Charles W. Van Scoyoc Sottotenente dell'U.S. Army di Marco Felici Nel giugno del 2004 giunse alla redazione del nostro sito una email proveniente dagli Stati Uniti, il mittente Wayne Van Scoyoc, dopo aver letto le vicende di Alfonso Felici, chiedeva incuriosito se fosse stato possibile far luce sugli eventi che portarono alla scomparsa dello zio, caduto in combattimento in Italia durante l'ultimo conflitto. Come già accaduto in altre occasioni, immediatamente, con entusiasmo si tentarono le difficili ricerche che lentamente tassello dopo tassello avrebbero portato dopo più di un anno a delineare le vicende legate al giovane Sottotenente Charles W. Van Scoyoc. Per chi si avvicinasse oggi alla sua lapide nel Cimitero Militare di Nettuno dove egli riposa, potrebbe apprendere che apparteneva al 7° Reggimento fanteria della 3° Divisione e che perse la vita il lontano 4 Marzo 1944. La data è determinante per comprendere una delle fasi cruciali della Campagna d'Italia che porterà alla liberazione delle nostre terre da parte degli Angloamericani.
Siamo all'inizio dell'anno e dopo un promettente successo dovuto allo sbarco del 22 Gennaio ad Anzio la progressiva avanzata degli Alleati subisce un momentaneo arresto nei pressi di Cisterna dove le truppe tedesche riorganizzatesi sferrarono una sanguinosa controffensiva.
La tenace resistenza germanica si concentrò essenzialmente nell'area tra Ponte Rotto e Isolabella e culminò con una decisa manovra la notte del 4 Marzo, la cronaca esatta di quelle ore è documentata dal resoconto ufficiale dell'archivio dell'US Army : "…Il settore relativo al fianco destro vicino alle compagnie L e B ricevette un attacco alle 9.35 p.m. preparato da fuoco d'artiglieria … Il nemico si è infiltrato attraverso le nostre linee occupando le case in prossimità del reticolato 988.307 … Duri combattimenti hanno riportato le nostre pattuglie sulla linea 050600A eliminando ogni resistenza … Un cannone da 37mm vicino al reticolato 988.30 è stato distrutto dalla fanteria nemica … Il genio ha proceduto alla creazione di un cratere per limitare l'area di accesso …".
Questo episodio insieme ad altri di pari drammaticità avrebbe condotto in meno di quattro settimane alla liberazione del Lazio, tuttavia la relativa breve durata dei combattimenti non testimonia la durezza di quei giorni e le tragiche esperienze che avrebbero dovuto subire le popolazioni civili. Le truppe liberatrici seguirono precise direttrici di
marcia per avvicinarsi alla Capitale, una di queste raggiunse i paesi che
si stendono lungo la valle dell'Amaseno, spingendosi quasi fino Villa
Santo Stefano. I più anziani ricordano come, dopo il conflitto e prima della sua ricostruzione, per transitare sul vicino ponte di Prossedi si usasse la notte fare servizio di vigilanza con l'uso di lampade a petrolio per evitare che i pochi automezzi dell'epoca finissero nell'acqua. Viceversa il ponte delle Mole non venne mai minato in quanto la sua struttura allora molto precaria fu considerata inadatta, secondo i tedeschi, al transito di mezzi pesanti, quindi risparmiato. Sappiamo invece come esso risultasse importante per il controllo dell'intera valle, infatti ogni notte era luogo d'incontro delle diverse pattuglie di Amaseno, Prossedi e Villa S. Stefano che si riunivano in quel punto strategico a precisi orari per stilare il loro rapporto di servizio con le eventuali novità.
nov. 2005 |
agg. marzo.2008
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