I racconti di Giuseppe Luzi

REPUBBLICANO E SOCIALISTA

Giuseppe Luzi con la fascia tricolore di vicesindacoGiuseppe Luzi, ha frequentato le scuole elementari a Giuliano di Roma. E' stato un alunno diligente, disciplinato e rispettoso delle normali regole civili. Si applicava con impegno negli studi, gli piaceva leggere, scrivere, formarsi una cultura di base. Dedicava il tempo libero allo scopo di istruirsi quanto più possibile, quantunque fosse costantemente impegnato nei lavori agricoli. Avrebbe voluto continuare gli studi, infatti, cercò invano, di convincere la nonna Palma ad iscriverlo in qualche istituto religioso o collegio, dove erano andati diversi compagni del paese; ma, da primogenito senza padre, aveva il compito di provvedere al sostentamento della famiglia. Tra le materie scolastiche, era particolarmente predisposto per la storia, lo appassionava apprendere delle vicende del passato che avevano determinato e contribuito a creare la Nazione. Il suo eroe storico preferito, esempio di coraggio estremo, è stato Enrico Toti. Alcuni cenni storici del personaggio: eroe italiano della prima guerra mondiale (Roma 1882- Monfalcone, Gorizia 1916). Fuochista delle ferrovie, allo scoppio della prima guerra mondiale volle essere arruolato nel III battaglione bersaglieri ciclisti, nonostante avesse subito l’amputazione della gamba sinistra in seguito ad un infortunio sul lavoro. Dopo essersi segnalato per valore a Selz (1915), il 6 agosto 1916, all’inizio della sesta battaglia dell’Isonzo, mentre nei pressi di Monfalcone, fuori dalla trincea incitava i compagni alla lotta, fu ferito tre volte; prima di morire gettò le stampelle contro il nemico. L’eroico gesto, simbolo d’estremo valore, gli valse la medaglia d’oro alla memoria.

Sempre sui libri di storia, a Peppe Luzi, è nato e cresciuto l’interessamento politico per l’ideologia socialista. Era colpito da quella che lui definiva una "parola magica": socialismo. Il movimento dei lavoratori, con la sua filosofia politica: il bene comune universale contro i particolarismi soggettivi. Quella che sarebbe poi diventata la sua regola comportamentale di vita. Nell’immediato dopoguerra, Luzi era in servizio al carcere dell’Asinara, e quando si trovava in licenza, andava a Sassari, dove frequentava la sezione del Partito Socialista Italiano. Discuteva di politica con i militanti, partecipando ai dibattiti, era interessato al futuro del movimento, al deciso sostegno per la Repubblica contro la Monarchia nell’imminente e decisiva "battaglia" referendaria.

Giuseppe Luzi, è sempre stato un fervente sostenitore dell’istituzione repubblicana, e, di conseguenza, un convinto antimonarchico. La sua avversione per la Monarchia, è datato nel tempo: risale a quando era contadino. La sua condizione di orfano di guerra, per le leggi vigenti in quegli anni, gli avrebbe consentito di avere un impiego. Così non è stato, non solo, era anche previsto un aiuto economico per i figli bisognosi di soldati caduti in guerra, consistente nell’assegnazione di vitelli. Sarebbe stata una benedizione per Peppe, la sua attività di contadino ne avrebbe trovato giovamento, ma anche questo privilegio non gli venne riconosciuto, ingiustamente. I vitelli furono consegnati a persone raccomandate, oltretutto che non ne avevano necessità, poiché benestanti. Questo fatto lo addolorò, "ferendolo internamente", nasceva in lui la consapevolezza che l’istituzione monarchica aveva un concetto di stato sociale differente dai suoi ideali politici.

