In nome di sua Maestà Vittorio Emanuele II Per grazia di Dio e volontà della Nazione Re d’Italia UDIENZA DEL GIORNO 4 FEBBRAIO 1874 NELLA CAUSA CONTRO Palombo Rocco fu Giovanbattista di anni 28, nato e domiciliato in Villa S. Stefano, libero IMPUTATO
UDITE le risultanze del dibattimento; UDITE le conclusioni orali del Pubblico Ministero; SENTITI il giudicabile ed il difensore che ultimi hanno avuto la parola; RITENUTO che dalla lettura dei verbali dell’Autorità Militare e dei R.R. Carabinieri di Villa S. Stefano, da quella delle perizie fisiche dai certificati e dalla udizione dei querelanti e testimoni fatte nel pubblico dibattimento e dalle parziali ammissioni del giudicabile: sono risultati i fatti seguenti: Rocco Palombo nel giorno 11 novembre 1873 percuoteva senza alcun motivo il proprio zio Alfonso Palombo nella piazza dell’Olmo di Villa S. Stefano ed essendogli caduta la cravatta fu questa raccolta da Bonaventura Venditti il quale, per questo atto cortese, fu da Palombo ingiuriato e minacciato con un coltello. Non avendo né l’Alfonso Palombo né il Bonaventura Venditti sporto querela per le offese ricevute, questi reati comuni di azione privata, sfuggono alla cognizione della giustizia. Il Sindaco di Villa S. Stefano, signor Celestino Bonomo, che trovavasi nella piazza ebbe il lodevole pensiero di riprendere con buoni modi il Palombo per il suo riprovevole agire e consigliarlo a ritirarsi in casa. Il Palombo però in luogo di obbedire alle sagge ammonizioni del Sindaco brandì contro di lui il coltello gridando che voleva bucargli la pancia talchè quel funzionario dovette salvarsi colla fuga, accompagnato dalle grida minacciose ed insultanti del Palombo che lo chiamava "infame, ladro delle pubbliche sostanze, manutengolo dei briganti". In seguito di questi fatti fu ordinato alla Guardia Nazionale di mettersi sulle tracce del Palombo onde arrestarlo, ma questi, fattosi sulla gradinata interna della casa, come vide appressarsi i militi Moro e Bonomo cominciò ad insultarli con parole villane, né pago di ciò, scagliò contro i medesimi delle pietre che non li colpirono, ma che offesero invece Antonia Tambucci la quale riportava una contusione sul capo e due ferite alla bocca, offese che le produssero incapacità di lavoro per 7 giorni. CONSIDERANDO che il Sindaco fu certamente oltraggiato in tale sua qualifica essendo ciò dimostrato dalle contumelie stesse che gli dirigeva il Palombo le quali alludevano, appunto, all’esercizio delle funzioni amministrative ed a quelle di polizia giudiziaria. CONSIDERANDO che mentre non può dubitarsi che il Palombo commettesse ribellione con evidenza e vie di fatto contro gli agenti della Forza legittimamente incaricati di un pubblico servizio è evidente che commetteva queste onde impedire il proprio arresto. CONSIDERANDO che sebbene un solo testimonio deponga dello scaglio dei sassi fatto da Palombo, tuttavia il convincimento della di lui responsabilità sorge spontaneo ove si rifletta che nessun altro in quella circostanza era in contesa colla Guardia Nazionale, ed aveva quindi motivo di offenderla, ed anche perché i sassi partivano dal punto dove l’inquisito erasi portato; CONSIDERANDO che avuto riguardo allo stato di ebbrezza in cui si trovava l’imputato, si ravvisa equo ammettere a suo favore il beneficio di circostanze attenuanti. PER QUESTI MOTIVI Visti gli articoli 247, 251, 258, 259, 267, 634 C.P. DICHIARA Rocco Palombo colpevole:
Lo condanna inoltre alla rifrazione (risarcimento) dei danni verso la Tambucci ed alle spese del procedimento in favore dell’Erario Nazionale.
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31.5.11
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