Alla
conquista dell’Italia Nordorientale. Riprendono le presentazioni e
di convegni sul libro rivelazione dell’inverno 2007/2008. |
A
TRIESTE, GIANCARLO BONOMO PRESENTA "VALCENTO" DI GIANCARLO PAVAT |
Sabato 16 febbraio 2008 ore 18,30 al Caffè San
Marco |
Dopo i successi di Villa Santo Stefano, Ferentino ed
Anagni e la pausa Natalizia, riprendono le presentazioni del libro "Valcento.
Gli Ordini monastico-cavallereschi nel Lazio meridionale" di
Giancarlo Pavat, con la prefazione di Alessandra Leo,
Edizioni Belvedere di Latina.
Questa
volta l’occasione e la sede è di assoluto prestigio. Si tratta dello
storico e celebre Caffè San Marco di Trieste.
L’idea di presentare nel capoluogo giuliano, il libro,
che solo apparentemente sembra trattare di storia locale, è venuta a
Giancarlo Bonomo. Conosciuto dai fruitori del nostro sito e dai
santostefanesi. Ma soprattutto critico d’arte ed organizzatore di
eventi culturali di successo proprio a Trieste. Oltre ad essere consulente
e direttore artistico del Salone d’Arte Contemporanea di Trieste.
Giancarlo Bonomo è nato nel 1962 a Udine. Di madre
friulana e padre santostefanese. Dopo gli studi superiori, nel 1986 rileva
la gestione di un’agenzia di servizi fotografici e produzioni video
televisive che opera nel campo della moda e del teatro, collaborando anche
alla realizzazione di scenografie per festival musicali ed eventi
culturali. Inizia il suo percorso di formazione artistica nel campo delle
arti figurative, con viaggi di studio nei luoghi simbolo della tradizione
italiana ed europea. Nel 1995 consegue l’abilitazione professionale in
disegno artistico con specializzazione in strutture architettoniche,
paesaggio ed anatomia artistica, ottenendo il punteggio di 27/30. Nel 1996
fonda a Trieste il
Movimento Arte Intuitiva, un
collettivo di ricerca interattiva delle umane espressività, di cui oggi ne
è il presidente. In campo letterario, cura la divulgazione di libri di
prosa e poesia di autori contemporanei, firmando
numerose
recensioni. Ad oggi, ha partecipato ad oltre cinquecento eventi artistici
e letterari, ed ha tenuto diverse conferenze di storia dell’arte antica e
moderna, nonché di teosofia e cosmologia. Ha iniziato la sua attività
professionale nel campo della fotografia, dove si è distinto per ingegno e
fantasia. Attività che è stata un cimento propedeutico assai prezioso, in
quanto ha affinato le sue capacità analitiche. La passione artistica,
alimentata dall’esperienza precedente, è culminata nella specializzazione
di Master in Critica e Storia dell’Arte. È stata l’apoteosi professionale.
Infatti, ha saputo farsi apprezzare per sapienza e talento conquistando
uno spazio di rilievo nell’ambiente dell’Arte. I contatti con colleghi di
fama internazionale, quali, ad esempio, Vittorio Sgarbi, testimoniano
perfettamente, perspicacia, dimensione culturale di livello superiore e
l’elevato valore raggiunto nella sua splendida e fulgida carriera.
Giancarlo Bonomo, pur non avendo mai dimenticato le
proprie origini ancestrali santostefanesi, è un triestino a tutti gli
effetti, vive e lavora nella splendida città asburgica, e forse proprio
questa particolarità ha permesso il verificarsi di uno di quei strani
giochi o intrecci del destino. Che sembrano frutto del caso, ma forse
rientrano in un disegno più vasto che la nostra pochezza di esseri umani
non è in grado di decifrare. L’incontro con le opere letterarie di un
altro triestino doc, ma da anni trasferitosi per motivi di lavoro nel
Lazio e più precisamente proprio a Villa Santo Stefano, Giancarlo Pavat.
Giancarlo Bonomo, dal momento che ha letto il libro
dell’altro Giancarlo (di cui conosceva già gli scritti e gli articoli
giornalistici), rilevandone l’elevato valore culturale, non ha smesso un
attimo di pensare (e di convincere l’autore) a presentare "Valcento" anche
nella città natale.
I Simboli, tutti i simboli, aldilà del significato
contingente che vi viene attribuito, hanno anche una valenza universale.
