da "FIGHTING PAISANO" di ALFONSO FELICI Parte III 6 |
"Est Est Est" |
Nei momenti di pausa il primo sergente Presnell mi usava come "cercatore" di uova, polli, porcellini e verdure trovate nelle tenute di qualche agricoltore, che scambiavamo con sigarette, zucchero, burro e cioccolato, molto ricercate dai fumatori e casalinghe. Da Bolsena arrivammo a Montefìascone. Questa cittadina è famosa perché qui il cardinale tedesco Defunk scoprì il vino "Est Est Est". Egli dovendo raggiungere Roma per il conclave per eleggere il nuovo papa, mandava il suo segretario sempre avanti e questi ad ogni taverna dove c'era del buon vino scriveva, con il gesso, Est. Arrivato a Montefìascone dove il vino era il "non plus ultra", il segretario scrisse Est Est Est. Il goloso cardinale ne bevve così tanto, per una settimana intera, che ne morì. Si racconta che lasciò un testamento, nel quale chiese che fosse versato un bel barile di quel vino sulla sua tomba nell'anniversario della sua morte. I cittadini di Montefìascone esaudirono questo desiderio. Potete immaginare l'euforia dei soldati americani quando raccontai loro questa storia. Ne bevvero a sazietà e ad ogni persona che incontravano dicevano: "Est Est Est". Da Montefìascone arrivammo ad Acquapendente. I tedeschi avevano già fatto saltare i ponti e la strada era talmente danneggiata che c'impediva di proseguire. Fummo costretti a passare per i campi e i boschi e ci accampammo in uno di questi. Durante la notte ci fu un allarme. I tedeschi si erano infiltrati nelle nostre linee. Ci fu un fuggì fuggì generale e nella notte andammo a San Lorenzo Nuovo. La mattina tutto tornò calmo e riuscimmo a ricacciare i tedeschi oltre le loro prime posizioni. Seguendo la marcia dietro le nostre fanterie arrivammo a Piancastagnaio, sotto il Monte Amiata a 1738 metri. Un giorno si presentò il Conte Pellegrini che invitò tutti gli ufficiali al suo castello in piazza. Io, come interprete, ebbi modo di partecipare a questo festino. Sul gran tavolo c'erano polli, salsicce, abbacchi, formaggi e buon vino. Alla fine della festa il Conte mi disse di riferire al colonnello Ellerson, comandante del battaglione, di nominarlo nuovo sindaco di Piancastagnaio, perché quello fascista era fuggito. Capimmo subito lo scopo di quel baccanale. Su un tavolo erano già pronte le carte da firmare. Il colonnello Ellerson mi fece fare la traduzione in inglese quello che era scritto su quei fogli, e il conte l'accettò di buon grado. Nel frattempo gli chiesi di farmi preparare un bel cesto di prodotti mangerecci per i miei amici. Mi disse che non vi erano problemi. Fece arrivare una vecchia macchina per scrivere e io compilai la traduzione. I documenti furono firmati anche da me, come voleva la procedura, e tutti facemmo un brindisi al nuovo sindaco. Prelevai il cesto dei prodotti, accompagnato da vino rosso e con Plummer, Philips, Vassello, Atkins, McGullough e Bennet quella sera, adagiati sotto la tenda, facemmo un'altra festa e così via fino al prossimo sindaco di un altro paese. La mattina dopo ci trasferimmo ad Abbadia San Salvatore e vi rimanemmo per otto giorni. Qui la vita era un po' più movimentata sia al fronte sia nella cittadina. Lì avevano eletto un sindaco di fede comunista, e gli americani erano un po' malvisti. Io e Geisendorfer eravamo riusciti a rimorchiare due ragazze: Lara F. e Neva B. La sera passavamo un po' di tempo nelle loro case, ma subito le malelingue iniziarono a dire che erano fidanzate con noi. Dopo qualche tempo mi chiamarono d'urgenza perché si era creato un problema. Alcuni soldati russi, ex prigionieri che avevano combattuto con i nostri partigiani, avevano