Una folla immensa, una processione lunghissima che si è snodata tra le vie, i vicoli, le piazze del paese. Un evento moderno ma al contempo antichissimo. La Festa del Patrono San Rocco e de "La Panarda". Almeno sin dal 1601, come dimostra l'inedito documento scoperto e presentato dal Dott. Vincenzo Tranelli al recentissimo convegno su "La Panarda". Una Fede ed una devozione ferme come la roccia, che i santostefanese perpetuano attraverso i secoli. Un mix splendido ed indimenticabile di Sacro e profano. Di Sagra paesana e di arcaici riti connaturati con l'essenza stessa di una Comunità, di un Popolo. Chi scrive non è di queste parti, ma lo è diventato, piano piano, con rispetto verso le tradizioni più genuine di una Terra. Ebbene, una delle prime cose che ha appreso è che, ai santostefanesi, potete toccare tutto ma non San Rocco e "La Panarda". Persino il rischio maltempo non è riuscito a fermarli. Per ben due volte, scure nubi hanno tentato di rovinare la Processione e la Festa. Ma se la Fede può spostare le montagne , volete che non possa allontanare un temporale? La Fede o San Rocco, che poi sono al stessa cosa. Ed è ciò che hanno subito pensato ed esternato i più anziani. San Rocco poteva forse permettere che un banale temporale estivo mandasse all'aria mesi e mesi di lavoro, fatica, impegno, notti insonni dei membri del Comitato Festeggiamenti e di tutti coloro che hanno partecipato e dato una mano. Per non parlare della delusione e scoramento che avrebbe colto i fedeli ed i semplici turisti ed appassionati, che da un anno attendevano quel momento. Ovviamente no. Ed il minaccioso temporale è stato fugato come gli incubi più oscuri si dissolvono al mattino. Le rutilanti luminarie si sono spente, la sirena della torre del Comune è riecheggiata nella vallata e mentre la Statua del Santo appariva sul sagrato della Chiesa di San Sebastiano, il cielo si è squarciato, illuminato a giorno dal fantasmagorico spettacolo pirotecnico. Galassie che si scontravano, esplodevano, giganteschi e coloratissimi fiori, cascate scintillanti, stelle cadenti e comete hanno costretto migliaia di persone con il naso all'insù, rapite, catturate, estasiate di fronte ad un simile spettacolo. Liberatorio e meritato il fragoroso applauso che ha sentenziato la riuscita dello show. Seguito da un altrettanto stentoreo "Viva San Rocco". Salito sino al cielo, alla montagna, su cui vegliavano i volontari della neo costituita Protezione Civile, sino ai paesi limitrofi. Ognuno ha il proprio santo, la propria festa, le proprie tradizioni, ma poche, pochissime si possono paragonare a quelle di Villa Santo Stefano. Di "Panarde" in giro per l’Italia ce ne sono tante; in Abruzzo, in Molise, persino della nostra Regione, ma soltanto quella di Villa Santo Stefano, che prende il nome dalla famosa minestra di ceci, preparata secondo una antica ricetta, che in tanti hanno cercato di imitare ma senza successo, e che viene servita proprio il giorno di San Rocco, ha saputo mantenere intatta quella aura magica. Quel senso di appartenenza, a cui si accennava all'inizio, di un popolo intero ad una Comunità ed alle proprie radici, al proprio Patrono, da invocare nei momenti difficili della vita. Le due lunghissime giornate di Festa del 15 e 16 agosto, sono iniziate al mattino presto. Santostefanesi e turisti sono stati svegliati dai tradizionali botti, e poi si sono recati tutti a Messa ed in Processione a seguire la venerata Immagine dell’Assunta in Cielo, compatrona del paese. La sera, dopo la Messa Solenne, l’intera popolazione con in testa il parroco Don Pawel, il Sindaco Enrica Iorio, autorità civili, Gonfaloni ed amministratori dei comuni di Amaseno, Giuliano di Roma, Prossedi, Priverno, Roccasecca dei Volsci, Sgurgola, Vico nel Lazio, della Provincia di Frosinone e della XXI Comunità