Villa Santo Stefano ricorda… |
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Vogliamo raccontarvi le origini del servizio postale a Villa S. Stefano, della sede, delle persone che in essa lavorarono e che furono messaggeri delle vicende pubbliche e private che hanno segnato la storia della nostra comunità. Nei giorni che precedevano le feste di Natale, prima dell’affermarsi delle nuove tecniche della comunicazione (satellite, internet, sms, fax, e-mail, telefoni cellulari), tutti gli uffici postali erano sovraccarichi di lavoro per lo smistamento di un’enorme quantità di lettere, bigliettini d’auguri nonché cartoline colorate di atmosfera natalizia come quelle che esponeva Za’ Ssunta gl’ spacc’ . Da una nostra ricerca, abbiamo appreso che "…Fin dal 1600 la responsabilità del servizio postale era affidata, (in appalto) a Luogotenenti, Cancellieri, Mastri di Posta, Corrieri ordinari e Procaccia. Tra tutti, il Mastro di Posta assunse man mano un importanza sempre maggiore e resistendo nel tempo, fin all’avvento della Repubblica Italiana. Gestiva una Stazione di Posta e questa qualifica rappresentava un autentico segno di distinzione: era assegnata a un notabile del luogo, che in genere ricavava la stazione di posta all’interno della propria abitazione, con una entrata sulla strada principale …" (*). Queste modalità, relative all’affidamento del servizio, coincidono con quelle che ci ha descritto, la professoressa Maria Teresa Planera, raccontandoci di come, il suo bisnonno divenne, ricevitore postale e telegrafico di Villa S. Stefano: "Nel 1899, mio bisnonno, Amilcare Panfili, di professione "possidente", ottenne la nomina a "ricevitore postale e telegrafico" dopo aver versato una cauzione di lire 3.240 alla Cassa Depositi e Prestiti in quattro cartelle. Nel testamento redatto nel 1910, dopo aver nominato eredi universali i sei figli ed assegnato l’usufrutto alla moglie Ida Bonomi, affidava alla stessa la titolarità dell’Ufficio postale, affiancata da una delle figlie. Un mese dopo la morte del mio bisnonno, avvenuta nel giugno del 1911, la Direzione delle Poste e Telegrafi di Roma affiancava alla Titolare, come supplente, la primogenita, Filomena, di anni sedici, in via assolutamente eccezionale, dopo che il Casellario Giudiziale di Frosinone aveva certificato che Nulla Risultava e l’allora Sindaco di Villa, Filippo Bonomo, aveva attestato di proprio pugno, nel 1909, che la suddetta Filomena Ha serbato e serba tutt’ ora ottima condotta sotto ogni rapporto. Al compimento dei 18 anni, Filomena lasciava Villa per un posto di impiegata alle Poste Centrali di Roma. Dei sei figli, (di Amilcare) tre morivano nel 1918 durante l’epidemia della "Spagnola", due lasciarono Villa dopo il matrimonio, rimase Geltrude (gnòra Tutarèlla) che prima come supplente, poi come titolare, diresse l’ufficio postale. Ebbe, come collaboratore, il marito Baldassarre Panfili, (sor Sarruccio) fino a quando, nei primi anni sessanta, in seguito al riordino delle Poste, restituì la Concessione allo Stato, con la garanzia di un posto a un’erede della famiglia; Baldassarre fu trasferito alle Poste di Frosinone e sostituito da Silvio Solli. Nella seconda metà degli anni sessanta Geltrude fu pensionata dopo 50 anni di servizio. L’unica erede, Maria Teresa Planera (che ci ha raccontato questa storia), al compimento del diciottesimo anno di età rifiutò l’assunzione per motivi di studio". Il racconto dell’amica Teresa stimola i nostri ricordi e ci fa ritrovare, d’incanto, nella sede della vecchia Posta. Questa era ubicata all’odierno civico 31 di via San Pietro in un antico edificio di proprietà della famiglia Panfili. Salendo tre scalini, si entrava in un piccolo corridoio a fondo cieco, sulla cui parete di destra di apriva una piccola finestra-sportello e a seguire una porta di accesso all’ufficio. La parete costruita con legno rifinito era, quasi sempre, tappezzata di manifesti che informavano della chiamata alla leva, di concorsi pubblici e di altre notizie di pubblica utilità. La finestrella, che presentava sul davanti un piccolo scrittoio, era posta ad un’altezza che obbligava le persone più alte ad inchinarsi per colloquiare con gli operatori, e che, invece, per noi, più piccoli, era troppo alta, tanto che, a mala pena, alzandoci sulle punte dei piedi, riuscivamo a scorgere, all’interno, il severo viso di sor Sarruccio o, talvolta, il sorriso gioviale di gnòra Tutarèlla. Dalla piccola apertura, era