Nel maggio 1946, siamo nell’imminenza del referendum istituzionale tra Monarchia e Repubblica. La campagna elettorale infiammava e divideva il Paese, il popolo era chiamato ad una decisione importante per le sorti della Nazione. Peppe prestava servizio come agente di custodia nell’isola dell’Asinara, il direttore del carcere Solinas, era impegnato in una costante propaganda a favore della Monarchia. Gli agenti e le loro famiglie dovevano votare per il Re, cercava di convincere tutti ad una votazione plebiscitaria: la Repubblica era considerata una iattura, il male peggiore che potesse capitare al Paese. Inculcava nelle loro menti l’obbligo d’assoluta e cieca osservanza in favore dell’istituzione regnante, considerata la panacea di tutti i mali: si doveva obbedire, senza discutere. Tutto ciò, Peppe lo considerava antidemocratico e gli provocava una profonda lacerazione nell’animo. Odiava l’espressione: "Suddito di sua Maestà", affermava che un uomo libero non deve essere suddito o sottomesso ad alcunché, considerava la Monarchia un’istituzione vecchia e obsoleta. Monarchia sinonimo di oligarchia, (il potere in mano a poche persone), che degenera in un naturale processo evolutivo: la dittatura. Il suo pensiero politico, identificava la Monarchia uguale alla tirannia, la Repubblica uguale alla democrazia.

In una riunione, il comandante Solinas affermò che il voto alla Monarchia era indispensabile per il futuro di tutti gli agenti e delle loro famiglie: "Abbiamo l’obbligo di votare compatti per la Monarchia, perché è il Re che ci dà da mangiare". A questo punto, Peppe sobbalzò, rispondendo per le rime: "Perché se vince la Repubblica non mangiamo più!". Cadde il gelo nella sala, il direttore lo fulminò con lo sguardo, dicendogli di stare bene attento a ciò che faceva. Peppe, che aveva manifestato così palesemente e coraggiosamente la sua preferenza per la Repubblica, ebbe l’impressione che stava correndo un grosso rischio: qualora avesse vinto la Monarchia, era consapevole di perdere il posto. La vittoria della Repubblica nello storico referendum del 2 giugno 1946, diede a Peppe una grande soddisfazione personale. Le sue idee avevano trionfato. Giuseppe Luzi è stato uno dei primi italiani a credere nella potenzialità democratica dell’istituzione repubblicana. Ha dimostrato una lungimiranza politica straordinaria, gli va riconosciuto di essere stato un precursore, un pioniere della Repubblica come istituzione del futuro, uno dei primi a comprendere quale direzione avrebbe seguito il corso della storia italiana.

Il discorso integrale pronunciato nella commemorazione del 4 Novembre

Onore ai caduti. E’ con orgoglio che ci siamo recati a deporre la corona al monumento dei caduti di Villa Santo Stefano, in occasione di questa grande ricorrenza del 4 Novembre. Sarebbe utile unire a questi ricordi, anche quelli dei caduti su qualunque fronte di tutte le guerre. Chi siamo? – Cosa Vogliamo? Sono domande che quasi sempre ci sono rivolte da alcuni nostri connazionali quando assistono alle celebrazioni patriottiche organizzate dalla nostra associazione. Chi siamo? Siamo ex combattenti superstiti del tragico secondo conflitto mondiale, che ha fatto registrare distruzioni e morti in molti paesi. Questa risposta viene accolta con una certa meraviglia ed incredulità, perché secondo loro dopo tanti anni dalla fine della guerra non ci dovrebbero più essere superstiti. Questa meraviglia si giustifica con la giovane età dei nostri interlocutori, che delle vicende belliche poco o nulla conoscono. La nostra presenza è una testimonianza di quelle vicende, una presenza operativa mirata soprattutto a ricordare i fratelli caduti, che con il loro sacrificio hanno aiutato la nostra rinascita, riconquistando dignità e democrazia. Per la seconda domanda "Cosa vogliamo?" non abbiamo difficoltà a dire nulla, anzi abbiamo qualcosa da dare ai nostri Eredi e successori. Siamo stati per anni fedeli del patrimonio morale e patriottico della nostra popolazione ed è nostro desiderio che esso sia affidato per la conservazione nelle mani sicure di elementi consapevoli e responsabili. Questo patrimonio, costruito con i sacrifici e tanti atti di eroismo, ci ha aiutato ad affrontare le tragiche vicende della guerra e c’è stato di riferimento e di sostegno nel recupero della nostra dignità nazionale, salvaguardando la pace e la solidarietà tra tutti i popoli, ed appartenere ad una grande Patria Europea. Ringrazio.

 

 

prefazione

I racconti di Giuseppe Luzi:

Morire per un fagiolo | Amore per gli animali | Repubblicano e socialista

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