Montana, si è recata davanti alla Chiesa di S Sebastiano. Gli incollatori, avvolti nei tipici mantelli da pellegrino, hanno prelevato la statua, e, al termine della Processione, San Rocco è entrato nella Parrocchiale di Santa Maria Assunta in Cielo. Dove ha ricevuto ancor all'omaggio della folla dei fedeli. Nel frattempo, in piazza Umberto I, mentre artisti di strada e la Banda Comunale diretta dal maestro Luigi Bartolini, intrattenevano il pubblico, "servitori e maestri di mensa" hanno allestito 40 enormi "callare" in rame, due in più dello scorso anno, e vi hanno messo a cuocere i ceci. Amorevolmente vegliati per tutta la notte e all’alba, insaporiti con sale, pepe, rosmarino e olio di oliva locale. Ma prima dell’accensione simbolica della prima "callara" da parte del Sindaco Enrica Iorio, avvenuta sulle note dell’Inno a San Rocco eseguito dalla Banda Musicale, in cui quest'anno hanno debuttato molti piccoli e giovani musicisti, "i Panardari" hanno voluto rendere omaggio all’indimenticabile Domenico Toppetta, "maestro di mensa" per tantissimi anni, che ci ha lasciato recentemente. Consegnando una targa ricordo con la sua foto, alla figlia Angela, visibilmente commossa. Un modo semplice ma significativo per ricordarlo e ringraziarlo ancora per tutto quanto ha fatto nel corso della sua vita per la Festa di San Rocco e de "La Panarda". Ma statene certi che c'era anche lui, anche questa volta al fianco degli altri "Panardari". Al mattino nuvoloni bianchi hanno preso a solcare il cielo azzurro, mentre scortati dalla Banda Musicale, dalle Autorità e dai cittadini, tra due ali di colleghi schierati, i "Panardari" Francesco Iorio e Luca Bonomo, mentre risuonavano "La Leggenda del Piave"e l’Inno di Mameli, hanno deposto di una corona d’alloro presso il Monumento, in memoria di tutti i santostefanesi caduti per la Patria. Ma il momento culminante è stato quando la statua di S Rocco, seguita da migliaia di fedeli, eternando un antichissimo rito a cui i santostefanesi sono profondamente e spiritualmente legati, è giunta nella piazza, già gremita. Qui, dopo la "Benedizione dei ceci" de "La Panarda", si è svolto il devozionale "passaggio", inchinati, sotto la "macchina" del Santo. E poi, via, con i "Panardari" che sfrecciavano attraverso il paese per consegnare, casa per casa, i ceci ed i pani dentro le caratteristiche "pignatte" di coccio. E molti occhi si sono inumiditi nel sentire chiamare le varie famiglie, con i nomi o soprannomi di persone care da tempo scomparse. Un modo per farle sentire ancora vicine e partecipi alla festa. Il Tempo, che scorre impietoso ed inesorabile, ha cancellato tradizioni, culti, riti, manifestazioni ben più famose ed appartenenti a Popoli o Nazioni celebri e potenti, di un paesino quasi dimenticato nella vallata del fiume Amaseno. Villa Santo Stefano, appunto. Oppure, in altri casi, tradizioni legate a ricorrenze religiose o devozionali, hanno smarrito per sempre quei tratti tipici, peculiari. Che le contraddistinguevano dalle altre. Diventando semplicemente una Festa, una sagra, una gigantesca abbuffata. "La Panarda" no! E' sopravvissuta. E tutto ciò dovrebbe far riflettere su quanto è importante che "La Panarda" di Villa Santo Stefano, continui ad esistere così come è, e come la vogliono gli stessi santostefanesi. E' questo il compito che ci attende tutti, santostefanesi "doc" e, come si suol dire, "d'adozione". E' un appello che va lanciato soprattutto ai più giovani. "Fare in modo che le generazioni future possano ancora gridare "Viva San Rocco", vegliare un notte intera attorno alle "callare", vedere i "panardari" sfrecciare tra le viuzze del paese ed attenderli a casa per poi assaggiare con devozione i ceci benedetti".
Foto e Testi di Giancarlo Pavat
7 settembre 2008 |
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