possibile intravedere un grosso tavolo d’ufficio ove risuonavano i secchi colpi del timbro in "andata" (dal tampone inchiostrato) e "ritorno" (al plico postale), con il quale sor Sarruccio bollava la corrispondenza. Il silenzio, imposto dall’austerità dell’ufficio, era accompagnato dal continuo ticchettìo del telegrafo: un affascinante nastrino di carta bianca che scorreva tra due piccole bobine di ottone. Eccitava, allora, fantasia e ancora oggi accompagna i nostri pensieri quando occasionalmente passiamo davanti alla vecchia posta. Dopo il trasferimento dell’ufficio postale nell’attuale locale di piazza Umberto 1°, avvenuto nella prima metà degli anni ’60, si sono alternati alla direzione diversi funzionari. Tra i quali ricordiamo: Luigi Valente, Mario Panici, Iginio Sperduti, Filiberto Florenzani, Italo Carfagna, Tonino Masi, Enzo lo Scalzo. Nel 1889 con la nascita del Ministero delle Poste e Telegrafi, si concludeva il riordino del servizio postale italiano che ci ha accompagnato fino ai giorni nostri. Al tempo, " … i comuni dotati di ufficio postale erano 5000, ed altrettanti potevano usufruire di un servizio rurale, composto da un organico di oltre 12.000 addetti, tra procaccia ed agenti rurali …" (*). Il procaccia, santostefanese, (forse il primo), fu Angelo Maria Palombo (1872 / 1929) che raccoglieva la posta dall’ufficio postale della stazione ferroviaria di Frosinone e a cavallo la portava a Villa, dove veniva distribuita quotidianamente dalla moglie Loreta Bonomo (1871 / 1941). L’attività di Angelo Maria fu proseguita dai figli Angelo (Z’ ‘Ng’lin’), Agenore (M’chèl’) e Cesare che costituirono una ditta di trasporto pubblico: " Autoservizi Palombo ".
La posta continuò ad essere trasportata dalla ditta Palombo fino a quanto a questa subentrò la ditta Zeppieri e successivamente la Stefer oggi Co.tra.l.. Per questo tipo di attività, gli autobus venivano, allora, denominati "corriere" o più familiarmente " i’ postal’ ". Da qualche anno le Poste gestiscono autonomamente il trasporto. Con le stesse modalità che regolavano la conduzione dell’ufficio postale, questa attività veniva trasferita per successione. Per tale motivo, a Loreta successe la figlia Virginia Palombo (1894 / 1941). Non meravigli se quest’attività veniva svolta dalle donne, in quanto "…durante il primo conflitto mondiale le donne entrarono nei settori lavorativi da dove erano state sempre escluse ed anche nelle poste venne inclusa la figura della postina…"(*). Con Virginia, la corrispondenza cominciò ad essere distribuita due volte al giorno. A Virginia seguì sua figlia Maria Iorio, (1918-1993) la "postina" che noi e i lettori della nostra età ricordano meglio. Indimenticabile il suo sorriso, la sua andatura e il gioco delle dita della mano sinistra con la quale teneva la corrispondenza, disposta in ordine alfabetico e d’importanza. Per la sua discrezione, spesso, le persone poco alfabetizzate, le affidavano la lettura della lettera. Negli anni sessanta, con l’aumento della quantità e qualità della corrispondenza, le Poste la dotarono di una grossa borsa di cuoio che le rendeva più difficoltosa la distribuzione. Rese finalmente percorribili ed asfaltate le strade di campagna, il marito Augusto l’aiutava nella consegna della corrispondenza nelle zone rurali. Maria fu sostituita dalla nipote Cesira Anticoli, nostra coetanea. Per tale motivo non abbiamo molto da dire; resta, però, indimenticabile, la sua battaglia per la "cassetta" con il nominativo e l’esatto indirizzo. Anche se il compito fu duro ed antipatico, per la nostra comunità, rappresentò il passaggio da una distribuzione tradizionale ad una più moderna e legale! Oggi le attività finanziarie, sempre gestite dalle Poste, hanno preso il sopravvento sulle attività di corrispondenza. All’inizio di ogni mese gli utenti affollano il piccolo ufficio, per riscuotere la pensione. Le tante persone e la poca funzionalità del sistema informatico, mettono a dura prova le qualificate capacità dell’ amico direttore ing. Antonio Corapi nel gestire le situazioni più complicate. Ci chiediamo: perché oggi con l’aumento delle attività postali, c’è un solo impiegato, quando cinquant’ anni fa, con meno lavoro ce ne erano … due? << A Pè… e Mauro? >> << ch’ centra, iss’ lavora all’ post’ d’ Ceccan’ ! >>
(*) da Internet "la storia delle Poste Italiane e del francobollo" --> www.poste.it/azienda/storia/ |
dicembre 2008
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