occupato la caserma dei carabinieri. Qui doveva essere sistemato il comando della nostra Terza Brigata ed i russi non volevano andare via, spalleggiati dai partigiani locali che facevano resistenza. Arrivato sul posto con il maggiore Collins, dissi loro, in russo, che la caserma era stata requisita da noi, ma che dopo qualche giorno saremmo andati via e loro avrebbero potuto riprendersela. Un nostro caporale, intanto, era pronto con le sigarette che avevo già fatto preparare. Il Tovarish, capo dei russi, quando vide le sigarette gridò un "hurrà" di gioia e la cosa si risolse in un attimo, mentre i partigiani italiani masticarono male la cosa e li sentii mormorare: "Questi americani fanno sempre i loro comodi!". Ma intanto i ritratti di Lenin e Stalin furono tolti. Lasciammo Abbadia San Salvatore con molta tristezza ed io diedi un malinconico addio a Lara. Riprendemmo la nostra marcia e iniziammo una travolgente avanzata verso Campiglia, Montalcino, Murlo, Bagnaia, Santa Colomba, e Monteriggioni fino a Siena. Il 29 giugno venne l'ordine che l'Observation Battallion avrebbe dovuto cessare le operazioni belliche per spostarsi verso un'ignota destinazione nel sud. Dovetti abbandonare ancora una volta la Batteria "B" per andare a raggiungere la 88th Division. Dopo aver salutato gli amici raggiunsi la Compagnia "A" nelle vicinanze di San Miniato. A San Miniato trovai la 88th Infantry impegnata in una dura e cruenta battaglia. Là c'erano i segni delle più grandi atrocità dei nazisti. Case e strade erano state pesantemente minate e, mentre mettevano le mine, avevano legato e chiuso a chiave i civili nella chiesa affinchè non potessero avvisare gli americani. I tedeschi, dopo aver minato il paese, con due carri armati fecero fuoco sui civili. La strage fu indescrivibile. Spararono anche sui nostri soldati che, sul braccio e nell'elmetto, portavano il distintivo della Croce Rossa. I giorni di battaglia per me finirono a San Romano in provincia di Pisa. Contrassi la colite ed i medici mi mandarono a Roma in un ospedale situato in una caserma della Marina Italiana in Prati. Lo staff medico era eccellente e per la prima volta mi somministrarono la penicillina, appena uscita dai laboratori U.S.A. In quindici giorni guarii e mi fu concessa una licenza di due settimane, che trascorsi a Villa Santo Stefano con mia madre. Al paese trovai due miei amici d'infanzia che erano emigrati negli Stati Uniti ed ora combattevano in Italia nell'esercito americano. Questi erano Lorenzo De Filippi, "Mancinèlla" e Antonio Palombo, "Ricciòtto", che non vedevo da oltre quindici anni. Parlammo dei nostri giorni da ragazzacci ed ovviamente delle divisioni americane cui appartenevamo, circondati dai nostri amici che chiedevano sigarette americane. Finita la convalescenza tornai a Roma e mi presentai al quartiere Generale della Quinta Armata situato all'Hotel Excelsior, in Via Veneto. Mi presentai al maggiore Reynolds (ora tenente colonnello), dal cui ufficio dipendevo, per chiedergli se potevo rientrare al 88th Infantry. Questi però mi propose di andare a Napoli come interprete del C.I.C. (180) dell'Allied Governament headquartes. Il colonnello mi disse che era un lavoro riposante e chi in tutti quei mesi, il mio fisico aveva subito troppe emozioni e stress. Accettai senza troppo entusiasmo e partii per Napoli. Mi presentai al C.I.C. consegnando i miei documenti per insediarmi al nuovo posto di lavoro che consisteva nel tradurre quello che dicevano i ricattatori, i ladri, le prostitute, quelli del mercato nero ecc., che erano interrogati dal giudice militare. Mi ricordo che una prostituta mi promise parecchi soldi se