LA MADONNA DELLO SPIRITO SANTO TRA STORIA E DEVOZIONE
La storia del Santuario della Madonna dello Spirito Santo è storia per sommi capi già nota; tramandata in buona parte dal "Ragguaglio" di Giacinto Popolla del 1821 ripreso dal libretto di Don Luigi Falconi del 1959 e dalla tradizione orale, conserva tratti poco noti e nebulosi. Lo scopo di questa rivisitazione è quello di approfondirne e favorirne la conoscenza; e ci è sembrato giusto partecipare i risultati di alcune ricerche compiute negli ultimi tempi sull’argomento, che gettano un po’ di luce sulle nostre tradizioni, che sono anche tradizioni di fede e di devozione: infatti nei documenti si fa spesso riferimento al "devoto popolo santostefanese". Noi cercheremo di darne una rilettura in chiave critica. Inoltre è auspicabile che il restauro del Tempio e una maggiore conoscenza della sua storia sia di stimolo ad una nuova coscienza e ad un rinnovato fervore. Senza di ciò resterebbero un puro e semplice fenomeno materiale. Punto di partenza della vicenda è la cosiddetta apparizione della Madonna: "...Nell’anno 1721: col risanare istantaneamente un zoppo nella seconda festa di Pasqua di Resurrezione, si manifestò l’Imagine di Maria Vergine col Figliuolo fra le braccia, detta dello Spirito Santo: la cappelletta esistente circa mezzo miglio lontano dalla Terra di S. Stefano era quasi del tutto ricoperta di spine, ed il Lunedì di Pasqua sud.a in ciascun anno; prima di tale istantaneo miracolo; da qualche devoto venivano recise all’occasione passava la Processione per andare a visitare la Chiesa rurale di S. Giovanni Battista più oltre altro mezzo miglio: Fermavansi tutti, ed il Clero recitava il Regina Coeli, e niente più; qui notisi, che l’Imagine dello Spirito Santo veniva custodita dalla volticina al di dentro, e quella della B. V. Maria rimaneva fuori soggetta a rigore de’ tempi ...". E’ chiaro quindi dalla descrizione che l’immagine esisteva già prima del fatto prodigioso, e l’espressione "si manifestò" è da intendersi non nel senso in cui la usa il Popolla che comparve, ma che manifestò la sua opera, ossia che fece il miracolo. Prova ne è che il clero recitava davanti alla cuona una preghiera mariana. Fatto ancor più importante, è che da ciò ne deriva che la stessa intitolazione non può essere spiegata semplicisticamente, come fa il Popolla, con l’attribuzione alla Madonna da parte dei primi fedeli accorsi del nome della contrada o della cuona. In realtà essa, a guardar bene, sottende un origine ed un significato ben preciso che proviene dalla tradizione biblica e patristica secondo la quale la relazione tra Maria e lo Spirito Santo si può sintetizzare nell’evento dell’incarnazione: Maria sposa dello Spirito Santo è madre del Verbo e quindi madre nostra.
Il dubbio, tutt’al più può sussistere su aspetti minori: venne prima il cieco nato o lo zoppo? I miracoli comunque secondo il racconto continuarono. Ed aggiungendo un pizzico di fede umana, riguardando alcuni degli eventi prodigiosi riportati, direttamente dei paesani notoriamente affetti da infermità gravi, possiamo pensare veramente ad interventi soprannaturali. Nè tantomeno il notaio incaricato, Biagio Carlone, all’epoca molto avanzato in età, è pensabile che avesse rogato atti basati su fatti inconsistenti. Il 21 aprile così si esprime il Consiglio Comunale: "...è noto a tutti che la beatissima Vergine dello Spirito Santo giornalmente hà fatti e fa gratie a qualunque persona che devotamente e con zelo la supplica e prega e corsa la voce di tal fatto alla giornata vi concorrono de forastieri et ognuno procura lasciare a quella madre santissima per carità quel poco si puole et acciò non vadino a male e nissuno possa pregiudicarsi la coscienza si è risoluto esse carità destinarvi un custode con un depositario acciò sia ben custodita quella Vergine Santissima, e dal depositario ben ritenute le carità che se li faranno ... dichiarano per custodi il Sig.r D. Marc’Antonio Petroni et il sig.r D. Antonio Oliverio per due assistenti N° Biasio Carlone e Giuseppe Tambuccio ... per sopra intendenti Sig.r Passio e Gio’ Batta Testa depositario di tutte le carità ... e siano dal Popolo ubbediti ...". In seguito si addiviene alla decisione di costruire una nuova chiesa e si attivano tutte le pratiche necessarie : il 7 maggio 1724 viene iniziata la costruzione. Ma ben presto iniziano difficoltà ed ostacoli; sobillato dai propri amministratori il principe tenta di impadronirsi della gestione della fabbrica della nuova chiesa e del controllo dei fondi con i quali viene finanziata la costruzione : "... Rispetto alla costruzzione della nuova chiesa ... parerebbe doversi far fare a conto di S.E. ... per togliere ogni temerata ben nota presunzione del vescovo e suoi aderenti quali sono generalmente li ministri della Comunità ... e però è necessario ... deputare assistente e soprintendente in questa fabrica soggetti indipendenti dal vescovo ...". In questi primi decenni del ‘700, periodo preilluministico e anticuriale, a livello locale si assisteva ad un equilibrio precario e conflittuale tra potere religioso rappresentato dal vescovo e potere signorile detenuto dal principe. Dopo circa nove anni, il 14 maggio 1733, giorno dell’Ascensione la chiesa viene finalmente benedetta da Mons.Borgia, vescovo di Ferentino, che in quell’occasione ordina sacerdote D. Pietro Paolo Pelloni di Vico.
