LUNEDI’ 14 MAGGIO 2007 |
TUTTI PALEONTOLOGI IN
ERBA A VILLA SANTO STEFANO, GRAZIE ALLE LEZIONI "PREISTORICHE" DEL
PROF. BIDDITTU |
Se si chiede ad un gruppo di
persone che cosa stessero facendo la mattina di domenica 13 marzo 1994,
pochi saranno in grado di dare una risposta certa. Sempre che in quel
determinato giorno non si sia verificato qualcosa di particolarmente
importante, nel bene o nel male, difficilmente sarà rimasto impresso nella
memoria. Tranne che per due persone in particolare.
Un
paleontologo, d’origini sarde, nato in Toscana e Ciociaro d’adozione, ed
un essere umano, probabilmente cacciatore-raccoglitore, vissuto almeno
800.000 anni fa.
"Era una di quelle giornate di
fine inverno in cui si cominciano percepire i segnali della primavera.
Eppure la splendida campagna della provincia di Frosinone, intorno a
Ceprano, tra le Grotte di Pastena ed il vulcano spento di Pofi, era
sconvolta dalle ruspe che sbancavano il terreno per creare una nuova
strada da asfaltare. Ma proprio per questo, Italo Biddittu andava a
caccia. Non di allodole e fagiani ma di fossili. Testimoni del passato più
remoto delle nostre specie. A caccia di antenati vissuti centinaia di
migliaia di anni fa e delle tracce che potevano aver lasciato in quella
zona che lui setacciava da tanto tempo. Fino ad allora si era dovuto
accontentare dei solchi scavati dall’aratro che ogni tanto riportavano
alla luce frammenti d’osso , qualche pietra scheggiata e amigdale
(strumenti bifacciali del paleolitico antico) e fossili di grandi
mammiferi estinti. Ma aveva capito che in quella valle solcata dagli
affluenti del Sacco, se solo si fosse potuto andare un po’ più a fondo,
magari qualcosa di davvero importante si sarebbe potuto trovare. Ne era
quasi certo. Il suo intuito, associato a tutti i reperti affiorati glielo
stava suggerendo . Ed ecco quindi che la costruzione della nuova strada
gli offriva un’occasione irripetibile. E non se la lasciò sfuggire. Quella
domenica mattina del 13 marzo 1994 le ruspe erano ferme e le loro carcasse
metalliche stridevano con la prorompente natura della campagna
circostante. […] La terra smossa e inumidita dalle recenti piogge menava
un odore forte ed Italo Biddittu passeggiava solitario, scrutandola
attentamente, con l’occhio allenato di chi sa riconoscere le stratigrafie
geologiche e le minime variazioni cromatiche. E la stratigrafia ce l’aveva
davanti a sé, su tutta la spalletta di terra scavata che doveva ospitare
il futuro letto d’asfalto della nuova carreggiata. Sapeva dove guardare e
più o meno che cosa cercare. Ed ecco che improvvisamente nello strato
argilloso, Biddittu notò qualcosa. Si chinò ad esaminarla. Si trattava di
un piccolo frammento, qualche centimetro appena, che sporgeva lievemente;
troppo chiaro per essere argilla, troppo scuro per essere una concrezione
calcarea, troppo piatto e liscio per essere una pietra. Si avvicinò e con
molta cautela lo raccolse dal terreno. Era un frammento d’osso: forse come
i tanti che negli anni aveva accumulato nelle sue ricerche sul campo. Lo
mise in una piccola busta e continuò a camminare per pochi passi. Fu lì
che si arrestò di scatto e tornò indietro. Aveva capito che quel frammento
alludeva qualcosa di importante , qualcosa che aveva cercato per una vita
ma che non sperava più di trovare. Scrutando per bene nel terreno smosso
dai mezzi meccanici, apparve allora la massiccia arcata orbitarla di un
cranio umano fossile. L’Uomo di Ceprano. Argil, come Biddittu decise di
chiamarlo."
Questa la cronaca, narrata quasi
minuto per minuto, dal giornalista Luca Morsella nel libro "Argil.
L’Uomo di Ceprano" (con la consulenza scientifica di Giorgio Manzi e
ed il coordinamento editoriale di Barbara Saracino) del 2004, della
scoperta del più antico nostro antenato portato alla luce in Europa.