le avessi presentato qualche giudice, del quale sarebbe diventata l'amante, in modo da evitare il processo. La prostituta portava a casa i soldati e i marinai americani, li faceva ubriacare e, dopo averli derubati, li faceva buttare in strada da servizievoli ruffiani. Le cose andavano abbastanza bene sebbene io fossi scoraggiato, ma presi le cose con filosofia tirando a campare. Avevo affittato un piccolo appartamento vicino Via Caracciolo che dividevo con Sergio Turrini, anch'egli del C.I.C., ed ero tranquillo. Qualche volta facevo una capatina a Villa Santo Stefano ed il tempo trascorreva sereno. Dopo le mie ore di lavoro passavo il tempo a chiacchierare con i soldati e i marinai americani; qualche volta li salvavo dai numerosi "scugnizzi" che cercavano di derubarli o imbrogliarli. Un pomeriggio mentre mi gustavo un gelato in Via Caracciolo, vidi i miei amici Hany Plummer e Frank Vassello che camminavano mezzi ubriachi con un paio di signorine. Non appena li chiamai corsero verso il mio tavolo e mandarono via le ragazze, che non accettarono troppo l'allontanamento. Mi dissero che erano accampati vicino ad Aversa, pronti ad andare in qualche missione ancora segreta. Fissammo un appuntamento per il pomeriggio così sarei andato a salutare gli amici all'accampamento. Fui festeggiato da tutti ma soprattutto da Lupo. Continuammo a passare le serate insieme a Napoli a Sorrento e qualche volta a Capri. Una sera il tenente Tietze mi disse che avevano ottenuto il mio trasferimento all'Observation Battallion e che avrei potuto seguirli nella prossima destinazione, che però era ancora ignota. Quindi non dovevo andare più a lavoro alla C.I.C., e dovevo attendere qualche giorno a casa l'arrivo di Geisendorfer e Vassello, che sarebbero venuti a prelevarmi. Il 16 agosto 1944, arrivarono Geisondorfer e Vassello con una jeep, mi caricarono e mi portarono ai moli di Bagnoli, una zona militarizzata dove sostavano centinaia di automezzi, cannoni, carri armati ed altro tipo di materiale bellico. La zona era chiamata "Nevada Staging Area". Ero contento di stare fra i miei compagni, ma notavo che non volevano che parlassi con gli ufficiali, eccetto che con il tenente Tietze. La cosa mi incuriosiva ma dopo un po' non ci feci più caso, dopotutto ero al mio plotone e tutto filava liscio. Pensavo che non volevano farmi vedere o parlare con gli ufficiali, perché la missione era tenuta in segreto, e allora mi feci i fatti miei. Il 18 agosto fummo equipaggiati e andammo a piedi a Pozzuoli, dove mi sembrò di rivivere lo sbarco di Anzio. Nell'attesa di essere imbarcati, notai un gruppo di soldati inglesi che attorniavano uno scugnizzo napoletano. Incuriosito mi accostai e vidi che lo avevano obbligato a mangiare, per punizione, tutta la marmellata di un grosso barattolo che lui aveva rubato. Chiamai i miei amici e feci vedere loro la tortura cui era sottoposto il ragazzo che, per la nausea, non riusciva più ad ingoiare la marmellata mentre gli inglesi si divertivano. Intervenimmo con autorità liberando il povero ragazzo che fuggì accusando i soldati inglesi di crudeltà.
Invasione e sbarco nella Francia del sud >>>
180. Centro Investigazioni Civili
|
© Copyright 2002 Alfonso Felici Tutti i diritti riservati SIAE n°0004670
via Pasquale del Giudice, 15
|
|
Parte III Arruolamento con i "commandos" americani | Ritorno in Italia | Lo sbarco di Anzio-Nettuno. | In forza alla 88th Infantry Division per la conquista di Roma. | A due passi da casa. | Est, Est, Est. | Invasione e sbarco nella Francia del sud. ! II riposo del guerriero. | Ritorno al fronte. | Eccomi Tokio! | Il sogno dell'America si avvera. | Ellis Island. |