Villa Santo Stefano fu occupata la mattina del 28 maggio 1944 e se ben ricordo era di domenica. La notte precedente avevo dormito a casa su di una rete metallica, nella stanza dove prima lavorava come meccanico dentista il mio amico Paul, ricordo che quella notte spesso mi svegliai per il rumore assordante che facevano i bombardieri americani. La mattina seguente, appena mi alzai, presi il pane e le vivande che ero venuto a prendere per portarle al nostro rifugio e arrivai fino all'imbocco della piazza. Per strada si incontravano solo jeep con soldati alleati e in piazza vidi un solo paesano che usciva velocemente da una casa per entrare subito dopo in un'altra, era un certo Ermete Leggerini. Nel frattempo cominciarono ad arrivare i primi carri americani e io decisi di tornare subito indietro fin sul nostro ricovero.
Nel terreno di fronte la strada che imboccava il cimitero e sotto le querce vicino la fontana delle "fontanelle" c'erano dei cannoni che sparavano continuamente e quando andarono via, noi recuperammo molti bossoli di ottone, che poi vendemmo ricavandoci diversi soldi. La moneta corrente, subito dopo I'occupazione, veniva chiamata am-lire e ovunque in giro si trovavano nastri di munizioni per mitragliatrice, taniche di benzina, e sacchi e sacchi di polvere da lancio in forma di piccoli cannolicchi neri, che io usavo come propellente per far volare in aria dei barattoli e mia madre per accendere il fuoco. Tutta la zona delle nostre montagne era invasa da truppe marocchine a cavallo e così come nei paesi che avevano incontrato prima queste truppe si macchiarono di ogni nefandezza nei confronti di civili. Non appena la notizia si diffuse tutti rientrarono in paese e molti marocchini furono anche sommariamente uccisi dai soldati americani disgustati da tanta barbarie. Un giorno mentre eravamo su nel nostro ricovero si fermarono due soldati marocchini a cavallo e sulla sella del cavallo portavano appesi polli vivi, vino e una pecora, in quel momento scendeva dalla montagna dove aveva dei cavalli al pascolo Augusto Bonomo ed uno di questi soldati a cavallo gli offrì del vino in un recipiente che loro non sapevano essere un vaso da notte. Augusto conoscendo l'uso che si fa del recipiente e vedendolo così sporco tanto da essere ormai di color marrone, si rifiutò di bere. ma i marocchini si offesero e gli puntarono i fucili addosso costringendolo a bere mentre uno di loro ridendo tagliava con una sciabolata la testa di una gallina viva e incominciò a mangiarla sputando dalla bocca insanguinata le penne. In serata tornammo anche noi in paese ed è inutile descrivere lo stato in cui lo trovammo, con le strade tutte scavate, quelle strade non asfaltate ma ricoperte di breccia bianca che certo non avvezze a tutto il traffico di mezzi pesanti che avevano dovuto subire erano ora ricoperte di un’impalpabile polvere bianca che si posava su ogni dove. Nei giorni immediatamente successivi I'occupazione, io ed altri giovani andavamo dentro la macchia dove gli americani avevano la sussistenza, noi potevamo così scambiare fiaschi di vino con cioccolata, sigarette e am-lire. Le sigarette in particolar modo abbondavano e le più comuni erano le Luky Strike, Camel e Chesterfield. Tutto ciò durò qualche mese fino a che tutto tornò pian piano alla normalità e noi cominciavamo anche ad imparare i nuovi balli venuti con gli americani. Ricordo che in quel periodo a Napoli grande base di sbarco delle truppe americane. nacque una canzone che se ben rammento diceva: Tu ti ricordi quando a primavera noi passavamo insieme la sera e tra bacetti e scherzi originali tu ti fumavi (e mie nazionali ma ora da quando son giunti gli alleati le nazionali non le fumi più. La scatoletta di carne conservata, la caramella la cioccolata. Tu non conosci ancora l'armistìzio e ti sei buttata proprio a precipizio. Ma te ne accorgerai allor tra nove mesi allora cara non dirai thank you;mamma ti griderà il bebé sarà un cinese un bianco un canarino, sarà un americano o un inglesino, meglio ancora un marocchino, mamma dimmi chi è il papà etc..
9/9 torna alla pag.1
|