"La chiesa ... confina a Levante la strada publica che conduce propriamente alla fontana del Rivo ... a Tramontana la strada publica che conduce alla chiesa di SanGian Batta ... a Ponente con un orticino spettante alla stessa chiesa per comodo ed uso dell’eremita ... La facciata stabilita, sotto il cornicione vi è la finestra con vetrata sotto la quale, e sopra la porta una nicchia con l’imagine uniforme di Maria SS.ma con Gesù Bambino A lati della porta maggiore due basse finestre senza vetrate, e con le respettive ferrate, e scuri di legno. ... Detta chiesa è fatta a volta, e a capo di essa un mezzo muro, cioè che prende la mettà quasi dell’altezza della chiesa, con un altare di materia ... ornato con quattro colonne, e angeli quattro tutto lavoro di stucco, nel di cui mezzo, e dentro una nicchia vi si venera la Gran Madre di Dio Sposa dello Spirito Santo ... Si custodisce al davanti con una vetrata di cristallo di diversi pezzi, al di fuori una tendina di seta rossa, o color rubino, che si tira su con cordoni di seta, e che resta attaccata in una tavoletta scorniciata, e dorata sotto una corona di stucco incastrata, la qual corona viene con garbo sostenuta da due angeli delli sopra indicati ... A laterali dell’altare vi sono due porte di legno una per parte ... sopra di esse porte vi sono due nicchiette ovate da collocar statue ... Entrate in una delle due porte, e vi trovate al coretto, e sagrestia insieme ...
Descrizione originale: "Situata nella detta muraglia isolata, e solo appoggiata a laterali, dentro una nicchia, o sfondo di circa un palmo; ... La pittura si scorge essere molto antica, e già dipinta nel muro ... Rappresenta questa a mezza vita la Beatissima Vergine Maria dello Spirito Santo: è posta in prospettiva, e par che stia a sedere: Le vestimenta di color caffè: Il manto color celeste coprendogli quasi mezza fronte, dove vi è una crocetta, gli scende giù dalla testa, che con garbo resta con esso quasi tutta coperta: Una stella quasi sulla spalla destra si vede dipinta sul detto manto: Il Pargoletto Gesù con una veste color Leonato sedendo a sinistra nel Grembo Materno vien sostenuto da Maria SS.ma sua Madre col sinistro braccio, che poggia a mezze spalle del Figlio, e colla destra quasi sulle sagre ginocchia: il Pargoletto Gesù stende il destro verso il castissimo petto della Madre, con le due ultime dita, cioè auricolare e annulare socchiuse, e le altre in atto di benedire, e col volto voltato, e guardando il Cielo: il sinistro braccio steso giù in ver le ginocchia, che con la mano tiene un libretto trà aperto: Gli volti delle sagre imagini di Gesù, Maria si veggono ornati con una circonferenza di luce, e al presente si veggono coronati con corone adattate di Argento ...". Come si vede una descrizione ben diversa dall’attuale. Fu sicuramente il restauro degli anni ’60 dell’800 che portò ai cambiamenti principali dell’aspetto delle immagini: la nota foto di Pompeo Leo del 1905 mostra i corpi delle figure coperti da un abitino forse satinato, e gli occhi strabici del Bambino Gesù: è documentato che il crollo del cappellone dell’800 danneggiò l’altare e quindi la sacra immagine. Quella attuale mostra che è scomparso il braccio sinistro della Vergine descritto, e un diverso volto del bambino, frutto di un successivo rimaneggiamento. L’immagine nel suo complesso in ogni caso mostra una derivazione bizantina, con caratteristiche miste del tipo Nicopeia e Blachernitisa; è evidente la notevole somiglianza con la "Salus populi Romani" della Cappella Borghesiana di S. Maria Maggiore di Roma, ma anche con la pittura della chiesa parrocchiale di Lenola e con la Salus infirmorum della chiesa dei PP Cappuccini di Taranto fatta dipingere insieme ad altre copie da san Francesco Borgia terzo generale dei Gesuiti nel ‘500. Si nota il ricorrente tema della salute, rimarcato nel nostro caso dalle innumerevoli grazie segnalate in tutti i tempi, e dai numerosissimi ex voto. Alla Madonna dello Spirito Santo vi erano gli eremiti. Essi erano uomini devoti, a volte anche con moglie e figli, che decidevano di vivere in solitudine, nel nostro caso a custodia della chiesa, sostenendosi con la questua, le offerte della chiesa e le elemosine. Alloggiavano nei locali retrostanti alla chiesa: il Romitorio. Costruito in epoca imprecisata, ma certamente