PADRE AUGUSTO LOMBARDI
UNA VITA PER LE MISSIONI

 

di Maria Teresa Planera

   
 
   
   
 
   
   
 
   
   
 
   
   
 
   
   
 
   
   
 
   
   
 
   
   
 
   
   
 
   
   
 
   
   
 
   

 

Il 30 gennaio del 1964, alle ore 7:40, moriva a Roma il Superiore Generale del P.I.M.E (Pontificio Istituto Missioni Estere), Padre Augusto Lombardi, stroncato da un infarto cardiaco, una grave perdita non solo per l’Istituto di cui era superiore, ma soprattutto per le Missioni Cattoliche di cui era una delle personalità missionarie più eminenti.

P. Lombardi nacque a Villa Santo Stefano il 27 marzo 1898, quarto figlio di Filippo e di Ricci Angela; fu battezzato da Monsignor Domenico Iorio che diventerà poi Cardinale, legame che preannuncia la sua vocazione religiosa.

Si distinse in seno alla famiglia per le doti cristiane ed umane, per l’intelligenza e per il desiderio di intraprendere un percorso di formazione e di studio nel Seminario di Ferentino dove conseguì brillantemente la licenza ginnasiale che gli assicurò una borsa di studio al Laterano.

Era alle soglie dell’Università quando divenne Ufficiale dell’Esercito Italiano nella prima guerra mondiale contro le potenze austro-ungariche; a vent’anni, dopo la conquista di Vittorio Veneto, entrò vittorioso a Vienna, alla testa del suo plotone come tenente di fanteria.

Durante la drammatica esperienza bellica incontrò un cappellano, il sergente Angelo Giuseppe Roncalli e strinse con lui una sincera amicizia che diventerà sempre più profonda negli anni in cui quel sergente diventerà Papa con il nome di Giovanni XXIII.

Dopo la guerra, riprese gli studi, al di fuori dell’ambiente religioso e spesso ritornava al suo paese d’origine dove ritrovava l’affetto dei genitori e dei numerosi fratelli: Alessandrina, Giuseppe (che emigrò in America), Alfonsina (che gestiva lo spaccio di famiglia), Umberto, Luigi, Filomena, Flavia, Italia. In questo periodo strinse amicizia con i figli di sor Umberto Felici, titolare della farmacia e proprietario dell’abitazione in piazza Umberto all’attuale numero civico 33. I giovani Felici erano: Marcello, Fulvio, Anita, Alberto, Maria quest’ultima insegnante elementare, mori prematuramente di una malattia polmonare, provocando un grande dolore e turbamento nel giovane Augusto.

Si laureò in Lettere nel 1922, insegnò a Tagliacozzo e per sei anni nel Liceo Visconti di Roma. In questo periodo nel suo animo si riaffacciava lo spirito religioso degli anni del Seminario e gradualmente maturava la vocazione sacerdotale e missionaria. Pertanto nel 1928, a trent’anni, entrò nel Seminario di Monza del P.I.M.E, come aspirante missionario, contravvenendo alla volontà paterna che aveva riposto in lui altre speranze. Compì un corso di filosofia scolastica, successivamente intraprese gli studi teologici a Milano, dove il 29 settembre 1931, venne ordinato sacerdote dal cardinale Schuster.

Dopo questa ordinazione ufficiale senti il bisogno di rendere partecipe la comunità di Villa Santo Stefano della sua scelta e celebrare anche qui una messa. In questa celebrazione fu coadiuvato dal cugino materno Padre Rosario da Villa, frate cappuccino da lunga data nel convento di Cerignola. Padre Rosario, grande oratore, adoperò nella predica parole toccanti e di forte impatto sui fedeli, esordì con la frase: "Ho cercato un uomo!" per indicare la sofferta ricerca dell’uomo che solo in se stesso può trovare Dio e stabilire quel rapporto di completa dedizione, quando si scopre la chiamata, alla quale Augusto non si sottrasse, ma la visse con lunga meditazione dopo il dramma della guerra e gli infinti dubbi che insinua nell’animo. Quel giorno tutti i familiari, gli amici, i paesani si stinsero intorno a Lui con affetto e orgoglio. Tante donne si adoperarono nel cucinone di casa Lombardi, situato al primo piano del Palazzo Marchese, per preparare un lauto pranzo servito nel grande salone del terzo piano. Un dolce speciale arricchì la tavolata:"Il Serpentone" di Gnora Marietta Bravo, abitante alla Portella, che lo preparò secondo una ricetta segreta andata perduta, perché la donna non la volle mai rivelare.

