Le impetuose folate di Bora che spazzavano la città con l’Alabarda, hanno accolto venerdì sera, 15 febbraio 2008, l’allegra comitiva di Ciociari, non solo santostefanesi, in trasferta a Trieste. Per partecipare al Convegno "La tenebra e le croci. Il volto occulto dei Cavalieri del silenzio", previsto per il giorno successivo, sabato 16 febbraio, nella splendida cornice dell’Antico Caffè San Marco. Convegno che ha avuto come indiscusso protagonista il libro "Valcento. Gli Ordini monastico cavallereschi del Lazio meridionale" del santostefanese d’adozione, ma triestino d’origine, Giancarlo Pavat. Che dallo scorso novembre sta riscuotendo un incredibile successo nella nostra regione. Dopo l’indimenticabile presentazione nella Sala Comunale, organizzata dall’Amministrazione santostefanese, il libro ha suscitato unanimi consensi a Palazzo Giorgi - Roffi Isabelli di Ferentino ed alla Libreria - Caffè letterario "Sangraal" di Anagni. E sabato 16 febbraio, appunto, è stata la volta di un vero e proprio tempio della cultura italiana ed europea. Lo storico Caffè San Marco di Trieste. Ad organizzare l’evento, il triestino, con ancestrali radici santostefanesi Giancarlo Bonomo, scrittore ed apprezzato critico d’arte, nonché direttore della galleria d’arte "Artetrieste". Gelido e fastidioso, il celebre vento. Non c’è dubbio. Ma foriero di cieli d’azzurro intenso e piazze inondate di sole. Come poi verificatosi per tutto il week end. E dopotutto anche apprezzato. "Come si fa a venire a Trieste per la prima volta" ha commentato qualcuno "e non provare l’ebbrezza della Bora?" La città è apparsa con le sue rive alberate, i suoi edifici storici. La meravigliosa Piazza dell’Unità d’Italia, una delle più belle piazze italiane e la più grande piazza d’Europa che si affaccia direttamente sul mare. Magicamente illuminata da sapienti giochi di luce. Con il suo Palazzo del Governo (o della Prefettura, opera dell’architetto viennese Artmann), il Palazzo della Regione (o del Lloyd, costruito nel 1883 dall’austriaco Ferstel). Ed ancora il celebre "Caffè degli Specchi". E l’ottocentesco Municipio, (opera dell’architetto triestino Giuseppe Bruni), con i bronzei Nikeze e Iakeze a battere le ore sulla grande campana della Torre dell’Orologio. E la settecentesca "Fontana dei Quattro Continenti". Quattro e non cinque, in quanto all’epoca l’Australia non era ancora stata scoperta. E la colonna con la statua marmorea dell’Imperatore Carlo VI d’Asburgo, che, proclamando nel 1179 Trieste "Porto Franco" (ovvero scalo privo di dogane e dazi), diede il via allo sviluppo economico, industriale, ed anche culturale della Città. Che per quasi due secoli, sarà una delle capitali e l’unico grande porto di un Impero immenso.
Ma se le algide piazze e vie della città hanno infreddolito i santostefanesi, sono stati riscaldati dal caloroso benvenuti degli amici Triestini. Venerdì sera i genitori del nostro Giancarlo Pavat, papà Luigi e mamma Teresa, presente anche il fratello Luca (che ha seguito come un ombra gli ospiti durante tutto il soggiorno triestino) hanno offerto una cena in un tipico locale, poco distante dalla Piazza Unità d’Italia. Il brindisi con un boccale di birra; "Grazie, grazie di essere qui!" Sono stati gustati piatti tradizionali della città. Come i canederli con sugo di cinghiale, goulash di capriolo, il kapuziner teller (un piatto unico con crauti, patate e prosciutto saltate in "tecia" ovvero nel tegame, salsicce "cranio" locali, e wurstel, che a Trieste si chiamano "Vienna" arrotolate nella pancetta. Il tutto con sopra la radice "krem, o rafano, gratuggiata. Che da quel pizzicorio, leggermente piccante). Oltre alla celebre ministra triestina "Jota", alle wienerschnitzler ed alla "Lubianska (cotoletta di manzo impanata con in mezzo prosciutto crudo e formaggio). Tutto innaffiato con varie specialità diverse di birre. E per dessert la "Frastagliata del Kaiser" o le gustose palatschinken (specie di crepes) alla marmellata ed