Sia la biografia che la bibliografia di Arturo Jorio sono sicuramente già noti a coloro familiari con il nostro sito internet di Villa Santo Stefano. Ne riprendo qui i lineamenti essenziali, sperando di aggiungere qualche spunto più personale alla narrativa che scrisse di suo pugno per la sua pagina elettronica. Nato nel 1919 da Emilio e Teresa Petrilli, Arturo frequentava il ginnasio in collegio a Roma quando, diciassettenne, decise di raggiungere il padre negli Stati Uniti. Come tanti emigrati italiani prima di lui, sbarcò in vista della Statua della Libertà, e stabilitosi a Syracuse nello stato di New York, intraprese i soliti lavori di fabbrica offerti ad emigranti. Portato agli studi fin da giovane, Arturo alternava il lavoro giornaliero con le scuole serali con l’intenzione di completare i corsi necessari per l’ammissione all’università. Ancora cittadino italiano, cercò di arruolarsi in vari servizi dell’arma statunitense agli inizi della seconda guerra mondiale, ma non vi riuscì per causa della nazionalità straniera. Fu infine arruolato dall’esercito e, da militare, divenne cittadino degli Stati Uniti nel 1943. Congedato nel 1945, in seguito al sevizio nelle isole del Pacifico, approffitò dell’assistenza economica offerta dal governo tramite la GI Bill per iscriversi alla Syracuse University, dalla quale si laureò con un Bachelor of Arts conferito magna cum laude in scienze politiche nel 1948. Sposatosi lo stesso anno ad Anna Gigantelli, partecipò con successo al primo concorso nazionale per la prestigiosa borsa di studio Fulbright, la quale gli permise di proseguire gli studi all’Università di Roma. Trascorso un’anno in Italia, tornò alla Syracuse University dove conseguì la laurea di Masters of Arts con una tesi su Giordano Bruno nel 1952. Terminati gli studi, Arturo trovò impiego prima presso il governo federale a Washington, D.C, venendo poi assunto dalla Johns Hopkins University per assistere nell’apertura di un Centro di Studi Politici Internazionali da stabilirsi a Bologna. Tornato finalmente in Italia nel 1955 con la giovane famiglia, divenne poi Vice Direttore della Johns Hopkins Bologna Center, e nel 1962, in riconoscenza del suo lavoro accademico, gli fu concessa l’onoreficenza di Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana dal Presidente Segni. Fu allora, che gli si presentarono due nuove offerte di lavoro una a Milano presso l’ENI e l’altra presso il Dipartimento di Difesa statunitense. Volendo assicurasi che i figli Arthur, Paul, ed Adriana, fino ad allora iscritti a scuole elementari italiane, imparassero bene l’inglese decise di tornare negli Stati Uniti. Stabilitosi nello stato della Virginia, nel giro di pochi anni passò al Dipartimento di Stato, dal quale fu trasferito all’Ambasciata degli Stati Uniti a Roma, dove fece parte del corpo diplomatico dal 1966 fino al 1974. Con la fine del servizio diplomatico a Roma, cominciò una lunga pensione durante la quale potè finalmente dedicarsi a tempo pieno alle sue passioni accademiche. Tornato di nuovo negli Stati Uniti, questa volta per accudire ai desideri dell’amata moglie, diede inizio ad una lunga serie di studi dedicati alla storia e cultura linguistica del paese natale. In seguito alla pubblicazione di Villa Santo Stefano, Storia di un Paese del Basso Lazio, si cimentò nello sciogliere i nodi linguistici del vernacolo locale nel Lessico Paesano, e completò quello che soleva chiamare la sua trilogia con Amasena Tellus. Benchè non parlò mai delle sue esperienze di guerra, rimase sempre affascinato dalla vita nelle isole del Pacifico, tantosì che oltre agli studi paesani scrisse anche un romanzo tuttora inedito titolato Under the Southern Cross (Sotto la Costellazione della Croce del Sud). Tornò spesso a Villa Santo Stefano durante il pensionato, finchè la salute della moglie gli impedì di viaggiare. Fu in quegli anni che scoprì con grande piacere il sito internet di Villa Santo Stefano, dal quale sono da tempo accessibili i suoi scritti storico-letterari paesani. Nonostante gli ostacoli che gli presentava di continuo il computer, fu proprio questo strumento che gli permise di rimanere in contatto col paese natale e di perseguire i tanti interessi che continuò a nutrire. Chi conobbe Arturo Jorio lo ricorderà certamente come persona colta, ma chi lo conobbe bene lo ricorderà ancora di più come amante della vita. Sempre lieto, specialmente in compagnia, si dilettava tanto con la musica quanto col cucinare ed il mangiar bene accompagnato da un buon bicchiere di vino. Sempre rispettoso e disposto a dare generosamente di se stesso per gli altri, era veramente quello che gli inglesi chiamano "a gentleman and a scholar" (un galantuomo ed uno studioso). Arthr Jr., Paul e Adriana Iorio da: "La Voce di Villa" - Notiziario a cura dell'Amministrazione Comunale di Villa Santo Stefano febb. 2006
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