L’Uomo di Ceprano, o Homo Cepranensis, appunto.
Un racconto avvincente, di una
delle ultime più grandi scoperte della paleontologia. Che, per chi non lo
sapesse, è la scienza che studia i fossili, ovvero ciò che è sopravissuto,
diventando simile alla pietra, della vita animale, vegetale delle antiche
ere geologiche. Più correttamente sarebbe dire della Paleoantropologia. Lo
studio dei primi rappresentanti dei nostri lontanissimi progenitori.
Quindi non è stata certamente una
cosa che capita tutti i giorni, poter ascoltare dalla viva voce del
protagonista della scoperta, si tenga presente, avvenuta nel nostro
territorio, e questo dovrebbe essere motivo di vanto e di orgoglio per
tutti i Ciociari, una "lezione" sulla preistoria. Fortuna capitata ai
ragazzi delle Scuole Elementari di Villa Santo Stefano. Ai quali, d’ora in
poi, ci si potrà rivolgere tranquillamente per sapere come si esegue uno
scavo paleontologico, alla ricerca dei resti di animali preistorici e
delle tracce dei primi uomini. Parafrasando il titolo d’un celebre romanzo
d’altri tempi, si potrebbe dire "Piccoli paleontologi crescono". E questo
grazie proprio al prof. Italo Biddittu ed alla sua conferenza tenuta nella
Sala Consigliare del comune santostefanese. Secondo, atteso, appuntamento
della IX Settimana della Cultura.
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La sala consiliare
del Comune, sede della "lezione" |
Accolto dal consigliere con delega
alla cultura Alessandra Leo e dall’assessore Adriano Trapani, il prof.
Biddittu ha intrattenuto la platea degli alunni, accompagnati dalle
insegnanti Anna Rita Leo, Rita Lampazzi, Teresa Carlini e Maria Luisa
Rosito, ed i curiosi intervenuti (tra il pubblico anche lo storico
amasenese, autore di innumerevoli libri, dott. Alberico Magni, il
ricercatore Fabiano Riccardi ed il parroco Don Pawel). Si è partiti dalla
nascita geomorfologica del pianeta, alla comparsa dei grandi mammiferi
sino a quella dei primi ominidi in Africa. Complimenti ai giovanissimi
studenti che hanno mostrato di conoscere molte delle scoperte avvenute in
quel continente; come la famosissima "Lucy". Una femmina di Australopiteco
rinvenuta nel 1974 di oltre 3 milioni di anni. Per arrivare, come già
accennato, ai ritrovamenti avvenuti in Ciociaria. Come l’Uomo di Pofi ed "Argil",
l’Uomo di Ceprano. Si ritiene che gli che gli ominidi siano migrati
dall’Africa attraverso il Caucaso e approdati in Europa circa un milione
di anni fa. L’Uomo di Ceprano potrebbe essere la testimonianza di quella
divergenza che portò in Europa , alla comparsa dell’Uomo di Neandertal, ed
in Africa a quella linea evolutiva da cui discendiamo tutti noi.
14 maggio 2007 -
Lezioni di Preistoria, sotto da sx. lo storico Alberico Magni e
Italo Biddittu |
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Terminata la lezione, per così
dire "teorica" si è passati a quella "pratica". Nel cortile del Municipio
era stata allestita una "sorpresa", voluta dallo stesso Biddittu, che ha
reso davvero unica la "Giornata Preistorica" santostefanese.
Sotto la regia dell’assessore
Trapani, il personale del Comune si è industriato a realizzare una grande
vasca riempita di sabbia ove sono stati nascosti reperti paleontologici.
Ai ragazzi di Villa Santo Stefano
il compito di ritrovarli, seguendo però le indicazioni, i consigli ed
anche qualche bonario rimprovero del prof Biddittu. Lentamente, in un
clima di esaltazione, di divertimento, ma anche di apprendimento
attraverso una forma di gioco, gli alunni, durante lo scavo simulato,
armati di pennelletto e zappetta, hanno recuperato denti di elefante, una
mandibola di erbivoro, alcune ossa di altri animali e due manufatti degli
uomini preistorici. Tornati a casa, i "neopaleontologi" in erba, hanno
subissato i genitori con commenti entusiastici.