Nel 1932 si realizza per Padre Augusto ciò che era il suo desiderio più grande: recarsi nei luoghi della povertà, del dolore, della sofferenza per svolgere, come missionario, un impegno di carità, amore e totale apostolato. Prima di partire ritorna in paese per salutare i genitori, i fratelli ed i parenti, il distacco non è facile, ma lui lo affronta con la forza della fede e benedice tutti i familiari mentre esce dal cucinone della casa paterna.

La missione alla quale è destinato è quella di Hyderabad (India), nel distretto di Masulipatam, qui per tre anni svolse il suo apostolato fra i poverissimi "paria" della regione con immensa dedizione e grande sacrificio rivelando tutto il profondo spirito missionario che lo animava. P. Rasi che fu suo coadiutore scriveva:"Partiva con la bicicletta, una vecchia bicicletta, girava il distretto di Masulipatam e tornava a casa stracco morto, ma contento di aver fatto il suo dovere…

Soffrì tanto quando dovette lasciare il suo lavoro missionario per andare alla Delegazione Apostolica di Bangalore". Nel 1935 infatti fu chiamato dal Delegato Apostolico per l’India, Mons.Kierkels, a svolgere l’incarico di Segretario della Delegazione a Bangalore ed in seguito, quello di segretario dell’Internunziatura a New Delhi nel 1948 dopo l’indipendenza dell’India. L’incarico diplomatico fu svolto da Padre Lombardi con grande capacità e intelligenza non venendo mai meno allo spirito missionario che era l’essenza del suo essere.

Durante gli anni della seconda guerra mondiale si occupò della situazione dei prigionieri italiani nella regione indiana, visitando i campi di concentramento, prestando un’opera di aiuto materiale e spirituale e tenendo i contatti con i loro familiari attraverso la radio vaticana che ne trasmetteva i messaggi. Ebbe modo di aiutare anche il nipote Guido Iorio che per circa tre anni fu prigioniero in India, lo incontrò spesso e lo sostenne con una periodica corrispondenza dal 1942 al 1946 nella quale lo incoraggiava moralmente e non mancava mai di affidarlo con la preghiera al Signore e alla Madonna dello Spirito Santo.

Rimase in India fino al 1952, anno in cui ritornò in Italia e divenne Vicario Generale dell’Istituto in sostituzione di Mons. Ambrogio De Battista, divenuto Vescovo in India. Durante questo mandato visitò nel 1952 le missioni del PIME in India e nel Pakistan; nel 1953 quelle di Hongkong e del Giappone; nel 1955 si recò in Birmania.

L’11 settembre 1957 il Capitolo Generale dell’Istituto scelse come nuovo Superiore, P. Lombardi riconoscendo in Lui le doti e le capacità necessarie per l’alta carica. Succedeva a il Rev.mo P. Risso la cui santità riconosciuta da tutti e dallo stesso P. Lombardi gli rendeva il compito molto arduo, perché si aspettavano da Lui "cose nuove, nuove iniziative, nuovi impulsi, nuove mete e successi". Egli chiedeva "una fusione d’intenti e d’armonia di lavoro a tutti i Confratelli, dovunque essi siano e ovunque essi lavorino … fondere tutte le volontà in un blocco unico, evitando di disperdere idee, energie e speranze! Non miracoli, ma tanta buona volontà. Vivere intensamente la nostra vocazione, saperci reggere nei nostri pensieri, nelle nostre azioni come uomini, come sacerdoti" così specificava nella circolare 75 del 10 Dicembre del 1957.

P. Lombardi traghetta il P.I.M.E verso il Concilio Vaticano II ed i tempi nuovi dell’attività missionaria, risultando tradizionalista, ma contemporaneamente un grande innovatore. I suoi principali obiettivi sono quelli di accrescere il senso di unità e di appartenenza dei membri dell’ordine, di incrementare le case apostoliche e i centri missionari per curare meglio la formazione dei missionari e potenziare le vocazioni. Pur avendo un incarico così importante, mantenne un contatto sempre diretto e personale con le missioni, visitandole e prendendosi cura dei loro problemi.

