Villa Violenta, cronache giudiziarie santostefanesi tra '800 ed inizio '900 - Rubrica a cura di Ernesto Petrilli
 

ROCCO PALOMBO

13 maggio 1890

IN NOME DI SUA MAESTA’

UMBERTO I

PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTA’ DELLA NAZIONE

RE D’ITALIA

Il Pretore del Mandamento di Ceccano, avvocato Giulio Monteverde ha pronunciato la seguente sentenza nella causa fiscale promossa dal Pubblico Ministero contro Palombo Rocco fu Giovanbattista di anni 47 nato e domiciliato a Villa S. Stefano

IMPUTATO

di avere il giorno 13 maggio in Villa S. Stefano asportato (portato) un fucile, senza la debita licenza.

In esito all’odierno dibattimento, sentito il P.M. nelle sue conclusioni orali e l’imputato con il suo difensore che ultimi ebbero la parola;

RITENUTO che è risultato come nel giorno 13 maggio 1890 Palombo Rocco asportava in Villa S. Stefano un fucile senza essere munito di licenza. Per questo fatto è stato denunciato a questa Pretura.

ATTESO CHE è evidente che l’imputato si è reso responsabile della contravvenzione di cui all’articolo 464 C.P., che tale responsabilità viene ricusata per lettera rilasciata all’imputato dal facente funzione di Sindaco Don Baldassarre Perlini giacché fosse pure che il sindaco lo avesse autorizzato a portare il fucile, è certo che nel momento in cui fu visto entro S. Stefano non stava a fare la verifica del bestiame, a parte poi che dalla nota de R.R. Carabinieri risulta che il Sindaco non avesse concessa al Palombo alcuna autorizzazione, il che induce a ritenere che la lettera del Perlini possa essere fatta posteriormente al solo scopo di favorire l’imputato e a questa convinzione si può giungere quando si consideri lo stato deplorevole in cui si trova la popolazione di Villa S. Stefano in cui avviene che un Lorenzo Bravo pur valendosi di un diritto che gli accordi la legge ed agevolando in tal modo il compito della giustizia per ragioni di partito, si fa a denunziare il Palombo per ragioni di partito e ne viene di conseguenza che dal partito opposto, a cui appartiene il detto Don Baldassarre Perlini, si cerchi di salvarlo.

Epperò si crede di doversi applicare al Palombo la pena di lire 150 di ammenda oltre la condanna alle spese del dibattimento.

 

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