Sono presenti nella memoria storica dell’intera Umanità. A tutte le
latitudini ed in tutti i continenti. Pertanto, ha ritenuto Bonomo, un
libro come "Valcento" che tratta, è vero, delle vicende degli antichi
Ordini monastico-cavallereschi nel Lazio meridionale, ma attraverso
l’aspetto inedito delle simbologie rinvenute, poteva benissimo proporsi
anche ad una platea diversa da quella laziale che ha tributato in questi
mesi un indiscusso successo al volume.
Inoltre, siccome Giancarlo Bonomo è un vero
intellettuale artista e professionista degli eventi culturali, per "Valcento"
non poteva scegliere una qualsiasi sala convegni, per quanto elegante e
famosa potesse essere.
Non solo ha voluto inserirlo in una sorta di convegno
proprio sulle simbologie, ma, a Trieste, per il libro di un triestino, che
si inserisce nella lunga scia di autori, poeti, ricercatori della città
con l’Alabarda, ha scelto il meglio per la manifestazione.
Ovvero
il prestigioso Caffè San Marco, insignito dell’onorificenza di "Locale
Storico d’Italia". Uno dei ritrovi più antichi della città. Come il Tommaseo, il Caffè degli Specchi, il Tergesteo, la Stella Polare e la
Pasticceria Pirona, solo per citare i più famosi a livello internazionale.
Il centenario Caffè San Marco, sorto per volontà del
patriota istriano Marco Lovrinivich, nel lontano 1914. Divenuto subito
un punto di ritrovo per intellettuali, scrittori, patrioti italiani, che
aspiravano al ricongiungimento di Trieste all’Italia, all’epoca principale
ed importantissimo porto dell’immenso Impero Austro-Ungarico. Il 23 maggio
del 1915, alla vigilia dell’entrata in guerra dell’Italia contro
l’Austria, il locale su assalito da militari austriaci e devastato.
Passata la furia del Primo e poi del Secondo Conflitto
Mondiale, il Caffè San Marco è tornato ad essere un punto di riferimento
culturale per la città. Non solo per le specialità enogastronomiche che
vengono proposte ai triestini ed ai turisti, ma soprattutto per le
iniziative culturali di diverso genere che vi trovano ideale ed eminente
cornice.
Dopotutto basta scorrere l’elenco di alcuni dei suoi
clienti affezionati, artisti, poeti, scrittori del calibro di James Joyce,
Italo Svevo, Umberto Saba, Giani Stuparich, Virgilio Giotti e Claudio
Magris; per comprendere come, sedersi agli eleganti tavoli di marmo e
ghisa, o appoggiarsi al bancone in legno scuro di un tempo, ammirare
l’arredamento in stile "Secessione Viennese", con le specchiere e gli
affreschi originali, assaggiare un dolce tipico triestino o mitteleuropeo,
sorbire un caffè servito come solo a Trieste sanno fare, non è come
frequentare un normale locale, bensì significa immergersi in una atmosfera
che sintetizza mirabilmente una secolare storia cittadina, fatta
soprattutto di libertà di pensiero, tolleranza, vastità di orizzonti
culturali.
Ala luce di tutto ciò, è comprensibile l’emozione che
sta vivendo il nostro Giancarlo Pavat. Che sta per sfatare il detto
evangelico "Nemo Profeta Patria". Certamente non capita tutti i giorni
poter presentare un libro nella propria città natale, da dove si manca da
svariati anni, in un ambiente prestigioso come quello del Caffè San Marco.
Inoltre non sarà solo. Sembra che alcuni santostefanesi e personaggi
prestigiosi della cultura delle nostre parti seguiranno il nostro
Giancarlo Pavat, nella trasferta culturale, lassù dove soffia la Bora e si
infrangono le ultime onde dell’Adriatico.
L'invito è rivolto a tutti, ma proprio tutti i nostri
visitatori! E in bocca al lupo!
30 gennaio 2008
Il libro "Valcento. Gli Ordini
monastico-cavallereschi nel Lazio meridionale", non è certamente
un episodio a se stante nella "carriera" di appassionato ricercatore
storico. Da anni Giancarlo Pavat si occupa delle tematiche
che sono diventate oggetto del suo libro di successo. In particolar
modo le vicende e di misteri (o supposti tali) relativi ai Cavalieri
Templari. Ricerche che, prima ancora di essere focalizzate nella
vallata del fiume Amaseno nel Basso Lazio e nelle località vicine,
vennero svolte anche nella sua città d’origine ed in tutto il
territorio circostante.