nei primi tempi, questo era composto in origine da un pian terreno e un primo piano, fino a quando nel 1876 vi fu fatto aggiungere un altro piano da mastro Arcangelo D’Amico, "per farvi dimorare comodamente due religiosi, uno sacerdote e l’altro laico". Ci sono stati tramandati i nomi di alcuni eremiti vissuti presso il santuario: Fra Francesco Modesti di Tivoli, morto nel 1761 a 80 anni, Giovanni Angelo de Jacobo, Giovanni Battista Galeotti, Pietro Masi, Leo Rodolfo; Rocco Masi, e Francesco Toppetta il quale nel 1825 "... come la Formica girando continuamente per questo territorio questuando per potersi sostentare unitamente alla moglie cieca, ed il figlio storpio, e dopo aver rimediato con l’elemosina ... quartelle sette di gran turco ... questo esattore comunale dal Cursore gli fece esecutare (ossia sequestrare) detto genere … per tassa focatica che questa Comune ha imposto all’Oratore ...". L’utilizzo dei locali del romitorio è continuato fino a tempi recenti, non con le caratteristiche dell’eremitismo ma con la figura del custode,che mantenendo il contatto semplice e quotidiano col visitatore e l’orante, ha permesso al Santuario di vivere. La chiesa, aggregata al Capitolo, veniva retta da un Priore, in genere un sacerdote o un civile del luogo, nominato dal vescovo di Ferentino o dal vicario foraneo,che durava in carica un anno e ne amministrava i beni e le rendite. Queste , grazie ai lasciti di persone devote, a fine ‘700 arrivavano a circa 47 scudi. Possedeva beni perfino in territorio di Terracina
Centenario e incoronazione ( 1821 ) Siamo nel 1820. Avvicinandosi la ricorrenza del centenario, il Consiglio Comunale di S. Stefano, con la presenza del deputato ecclesiastico, l’arciprete Fiocco, si riunisce e delibera all’unanimità il rifacimento della strada che conduce al Santuario e al Rivo, "troppo necessaria" perchè "impratticabilissima": si decide che essa dovrà essere larga almeno dodici palmi, che il materiale sarà fornito dal popolo e la manodopera a spese del Comune. Dopo aver ottenuto le prescritte autorizzazioni, viene effettuata la gara, ed il 26 dello stesso mese il lavoro viene affidato ad un certo Pasquale Valentini, miglior offerente che accetta per 15 baiocchi a canna quadrata. Non sappiamo come e perchè, ma i lavori vennero poi effettuati da Giuseppe Buzzolini, maestranza locale. Il 13 dicembre dello stesso anno si riunisce nuovamente il Consiglio che decreta la celebrazione del Centenario "con tutta la pompa e solennità", e la stampa dei 221 miracoli della Vergine, decidendo di chiedere al Vescovo un contributo alle spese da parte dei Luoghi Pii di S. Stefano. Nel frattempo sia il Clero che l’amministrazione comunale si erano attivati per organizzare la parte più propriamente religiosa dei festeggiamenti: fu fatta domanda, per il tramite del Vescovo, al Capitolo della Basilica Vaticana per l’incoronazione, che fu ottenuta il 26 agosto 1821, insieme all’indulgenza plenaria di otto giorni, mentre Pio VII, concedeva l’altare privilegiato perpetuo. Giova qui ricordare che il rito dell’incoronazione delle immagini sacre, in uso anche presso gli orientali, è stato fondato con un legato dal Conte Alessandro Pallavicini Sforza al Capitolo Vaticano affinchè fossero coronate le immagini più celebri e miracolose della Madonna. I festeggiamenti ci furono, e a detta dei presenti furono grandiosi:durarono dieci giorni, e furono spese molte decine di scudi. Unica nota stonata Domenico Ferrari che aveva sparato i fuochi artificiali dovette aspettare più di tre anni per il pagamento dei 5 scudi e mezzo che gli spettavano di compenso. "9 Settembre 1821 ... alle ore quattordici vi è giunto Monsignor Vescovo ... Gaudenzio Patrignani ... il quale è stato ricevuto colla maggior decenza dal Clero, e Magistrato ... dopo che ... ha devotamente orato innanzi la S.Immagine della B.V. dello Spirito Santo ... delegato dal R.mo Capitolo della Basilica Vaticana ... tenendo nelle mani due corone di oro a stelle e gigli formate ... rivolto al Sig.e Luigi Lucarini e Giacinto Popolla ... ad essi ha parlato : "... di perpetuamente custodire e conservare esse corone nella situazione , e luogo , che da noi verranno collocate. Richieggo adunque la vostra promessa ...". Allora i nominati Signori , Priore e Vice Governatore ... hanno giurato e promesso. ...".