al cioccolato. Un pasto decisamente sostanzioso per rinfrancare lo spirito dopo il lungo viaggio. Il mattino successivo, svegliatisi sotto un cielo azzurro, con un sole che combatteva contro i rigori della Bora, calata d’intensità rispetto alla sera prima ma sempre presente, la comitiva si è dedicata alla visita del centro cittadino e dei suoi monumenti, avvolti nell’atmosfera mitteleuropea. Come il Castello e la Cattedrale di San Giusto, sull’omonimo Colle. Che ospita anche i resti del Foro, della Basilica Romana ed il Monumento ai Caduti. E poi via, a perdersi per le viuzze che scendono verso la Piazza Unità d’Italia. Facendo piacevoli incontri. Oltre a tanti paciosi gattoni, amorevolmente accuditi dai Triestini in caratteristiche "cucce" di legno, ecco la maestosità classica del Teatro Romano e dell’Arco, detto "di Riccardo". Una delle antiche Porte Urbiche. Il "Tetrapilo", un tempio classico recentemente scoperto. La medievale Tor Cuccherna. Legata a leggende e dicerie di storie di fantasmi. La Chiesa gesuita di Santa Maria Maggiore (il più grande edificio barocco della città) con accanto quella romanica di San Silvestro ed il suo mirabile rosone del XIII secolo. Ritornati in centro, si è trovato il tempo anche per lo shopping. Un modo per proseguire la camminata ed immergersi nella vita del sabato mattina triestino. Con passanti, coppie di innamorati, mamme e famigliole con carrozzine, giovani ed anziani, tutti intenti a passeggiare incuranti del freddo. Così si è potuta ammirare anche la centralissima Piazza della Borsa, con l’omonimo Palazzo in stile neoclassico e la colonna con la statua bronzea di un altro Sacro Romano Imperatore. Leopoldo I d’Asburgo, (colui che assieme al Re di Polonia Giovanni Sobieski ed al Frate Cappuccino Beato Marco d’Aviano, riuscì a fermare e sconfiggere le Armate Turche sotto le mura di Vienna, salvando l’Europa). Che visitò la città nel 1660, concedendo nuovi Statuti. (Trieste non è mai stata feudo di alcuno. Prima Libero Comune e, dopo il 1382, Libera Città del Sacro Romano Impero sotto la Corona della Casa d’Austria). Monumento eretto dai triestini riconoscenti. La statua venne realizzata prima in legno ricoperto d’oro e poi, nel 1763, rifatta in bronzo. Ed ancora il Corso Italia con i suoi grandi palazzi e celebri negozi di abbigliamento. Oltre alla Chiesa di Sant’Antonio Nuovo, anch’essa in stile neoclassico (come quasi tutti i più importanti edifici cittadini), simile al "Pantheon", che chiude il "Canal Grande". E la Chiesa Greco-Ortodossa di San Nicolò con i due campanili gemelli e quella Serbo-Ortodossa con le sue cupole azzurre. Lungo il muro di cinta della chiesa, si è celebrato, anche da parte dei ciociari, un "rito scaramantico" triestino. Quello di strusciarsi il fondoschiena sui possenti blocchi di pietra. Si dice che porti fortuna. E di nuovo in movimento, lungo l’alberato Viale XX Settembre, salotto primaverile triestino, con i suoi bar, caffè e negozi. E ancora il tempo per un aperitivo nei celebri caffè. In uno di questi si è svolto il toccante ed emozionate incontro di Giancarlo Pavat con la sua maestra della Scuola Elementare "Emo Tarabocchia" (1973-1978), signora Edda Brentel. Per la quale sembra proprio che gli anni non siano assolutamente trascorsi. Che si è intrattenuta in conversazione non solo con l’autore ma con gli altri ospiti, esprimendo tutta la sua gioia e soddisfazione per il successo letterario e culturale del suo vecchio alunno. E poi altro pranzo tipico in un ristorante caratteristico, prima di ritornare al grazioso e ben tenuto Albergo "La Valle di Banne", www.lavalledibanne.it, poco distante dalla città, sull’Altipiano carsico, per prepararsi al Convegno previsto per il tardo pomeriggio."Un evento straordinario ed un esperienza indimenticabile", uno dei commenti a caldo dei componenti della raggiante delegazione santostefanese e ciociara. Riferito non solo alla "gita" a Trieste ma anche all’eccezionale successo del Convegno.
