Padre Augusto Lombardi "Storia di Villa S. Stefano" 3 / 7
TESTAMENTO DI GIOVANNI
Il suo testamento, esistente in copia all'archivio Colonna, ha data del 5 aprile del 1224 e porta in sostanza le seguenti disposizioni: lascia al figlio Landolfo, Ceccano, Arnara, Patrica, Cacume, Monte Acuto, Giuliano, S. Stefano, Pisterzo, Carpineto, con tutti i diritti e pertinenze, più i diritti su Alatri, Frosinone, Torrice e Ceprano.
All'altro figlio Berardo lascia Maenza, Roccagorga, Asprano e i diritti su Piperno, Sezze e Ninfa.
Fa espresso comando ai figli di aiutarsi scambievolmente e dispone la reciprocità di decadenza dei beni in caso di non eredi legittimi. Se uno dei fratelli avesse tentato dì defraudare l'altro, Pisterzo, S. Stefano sarebbero passati in proprietà a Berardo se l'insidiatore fosse stato Landolfo, Prossedi a Landolfo nel caso contrario.
Come si vede non era certo trascurabile la potenza dei conti di Ceccano, ed essa anzi si accrebbe col volgere del tempo, perché i successori di Giovanni tennero sempre alto il nome e la gloria della famiglia. Dagli archivi del Vaticano, si rileva che Landolfo ebbe per moglie una certa Maccalona; non meglio specificata, quale gli diede una numerosa figliolanza. Morendo nel 1264, lasciò per testamento alla moglie, oltre ad alcuni beni, Ceccano e Patrica, "Castrum S. Stephani de Valle" su cui dice il testatore che essa aveva ipoteche per la dote sua, e vuole che di questo fendo, con tutti diritti e pertinenze ammesse, la moglie possa disporre a beneplacito e lasciarlo a quello dei figli che meglio le piacerà: "Secudum quod ipsa voluerit".
In questo ed in altri documenti il nome di S. Stefano viene spesso seguito dalla specifica di "in" o "de Valle" perché la valle dell'Amaseno veniva allora chiamata Vallis Sancti Michaelis. Morendo, Maccalona lasciò S. Stefano ad uno dei suoi figli per nome Annibaldo capostipite di quel ramo della famiglia dei conti di Ceccano che fu detto degli Annibaldeschi. I figli di costui, Berardo e Giovanni, furono molto turbolenti e dettero molto da fare ai papi.
Il testamento fu rogato in Maenza il 7 giugno 1384 nel pontificato di Clemente VIII, l'antipapa cui la testatrice aderiva.
Ella lascia al figlio Raimondo, natogli dal primo marito, tutti i diritti e feudi provenienti da parte patema (che già appartenevano al Magnifico Giovanni di Ceccano, avo della testatrice) e cioè ... e qui segue la enumerazione dei beni.
Similmente costituisce Raimondello erede in metà di un quarto del castello di S. Stefano in valle delle dette diocesi di Ferentino, con tutti i suoi diritti e pertinenze.
Veduta dal "Monticello" Durante gli ultimi anni della vita della Contessa, era sorto il celebre scisma dell'Occidente. Alcuni cardinali, malcontenti della severità del nuovo Papa Urbano VI, si erano ritirati a Fondi sotto la protezione di Onorato Caetani, e avevano eletto l'antipapa Clemente VII. Giovanna I di Napoli, ostile ad Urbano, si affrettò a riconoscere l'antipapa e forse anche per questo anche i nobili delle province di confine tra lo Stato pontificio e il napolitano si schierarono dalla sua parte. Margherita fu sostenitrice accanita di Clemente, e anche suo figlio Raimondello seguì le parti dell'altro antipapa che a costui successe Benedetto XIII. Morto Urbano i cardinali italiani elessero Bonifacio IX (1394-1404) il quale nel 1395 volendo punire i vassalli fedifraghi, confiscò a Raimondello tutti i suoi feudi, mandando ad occuparli suo fratello Andrea Tomacelli con soldatesche di ventura. Quella piccola parte di S. Stefano che Raimondello possedeva fu donata dal Papa ad Ildebrandino Conti, figlio di Cecca da Ceccano e di Giovanni, il quale, come abbiamo visto, già era signore di più di tre quarti del paese.
Oltre a questo, Bonifacio reintegrò Ildebrandino e suo fratello Adenolfo in tutti i diritti e i feudi che erano stati confiscati loro da Urbano VI nel 1389 avendo anch'essi seguito, in un primo tempo, le parti dell'antipapa, per cui Urbano aveva dato l'incarico a Niccolò .de Valerionis di Piperno di occupare le loro terre, alla custodia e difesa fu dal papa costituito lo stesso Niccolò.
Con l'elezione di Martino (Oddone Colonna) al concilio di Costanza (1417) ebbe fine lo scisma che tanto male aveva arrecato alla Chiesa e aveva seminato rovina, e morte nelle nostre contrade, corse e devastate dalle terribili compagnie di ventura, prima da quella di Guasconi e di Brettoni con cui gli antipapi avevano cercato di sostenere le loro ragioni poi dalle altre costituite per lo più da Italiani e comandati da famosi guerrieri Braccio da Montone, Muzio Attendolo lo Sforza, Mostarda, Niccolò Piccinino e altri, al servizio di Ladislao re di Napoli o del suo antagonista Luigi d'Angiò.
Martino V il 20 settembre fece il suo ingresso a Roma, Giovanna II di Napoli avendo bisogno dell'appoggio del Papa nella lotta contro Luigi d’Angiò, cercò di amicarselo concedendo feudi, dignità e onori ai fratelli di lui Giordano e Lorenzo, che essa investì del principato di Salerno e della contea di Alba, Morti essi confermò titoli e possessi ai figli di Lorenzo giacché Giordano non aveva avuto eredi. Martino V, dal canto suo, non ci stette; naturalmente, dall’arricchire anch’egli, in tutti i modi, i suoi nipoti, dando loro sia terre di spettanza della Chiesa sia facendo all'uopo nuovi acquisti.
Così, per esempio, troviamo che S. Stefano con Morolo, con atto del 31 Gennaio del 1425 fu venduto da Aldo Conti, figlio di Ildebrandino, ad Antonio e Prospero Colonna.
Per prevenire Ie questioni tra i suoi eredi. Martino V volle procedere, lui vivente, alla spartizione dei beni, il che fece con atto del primo febbraio 1417. Oltre i possessi lasciati "pro indiviso" ai tre nipoti, Antonio, Principe di Salerno - che evidentemente doveva essere il beniamino dello zio - ebbe: Morolo, S. Stefano, metà di Supino, Trevigliano, Monte S. Giovanni, Strangolagalli, Collepardo, Guarcino, Giuliano, Ripi, Nettuno, Astura, Castro, Carpineto e altri paesi minori. Anche gli altri fratelli ebbero feudi ricchi e molti.
La potenza della casa Colonna era ormai saldamente formata. D'ora in poi le vicende del nostro paese s'inquadrano e si svolgono nella storia generale di questa illustre famiglia.
>> segue TURBAMENTI TRA COLONNESI E EUGENIO IV pag.4
VILLA SANTO STEFANO pag.1 | LOTTA TRA IMPERO E PAPATO pag.2 | TESTAMENTO DI GIOVANNI pag.3 | TURBAMENTI TRA COLONNESI E EUGENIO IV pag.4 | GUERRA DEL SALE pag.5 | TESTAMENTO DI MARCARTONIO COLONNA pag.6 | UOMINI ILLUSTRI DI VILLA SANTO STEFANO pag.7
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