Nel 1959 visitò il Brasile, nel 1960 la Guinea Portoghese in Africa, nel 1961 il Pakistan e il Giappone, nel 1962 Gli Stati Uniti d’America, nel 1963 iniziò la visita canonica alle case dell’Istituto in Italia.

Questi viaggi lunghi e faticosi minarono la sua salute, infatti in India fu colpito dalla malaria e soggetto a colpi di sole e a febbre; negli Stati Uniti fu costretto a un ricovero in ospedale per un embolo; negli ultimi due anni di vita fu sottoposto a un delicato intervento alla vescica, gli fu diagnosticata un’ulcera peptica, si progettavano altri due interventi per queste due patologie, dopo un periodo di cura.

Nelle 18 lettere circolari inviate periodicamente ai suoi missionari presenti in quattro continenti P. Lombardi rivelava una grande preoccupazione, quella delle vocazioni per far fronte alle richieste che gli arrivavano dalle missioni, perciò cercò in tutti i modi di creare nuove case di formazione per i futuri missionari del PIME e accogliere qui i giovani che si preparavano al cammino della fede, pur nella povertà di quegli anni. In queste circolari da Superiore esprimeva tutti i punti più importanti del suo pensiero e dava le linee guida ai religiosi del P.I.M.E: "i missionari siano uomini apostolici ancorati alla ricerca della gloria di Dio e della salvezza delle anime, sempre dediti alla preghiera indispensabile per perfezionare la vita spirituale e l’opera evangelica alla quale sono chiamati e per raggiungere la santità della vita"; "la penitenza e la povertà, per allontanare il desiderio della ricchezza, vivere con modestia e promuovere il ben del prossimo"; "l’obbedienza alla Regola e ai Superiori che incute serenità e pace"; e come diceva nella penultima lettera "la carità cristiana, la fraterna solidarietà delle gioie, nel dolore e nel sacrificio, la semplicità di cuore e la serena rettitudine nell’agire, la prudenza e comprensione nel giudicare, la cordialità nei vicendevoli rapporti, confidenza, docilità e buon garbo con l’Autorità per la quale attuare il detto di S.Pietro: castificantes animas nostras in oboedientia charitatis".

Nell’ultima circolare n.92, del 15 dicembre 1963, il Superiore precisava: "Colla benedizione di Dio, si continua a lavorare con impegno nelle Missioni; i frutti delle idee e iniziative individuali e collettive sono sempre più abbondanti; l’Istituto è sempre apprezzato nei suoi uomini e nelle sue istituzioni; lo spirito delle missioni, come evangelizzazione è fedelmente conservato, è un distintivo del quale siamo fieri; il problema delle vocazioni va migliorando, anche se non sarà mai adeguato; porti ognuno con più generosità il suo contributo, ci si stimi, ci si aiuti, ci si voglia bene".

Padre Lombardi negli anni in cui era Superiore fu molto vicino a Papa Giovanni XXIII, ogni volta che ritornava dalle Missioni si recava a trovarlo per esporgli i problemi, chiedere consigli, trovare risposte concrete alle necessità dei religiosi, delle vocazioni e alle case da potenziare o creare. Il 10 Agosto 1961 Giovanni XXIII gli scriveva una lettera autografa per i cent’anni dalla morte di Mons. Angelo Ramazzotti (1861/1961) fondatore del P.I.M.E nella quale affermava: "La nostra buona parola, che rechi testimonianza di lode al Fondatore dell’Istituto, e sia al tempo stesso di congratulazione e di esortazione per Te e per i tuoi confratelli".

Il Papa, riconoscendo l’alto profilo umano, religioso e culturale, l’avrebbe voluto Cardinale, ma P. Lombardi era un missionario sempre più convinto e consapevole e mai avrebbe costruito il suo futuro sulla carriera ecclesiastica, perciò si sottrasse all’incarico prestigioso.

Giovanni XXIII gli donò allora la sua casa natale di Sotto Il Monte per istituire una casa di formazione per i giovani missionari del P.I.M.E. e benedisse la prima pietra del Seminario in Vaticano il 18 marzo del 1963. Quel Seminario che prese il nome del Papa, P. Lombardi lo vedeva "come il faro di luce sacerdotale per tutta la regione lombarda dal quale un giorno usciranno, con la benedizione del Signore, schiere di missionari che verranno a ingrossare le nostre file e serviranno la Chiesa nello spirito e nelle tradizioni dell’Istituto"(Circolare n.90 :10 maggio 1963).

