MEMORIE SUL PERIODO DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE VISSUTA A VILLA SANTO STEFANO
di Primo Toppetta (nato a Villa il 28-5-1926)
Un giorno, se non erro verso la fine del 1943, eravamo in piazza Umberto l° una ventina di ragazzi a giocare a pallone. Ad un tratto provenienti da Amaseno arrivarono due camion tedeschi, sui parafanghi c'erano delle sentinelle armate e dai cassoni coperti si affacciavano delle persone che gridavano:"scappate è un rastrellamento delle SS per portarvi a Cassino".
Mentre le macchine rallentavano noi scappammo verso il fossato con i militari che intanto ci sparavano dietro, allora, l'attuale monumento ai caduti non c'era, ed era tutto uno scivolone di terra fino al sottostante fossato.
Io e i miei cugini Renato e Alfiero Tambucci andammo a finire al fosso "delle strette" e da li proseguimmo per il "Macchione" ove a quel tempo non vi erano case vere e proprie, ma solo una specie di capanne con una base circolare di muri a secco e i tetti di paglia ("stramma”).
Qui trascorremmo molti giorni di autunno spesso braccati dai tedeschi come briganti.Intanto nella retata furono presi Luigi Anticoli, Aldo Anticoli ancora ragazzo ed Eugenio Bono prelevato a casa sua mentre stava mangiando.
Queste persone il lunedì venivano portate a Cassino a fare trincee e fortificazioni ed il sabato riportate a casa. Tutto questo durò poco più di un mese anche perché un po' alla volta riuscirono a fuggire.
Questi rastrellamenti, a Villa S. Stefano non si erano mai verificati, la gente viveva tranquilla perché sulla zona detta "la vigna" ove ci sono le case popolari allora c'era un ospedale militare tedesco impiantato lì da mesi, tanto che alcune persone del paese ci lavoravano.
Nella nostra casa di via Roma 9 c'era il comando tedesco situato al primo piano mentre al piano terra c'era un ambulatorio dentistico militare, quindi in questo periodo di rastrellamenti a casa mi ci potevo avvicinare poco.
Dal "Macchione" dopo un po' fummo costretti a scendere in paese, sia perché faceva molto freddo e sia perché scarseggiavano i viveri. In paese i nostri nascondigli erano le soffitte a cui si accedeva tramite una botola e una scala a pioli, una volta su si tirava su la scala e sul coperchio della botola si mettevano dei sacchi come pesi, ognitanto le donne provvedevano a portarci da mangiare, ma sempre con molta cautela.
Anche qui decidemmo di andare via e andammo in una casetta in mezzo ad un uliveto di proprietà di Cimaroli Annita. Era composta di un’unica stanza al piano terra, qui ci "trovammo in circa una dozzina e dovemmo organizzarci in turni di guardia e scendevamo in paese solo con il favore del buio ed unicamente per rimediare le provviste.
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