LA SCOPERTA DELL’UOMO DI POFI
Oltre
ad artisti di fama internazionale, speleologi e professori
universitari, paleontologi famosi in tutto il Mondo, esploratori e
scienziati polari, i grandi protagonisti della IX Settimana della
Cultura a Villa Santo Stefano, sono stati, senza ombra di dubbio, i
ragazzi delle Scuole Elementari e Medie. Accompagnati dai loro
insegnanti, hanno partecipato a tutti gli appuntamenti in
calendario. Sempre attenti e composti. Curiosi e capaci di
formulare, ai vari relatori, domande e quesiti mai banali.
Espressione di una genuina voglia di apprendere, certamente
encomiabile e che i loro educatori sapranno coltivare e sviluppare
nel migliore dei modi. Quindi, la storia che ci accingiamo a
raccontare è dedicata proprio ai giovani e giovanissimi, ed alla
loro sete di imparare cose sempre nuove. E’ la storia di un’altra
scoperta paleontologica, avvenuta alla fine degli anni ’50 del XX
secolo, a Pofi. Quella dell’Uomo o meglio della "Donna di Pofi". Se
questo ritrovamento poté avere luogo, nelle circostanze che vedremo
tra poco, lo si deve anche ad alcuni piccoli alunni di oltre mezzo
secolo fa ed al coraggio, all’arguzia, alla caparbietà ed alla
curiosità, finalizzate soltanto a far progredire la cultura e a far
conoscere il nome del proprio paese al di fuori della ristretta
cerchia locale, del Dottor Pietro Fedele (1909-1994). Già
sottufficiale e poi ufficiale della Guardia di Finanza, poi
Funzionario delle Dogane e Sindaco di Pofi dal 1956 al 1961.
Incuriosito dalle ossa di grandi dimensioni che i contadini o gli
operai trovavano nei campi o duranti i lavori stradali nel
territorio di Pofi, il Sindaco,pur essendo a digiuno di tematiche
come la paleontologia o l’archeologia, cominciò ad interessarsi a
questi ritrovamenti. Dai contatti con eminenti studiosi dell’epoca,
come Alberto Carlo Blanc (1906-1960) e lo scopritore dell’Uomo del
Circeo, Luigi Cardini (1898-1971), comprese l’importanza dei reperti
che la terra pofana stava restituendo ed escogitò un sistema
infallibile per mettere assieme una raccolta di manufatti e resti di
animali preistorici che andò a formare la base delle collezioni del
Museo Preistorico,
da lui fortemente voluto e costituito nel 1959 e che successivamente
gli è stato intitolato.
Coinvolgere i bambini e di
ragazzi delle scuole. Ai quali corrispondeva un piccolo premio in
denaro per ogni "pezzo" raccolto. Anche quando si trattava di
semplici sassi.
Un pannello del percorso
Museale sintetizza l’opera del Sindaco Pietro Fedele.
"Nel mese di giugno del
1956, durante i lavori in contrada Colle Cece, vennero alla luce
ossa di animali. Il neo-eletto sindaco Pietro Fedele, intuitane
l’importanza, dopo averle recuperate , segnalò la scoperta al
Ministero che inviò per un sopraluogo il paleontologo Luigi Cardini
dell’Istituto Italiano di Paleontologia Umana e Ciro Drago
Soprintendente alle Antichità di Roma V. L’attribuzione dei reperti
ad animali preistorici e la possibilità di dimostrare anche la
contemporanea presenza umana, accesero in Pietro Fedele la scintilla
della passione. Il suo entusiasmo, derivato dalla scoperta di
manufatti litici, fu trasmesso alla popolazione ed ai bambini delle
scuole che in pochi anni raccolsero numerosi manufatti tanto da far
annotare nell’accurato registro di inventario tenuto dal sindaco, la
cifra di 3741 strumenti in pietra."
"Il signor Giovanni
Trochei, mio affezionato e valido collaboratore, era in casa, ed i
bambini della Scuola Elementare "Mola Sterbini" annessa alla casa
del medesimo, stavano ancora in aula. Anche quei bambini, per merito
di Trochei, erano divenuti diligenti collaboratori nella ricerca di
manufatti litici , ed i due professori (A.C. Blanc e L. Cardini) lo
sapevano… La maestra, informata della nostra presenza, sospese la
lezione ed uscì all’aperto con i suoi scolaretti. Vi furono scambi
di saluti tra gli adulti e manifestazioni di gioia da parte degli
alunni. Il prof. Blanc aveva cercato di giungere in quella scuola
prima termine delle lezioni perché aveva in animo di completare la
sua documentazione fotografica riprendendo anche quei piccoli
collaboratori insieme a L. Cardini, a Giovanni Trochei ed a me.