Abbiamo ragione di credere che il Papa non avesse mai abbandonato l’idea di P. Lombardi come Cardinale e che l’avesse nominato "in pectore", ma la sua morte gli impedì di dare all’amico l’alto riconoscimento.

Nella sua opera quotidiana di Superiore alla preghiera e alla lettura in chiesa del breviario affiancava la celebrazione della Messa. I suoi registri sempre in ordine presentavano i destinatari delle Messe: anime perdute nel peccato, le vocazioni, l’Istituto, i suoi predecessori, eventi speciali.

Al suo ritorno dall’India aveva ripreso i contatti con la sua famiglia e spesso tornava al paese d’origine; indossava la veste bianca di missionario e s’appoggiava al pomo d’avorio del suo bastone di bambù, faceva lunghe passeggiate pomeridiane recandosi al Fraginale, grande tenuta della sua famiglia, in cui lavoravano i fratelli Umberto, Filomena e Flavia e alla Madonna Dello Spirito Santo dove si raccoglieva in preghiera e lunga meditazione. Al terzo piano della casa paterna si fece allestire un piccolo appartamento: una camera da letto con bagno, un salottino, tappezzato da una carta damascata bordò, nel quale riportava tutti i suoi ricordi dell’India e le fotografie della vita diplomatica e missionaria.

S’intratteneva con i suoi numerosi parenti, in particolare con la sorella Assunta con la quale ebbe sempre un rapporto intenso e privilegiato, e con gli amici: il generale Fabi (abitante nello stesso stabile), Angelino Palombo, Luigino Bonomo, il Commissario Alfredo Bonomo.

L’attività intrapresa da P. Lombardi per le vocazioni portò i Missionari da 1117 unità del 1958 a 1500 del 1963 e sviluppò anche le Missioni in tutto il mondo; fu "un buon soldato di Cristo" che mai dimenticò la vocazione missionaria, ma la portò sempre nel cuore insieme al ricordo forte e tenero dell’India. Tutto questo mondo non lo abbandonò mai, anche malato faceva progetti e si proponeva di iniziare presto le visite alle Case italiane e straniere.

Ne parlò con lo stesso entusiasmo la sera del 29 gennaio al nipote Guido che era passato a trovarlo a Roma, non un accenno alle gravi patologie che l’affliggevano; quando al mattino del 30 gennaio gli fu comunicata la sua scomparsa, l’uomo restò esterefatto.

Paolo VI fu il primo a mandare un telegramma di condoglianze alla Curia Generalizia del P.I.M.E, seguirono quelli del Cardinale Cicognani, del Cardinale Agagianian, di Colombo Arcivescovo di Milano, di tanti altri Vescovi, Cardinali, Superiori Generali ed importanti prelati.

I funerali si svolsero la mattina del sabato 1 febbraio nella parrocchia di S. Teresa vicina alla sede generalizia, la Messa funebre fu celebrata dal Vicario Generale P. A.Morelli assistito dai Superiori Provinciali P.A. Ghisaura e P.P. Bonaldo, parteciparono al rito oltre ai Consiglieri Generali e alle rappresentanze delle case del P.I.M.E., alcuni parenti in rappresentanza della numerosa famiglia.

Un altro rito funebre si svolse a Milano in casa madre, il 3 febbraio, officiato dal Vicario Generale, presenti vari Vescovi, Zaverio, fratello di Giovanni XXIII, numerosi rappresentanti del clero e comunità religiose maschili e femminili. P.Lombardi fu tumulato al cimitero dei missionari del P.I.M.E, a Villa Grugnana di Calco (Lecco), per sua volontà e per essere un missionario anche dopo la morte; era stato un diplomatico e un Superiore non per scelta, ma per obbedienza, aveva offerto la sua vita al Signore, perché fosse un umile e fedele evangelizzatore e aveva camminato a lungo nel mondo per portare questo importante esempio e messaggio.

Maria Teresa Planera

Si ringraziano il Signor Giuseppe Mastrangeli per il materiale bibliografico;

Il nipote Guido Iorio per le testimonianze.

 

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"Storia di Villa S. Stefano"

up. 08.02.13

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