Trieste,
l’altopiano carsico, la Regione Friuli - Venezia Giulia,
ospitano numerosi siti appartenuti ai Cavalieri del Valcento o ad
essi attribuiti. Queste località sono state oggetto di diversi
scritti di Pavat. Alcuni pubblicati, altri no. In particolare è
rimasto inedito un articolo scritto su uno dei siti Templari, forse
più affascinanti del Carso. Quello di Corniale, a pochi
chilometri da Trieste. Oggi chiamato Lokev e facente parte
della Repubblica di Slovena
In vista della presentazione di "Valcento"
nel capoluogo giuliano, ci è sembrato interessante e di sicuro
gradimento per i nostri navigatori e lettori, pubblicare questo
articolo; facendo così una sorpresa anche allo stesso autore.
La prima stesura del pezzo risale
addirittura al 1999. Poi venne rivisto altre volte, sempre a seguito
di sopralluoghi ed ulteriori ricerche in archivi e biblioteche. La
versione che pubblichiamo è quella scritta nel maggio del 2002 e
dedicata alla Vittime degli Attentati Terroristici dell’11 Settembre
2001.
Lo scorso giugno, Giancarlo Pavat
si è recato nuovamente presso il sito di Corniale, per altre
ricerche. Nell’articolo si parla del Confine Italo-sloveno. Che oggi
non esiste più. Essendo entrata la piccola repubblica slava nella
cosiddetta "Area Schengen", che permette la libera circolazione dei
cittadini europei da uno stata all’altro senza il controllo dei
passaporti.
I TEMPLARI SUL CARSO
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LA CAPPELLA GOTICA DI CORNIALE (O CORGNALE) |
di Giancarlo Pavat |
Il vento impetuoso delle
Crociate si è ormai placato da secoli ma un ultimo refolo,
spinto magari dalla Bora, si è come pietrificato
sull’altipiano Carsico.
A pochi chilometri a
nord-est di Trieste, nella Venezia-Giulia,
appena oltrepassato l’attuale confine Italo-Sloveno (Valico
di Basovizza-Lipiza) si incontra il villaggio di
Corniale (oggi comune di Lokev). L’amena località
custodisce la vestigia meglio conservata della presenza dei
Cavalieri Templari sul Carso, nella Venezia–Giulia e
nell’Istria.
Trattasi di una piccola
Cappella Gotica risalente al XII secolo, che sorge
al centro del paese, nei pressi della Parrocchiale di San
Michele del 1613 e della Torre di Guardia o
Tabor del XV secolo.
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1 La
Cappella Templare |
2
L'occhio di Dio sull'ingresso della Parrocchiale di San
Michele |
3
Ingresso della Cappella Templare con la misteriosa
iscrizione |
4
Misteriosa Croce su stipite arcata edificio rurale nel
paese di Colludrozza (Prov di Trieste) |
Il villaggio di Corniale
(o Corniàl, come veniva chiamato all’epoca, in dialetto
Triestino) fu, dal X secolo, feudo dei Vescovi di Trieste,
vassalli del Patriarcato di Aquileia, che lo concessero
ai Conti di Gorizia, a loro volta legati da vincoli di
vassallaggio.
È sconosciuta sia la data di
insediamento dei Cavalieri del Valcento sul Carso sia
quella dell’edificazione della Cappella. Non sono
giunti sino a noi documenti che ci permettano di fare luce su
questo enigma. Lo stile dell’edificio sacro risale al XII
secolo, ma ad una data più precisa si può giungere soltanto
per ragionamento ed attraverso ipotesi.
Sappiamo che l’Ordine
Templare fu fondato attorno al 1118, in Terrasanta,
ad opera di Ugo de Paynes, ma solo con il
Concilio di Troyes, del 1129, fu riconosciuto
ufficialmente dalla Chiesa di Roma. Da quel momento, i
Templari cominciarono a ricevere donazioni di terre, fattorie,
castelli e feudi da tutta Europa. I primi insediamenti in
Italia, di cui si ha notizia, risalgono al tardo autunno del
1134, con la fondazione delle "magioni" di Milano e di Ivrea.
La potenza e la fama
dell’Ordine aumentò ulteriormente dopo la pubblicazione della
Bolla Papale "Omne Datum Optimum", del 1139, con la quale
Innocenzo II, non solo lodò ed approvò apertamente ed
incondizionatamente gli scopi e le attività dell’Ordine ma
concesse determinati privilegi che faranno da volano alla sua
espansione. I Cavalieri dovevano rendere conto delle loro
azioni soltanto al pontefice e non potevano essere vassalli di
nessuno, laico o ecclesiastico che fosse. Avevano le proprie
chiese ed i propri ministri di culto senza subire alcuna
influenza dei vescovi territoriali.