Perciò ci invitò a riunirci in gruppo e scattò una fotografia"
(da "La scoperta
dell’Uomo di Pofi" di Pietro Fedele – 1984)
"Giunti a Pofi, il primo
pensiero del Prof. Blanc fu di acquistare due lampadine da cento
candele, e senza perdere tempo, ci recammo nella mia casa, dove si
trovavano i materiali litici raccolti nel mese di marzo e le ossa
fossili raccolte dall’anno precedente in poi. I due professori
diedero un’occhiata sommaria alle ossa, senza muoverle dagli
occasionali imballaggi e notarono con soddisfazione che esse
appartenevano a varie specie di animali. Per quella sera si stabilì
di esaminare soltanto le ossa e per evitare interruzioni, decidemmo
di cenare prestino. Al termine della cena si provvide a liberare
subito il tavolo ed a sostituire una delle lampadine già accese, con
una di quelle da cento candele, per cui la luce risultò più intensa.
Con l’aiuto dell’autista, vennero avvicinati al tavolo gli
imballaggi contenenti le ossa. […] Le ossa venivano man mano
opportunamente raggruppate secondo che fossero state o meno, in
origine, spezzate intenzionalmente e secondo la specie degli animali
a cui appartenevano. Il contenuto di detto sacchetto non diede luogo
a novità: infatti si era trattato di resti di alcuni animali, quali
il Rhinoceros , l’Elephas e il Cervus. , e ciò era stato notato con
l’esame sommario che i due professori avevano effettuato appena
arrivati a casa. Mettemmo poi sul tavolo la scatola che mi aveva
consegnato il signor Giovanni Pompi. I due professori apparivano
lieti di come si stavano svolgendo le cose ed io ero soddisfatto.
Confesso, però che nello stesso tempo avvertivo un malcelato
desiderio di veder accertare da un momento all’altro la presenza di
qualche resto umano, e pensavo che ciò si sarebbe potuto verificare
proprio durante l’esame della ossa contenute nella scatola che ora
avevamo di fronte, perché quelle ossa erano diverse sa quelle
contenute negli altri imballaggi: erano quasi tutte di piccole
dimensioni. E’ molto probabile che anche i due professori pensassero
la stessa cosa. Comunque con tale speranza, iniziai di nuovo a
prendere un osso alla volta, consegnandolo al prof. Cardini. Questi
per un bel po’ di tempo continuò a dire, in prevalenza, Cervus,
Cervus, Cervus. Erano stati esaminati almeno due terzi del contenuto
della scatola quando, non appena gli ebbi consegnato un osso, il
prof. Cardini, assumendo all’improvviso un’espressione di immensa
gioia, esclamò: Homo! Ed aggiunse: Un ulna destra umana. Tale
annuncio provocò un esplosione di analoga gioia tra gli altri
presenti, e dio non potei di fare ameno di abbracciare, prima il
prof. Blanc e poi il prof. Cardini. Dopo di tale avvenimento, non
ricordo se di mia iniziativa oppure su consiglio del prof. Blanc,
andai a chiamare l’ufficiale sanitario di Pofi, dott. Eugenio
Giovannini, abitante poco lontano. Quest’ultimo, recatosi subito
nella mia casa, esaminò il reperto, confermando che trattatasi di un
ulna destra umana".
(da "La scoperta
dell’Uomo di Pofi" di Pietro Fedele – 1984)
Era il 13 novembre del 1959.
Due anni dopo, nel 1961, sempre nella Cava Pompi, da cui provenivano
i reperti della famosa scatola, venne alla luce una tibia umana.
Verosimilmente appartenente al medesimo individuo, probabilmente di
sesso femminile, dell’ulna. I due resti fossili risalgono a
300.000/400.000 anni fa. I calchi sono oggi esposti al Museo
Preistorico di Pofi. |
A CURA DI
GIANCARLO
PAVAT
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