D’AMICO ARCANGELO

14 ottobre 1882

In nome di sua Maestà

Umberto I

Per grazia di Dio e volontà della Nazione

Re d’Italia

Il Pretore del Mandamento di Ceccano ha proferito in data 7 dicembre 1882 la seguente

SENTENZA

Nella causa penale del Pubblico Ministero rinviata dal Giudice Istruttore

CONTRO

Palombo Rocco fu Giovanni Battista di anni 38, nato e domiciliato in Villa S. Stefano;

D’Amico Arcangelo fu Celestino, nato in Alfedena, domiciliato in Villa S. Stefano, muratore

IMPUTATI

Il primo di percosse volontarie a danno di D’Amico Arcangelo, guarite in giorni 18;

il secondo di impugnatura di coltello ed ingiurie pubbliche a danno del Palombo. Reati avvenuti lì 14 ottobre 1882 in Villa S. Stefano.

In esito all’odierno dibattimento, sentiti nelle sue orali conclusioni il Pubblico Ministero e l’imputato, anche a mezzo del difensore, nelle proprie discolpe avendo avuto per ultimo la parola

     CONSIDERANDO in fatto come il D’Amico si rivolgesse contro il Palombo perché venuto a diverbio nella sera del 14 passato ottobre nell’osteria del primo in Villa S. Stefano, venisse il D’Amico percosso con pugni e con un calcio nella mano sinistra che provocò una risipola traumatica (tumore infiammatorio della pelle) guarita in giorni 18 con eguale incapacità di lavoro. Alla sua volta di quanto il Palombo contro il D’Amico per averlo ingiuriato in pubblico dubitando della sua onestà e di aver impugnato un coltello contro di lui nelle stesse circostanze di luogo e di tempo.

     CONSIDERANDO che dall’odierno dibattimento è emerso dai testi Leo Salvatore, Bonomo Giuseppe e Bravo Ernesto, come il Palombo ne avesse ad irrogare (a dare) al D’Amico alcuni pugni nelle spalle e nella testa e un calcio nel braccio, per il che concludeva la di lui Difesa che non poteva essere responsabile della risipola sopraggiunta al braccio che non fu toccato, risipola che fu causata dall’essere egli caduto nella via appena uscito dall’osteria.

     CONSIDERANDO che il D’Amico non nega di essere caduto nella via come venne assodato dai testi Iorio Achille e Lombardi Filippo che lo videro cadere, ma ritiene causa della risipola le violenze ricevute dal Palombo. In questo caso però non potendosi avere alcuna convinzione certa che la lesione che produsse la risipola debba attribuirsi alle percosse sulle spalle e sulla testa o piuttosto alla caduta si deve, nel dubbio favorire la parte del prevenuto (imputato) e ridursi la sua responsabilità a semplici percosse senza malattia ed impedimento al lavoro.

     CONSIDERANDO che l’avere il D’Amico più volte ripetuto al Palombo che egli era debitore solo di 3 fogliette (quarto di litro di vino), con ciò sia non dovesse diffidare di lui, né vi sono gli estremi di una pubblica ingiuria

 

DICHIARA

Essere colpevole Rocco Palombo di semplici percosse e non già di ferimento volontario e lo condanna a lire 50 d’ammenda ed alle spese del relativo procedimento.

Assolve il D’Amico dalle imputazioni di pubbliche ingiurie e di impugnatura d’arma per non essere stata trovata alcuna reità.

 

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