Quindi, ritornando a
Corniale, i "Poveri Cavalieri di Cristo" non possono aver
ricevuto la terra ed eretto la Cappella, prima del
1134, se non addirittura dopo la Bolla di Papa Innocenzo II.
Si è detto che il territorio
di Corniale era in mano ai Conti di Gorizia,
feudatari dei Vescovi Triestini e dei Patriarchi Aquileiesi,
pertanto fu sicuramente uno di questi tre "potentati" ad
effettuare la donazione ai Templari.
Ma che cosa venne donato
esattamente? Risulta che nel villaggio ci fosse un castello
(o, più probabilmente una torre circondata da un muro che
racchiudeva alcuni edifici di servizio),che, è stato accertato
con sicurezza per i motivi che spiegheremo più avanti, sorgeva
vicinissimo alla Cappella.
Difficile credere che, a
Corniale, i Cavalieri dalla croce patente rossa ed il
mantello bianco non possedessero anche una "magione"
o "mansio". Non dimentichiamo che il
villaggio si trovava, e si trova, in un importante punto
nevralgico, sulla strada che, da Trieste e dal mare ,
porta nell’entroterra carsico. Ed i Templari hanno sempre
preferito possedere località esiziali dal punto di vista delle
comunicazioni e da quello economico e strategico.
Sappiamo però, che circa un
secolo dopo, nel 1234, il Castello (o Torre) di Corniale
apparteneva al Conte Mainardo III (+ 1258) di Gorizia.
Il castello è citato in un coevo documento veneziano ove però
non si fa menzione della Cappella Gotica.
Anche se l’Ordine Templare
possedeva beni sparsi a macchia di leopardo in tutta la
Cristianità, non è immaginabile una sorta di "coabitazione"
tra questi ed i Conti Goriziani.
I Cavalieri non dipendevano
da nessuno ed erano orgogliosi della forza del proprio Ordine.
Erano quella che oggi si direbbe una potenza a livello
mondiale, mentre i Conti di Gorizia erano una "potenza
regionale".
Forse Corniale e la
Cappella Gotica furono scambiati dai Templari con altri
possedimenti, pratica costantemente attuata, soprattutto in
Francia, che permise di concentrare varie proprietà e
renderle più remunerative collegandole territorialmente. Siano
o no andate così le cose, è ovvio che, al momento del crollo
dell’Ordine, annientato nel 1307 da Filippo Il Bello Re di
Francia con la complicità del Pontefice francese
Clemente V (1305-1314), la Cappella venne acquisita dai
Conti di Gorizia.
Si torna a parlare di
Corniale nel 1463, durante la guerra tra Venezia e
Trieste, quando il Doge Cristoforo Moro (1462-1471)
ordinò la conquista del "Castello", che all’epoca apparteneva
al Conte di Gorizia Leonardo I° alleato, appunto, di
Trieste.
Il Castello di Corniale
cadde il 25 febbraio, ad opera delle truppe Istro-veneziane
comandate dal capitano Capodistriano Sante De Gavardo,
che ordinò di raderlo al suolo.
La Cappella Gotica
fu, evidentemente, risparmiata nonostante si trovasse a
pochissima distanza dalla piazzaforte goriziana. Infatti,
sebbene oggi non esista alcuna traccia dell’antico castello,
conosciamo la sua posizione in quanto, nel 1485, a causa della
minaccia Ottomana, i Veneziani eressero proprio sulle sue
fondamenta la Torre di Guardia o Tabor, che
ancora oggi è visibile e visitabile ed è stata adibita ad un
interessante Museo Militare.
Oggi la Cappella Gotica
si presenta protetta dalla mole della Parrocchiale di San
Michele, sorta, come abbiamo visto nel XVII secolo. Ben
conservata ed ancora consacrata, nell’interno spoglio ed
austero ospita soltanto un altare del secolo scorso.
Interessante la bifora del lato nord e la breve scalinata
d’accesso inclinata a causa del cedimento del terreno.
Che la Cappella Gotica
sia sopravvissuta ai secoli e, soprattutto, alla bufera che,
al termine della Seconda Guerra Mondiale, si è abbattuta su
quelle terre con le stragi delle Foibe e la cessione
dell’Istria e di parte della Venezia-Giulia alla Yugoslavia
della dittatura di Tito, è un vero miracolo, forse dovuto
all’impalpabile presenza dello spirito di quei Cavalieri che,
dal XI al XIV secolo, vagarono, instancabili, per l’Europa ed
il Mediterraneo all’inseguimento di un ideale di fede e di
civiltà. |
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