Intorno al 1864, a circa 130 anni dalla ultimazione della costruzione, si verificò a causa della corrosione del trave maggiore, il crollo del tetto del Cappellone, con danno dell’altare e della immagine della Madonna. La chiesa si ridusse in abbandono. L’amministrazione dei Luoghi Pii fu costretta a riscuotere dal Monte di Pietà in Roma, £ 1075, ed a chiedere al Comune 6 alberi della macchia, per provvedere ai lavori di restauro. Vennero fatti venire da Supino e Prossedi i mastri Passarelli e Gentili, maestranze specializzate per ricostruire il Cappellone. Come Dio volle, finalmente nel 1872 la Chiesa viene reinaugurata e riaperta al culto con grande festa: fu fatta intervenire la Banda Musicale di Roccagorga, furono fatti innalzare palloni aerostatici, e sparare fuochi artificiali.
Annessione al Demanio e vendita dei beni Dopo il compimento dell’unità d’Italia, nel 1873, anche al Lazio furono estese le leggi cosiddette eversive, in base alle quali gli enti religiosi, con l’eccezione delle parrochie, venivano soppressi e i loro beni devoluti al Demanio dello Stato. Nonostante la fiera resistenza di Don Baldassarre Perlini, che ebbe un ruolo di primo piano nel tentare di impedire il dissolvimento delle istituzioni religiose di Villa S. Stefano, anche la Chiesa della Madonna dello Spirito Santo subì la soppressione e l’incameramento dei beni con verbali del 20 novembre 1877 e del 10 dicembre 1881. Successivamente, il 10 giugno 1890 parte di questi furono riacquistati dal Demanio da Luigi Popolla.
Più note sono le vicende principali del Santuario nel XX° secolo.. Dopo la feste per la seconda incoronazione centenaria del 1921, nel 1938, il 16 agosto viene rubato "l’oro alla madonna"; molto si disse al riguardo, e molti credettero di poter individuare in questo o in quello i possibili autori materiali del furto. I carabinieri il giorno dopo, 17 agosto stilarono un rapporto contro ignoti. Quel che è certo è che al momento stesso del furto, mentre si apprestava ad uscire la processione del Protettore S.Rocco vi fu un fulmine a ciel sereno. Dal racconto di Don Mario, parroco di Castro dei Volsci appresi tempo fa che quel fulmine si abbattè sulla chiesa di Santa Oliva, e fu tale l’intensità della scarica che i tre concelebranti, che indossavano paramenti intessuti di fili di metallo prezioso furono scaraventati a terra di colpo. A emenda del sacrilegio, il 21 settembre fu ripetuto il rito della incoronazione, con la partecipazione straordinaria del Cardinale Domenico Jorio. Nuovamente nell’agosto del 1959 vi fu un altro furto delle corone e di ex voto, e per ultimo alcuni anni fa.
Ricordano i più anziani di pratiche devozionali in parte sopravvissute fino ai nostri giorni. Il mese di Maggio: di buon mattino messa, comunione e benedizione. La cara immagine restava scoperta per tutto il mese. E per tutto il mese proseguiva il pellegrinaggio di fedeli al Santuario; non vi era ora del giorno che non vi fossero più persone prostrate. Alla fine del mese la messa con comunione generale, preghiera di consacrazione dei cuori e chiusura della S.Icona. Devozione all’olio della lampada della madonna: fin dai primi tempi quasi sempre i prodigi erano associati all’unzione con l’olio della lampada, che tutt’ora si alimenta con l’olio fornito da pie persone. Infine segno tangibile di venerazione la celebrazione di riti, soprattutto di matrimoni al Santuario.
Dr. Vincenzo Tranelli (luglio 2005)
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Don Luigi Falconi ---> Santuario della Madonna dello Spirito Santo
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