A gremire le sale in stile asburgico dello storico Caffè Triestino, oltre 250 persone (per la precisione ne sono state contate 252), molti i docenti, scrittori, artisti ed esponenti della cultura locale. Tra cui sono stati riconosciuti prof. Fausto Ranieri, psicologo, esperto in discipline esoteriche, Vincenza Gangemi, direttore e vicepresidente del Movimento Arte Intuitiva di Trieste, e la vicedirettrice Floriana Mauro, lo scrittore-rivelazione Igor Gherdol, autore del romanzo "L'oro della mia vita", recentemente premiato dal Sindaco di Trieste, il pittore Sergio Bastioni, la Prof.ssa Daniela Angela Fogar, Prof.ssa Silvia Tullia Zanei, insegnante di Italiano di Giancarlo Pavat alla Scuola Media "Guido Brunner". Ed ancora; Gabriella Zentilin di Aquileia, Patrizia Luongo di Gorizia e Lorenzo Runco, cugine e cugino dell’autore del libro, Signora e signor Lia e Bruno Visintin, signora Lucia Felluga, Dott. Ruggero Calligaris e signora, Prof. Dario Jakomin studioso sloveno di Templari, Ing. Fabrizio Andrioni con la moglie Diana, Ing. Marco Buttazzoni. Oltre al medico Dott.ssa Cristiana Maganja, Dott.ssa Anna Sadar, Dott. Vincenzo Reina, Dott.ssa Raffaella Mugnaioni, Avv. Maria Grazia Tedesco, Avv. Andrea Comisso, Massimo Tedesco, Dott. Alberto Rutter, Dott. Edoardo Torbianelli, compagni di Giancarlo Pavat al Liceo Classico "Dante Alighieri", Ing. Basilio D'Ambrosi e Raffaella Marsetti. Senza dimenticare le signore Gianna Runco e Aurora Stancic, zie dell'autore. E ancora Flavia Ciabattini e Marina Medin, Barbara e Mariuccia Petelin, Riccardo, Luciana ed Elisa Fracchioni, Marino e Marina Petelin, Luciana Marini, Massimo Paggiossi, originario di Villa Santo Stefano ma da anni in servizio presso la Guardia di Finanza di Trieste, Prof.ssa Anja Mattei, Max Vidmar, nonché rappresentanti del Fondo per l’Ambiente Italiano e di associazioni culturali triestine, come il Movimento d’Arte Intuitiva. Un’occasione più che unica per far conoscere e promuovere il paese ed il territorio di Villa Santo Stefano e dell’intera vallata dell’Amaseno. Colta al volo dal sindaco di Villa Santo Stefano Enrica Iorio. Che ha incassato uno strepitoso successo personale con la sua applauditissima prolusione. Davvero veemente, appassionata e dettagliata nell’illustrare le bellezze paesaggistiche, artistiche, storiche e tradizionali del proprio comune. Invitando i presenti, anche alla luce "del gemellaggio nato questa sera", a visitare Villa Santo Stefano. Inoltre ha ricordato come l’autore ha riscoperto e risvegliato tanti aspetti della storia e del passato del paese che gli stessi santostefanesi ignoravano o avevano scordato. Esternando gratitudine nei suoi confronti anche per questo motivo. Giancarlo Bonomo ha aperto il convegno presentando il libro "Valcento" e la ricerca sulle simbologie utilizzate dagli antichi ordini medioevali. La dottoressa Paola Caramadre ha dissertato sugli aspetti letterari e culturali della ricerca e del libro. Mentre la dottoressa Alessandra Leo, ha spiegato perché ha accettato la sfida di scrivere la prefazione di "Valcento". Ravvisandone un testo innovativo per stile e contenuti. Basati però sul rigore scientifico e documentale. Veniteci a trovare a Villa Santo Stefano, magari non così numerosi perché non ci stareste tutti. Grande attesa per l’intervento di Giancarlo Pavat. Che per la prima volta si presentava con una sua opera nella città natale, dalla quale manca da parecchi anni. Presenti al Caffè San Marco, oltre alla moglie Sonia, ai genitori, il fratello Luca con la moglie Barbara ed il piccolo Francesco e vari parenti, c’erano anche moltissimi compagni del Liceo. Riuscendo a non far trasparire la benché minima emozione, ("Ma non eri per nulla emozionato o lo nascondevi bene?" ha chiesto qualcuno. Lapidaria la risposta. "Lo nascondevo bene"), ha incantato il pubblico illustrando la storia ed i significati dei diversi simboli. La cui presenza è dimostrata sin dagli albori della Umanità e fatti propri dai Templari, dai Giovanniti e dagli altri cavalieri che hanno calcato i sentieri della storia e del nostro territorio. Al termine, mentre l’autore si faceva venire i crampi alla mano a forza di firmare dediche sulle copie del libro, tutti a far onore al vin d’honneur. La domenica, ultimo giorno della permanenza a Trieste, ha visto la pattuglia ciociara, ancora impegnata a sopravvivere a mangiate e bevute a base di sapori e gusti locali. La sera di sabato, dopo il Convegno, sono stati costretti a rifocillarsi in un'altra trattoria tipica con birre e piatti considerevoli che rispecchiavano echi dello spirito cosmopolita della città adriatica. Unico a mangiare una insalatina mista; Giancarlo Bonomo. Gli altri (il locale è stato letteralmente occupato, perché a fronte dei 25 preventivati, questo era il numero previsto dalla prenotazione fatta da Lorenzo Runco, cugino di Giancarlo Pavat, specifichiamo i cognomi visto che ormai ci sono troppi "giancarli" in circolazione, si sono ritrovati circa in una quarantina) tutti a fare onore a piatti come la "Porcina" (carne di maiale bollita accompagnata da crauti, patate e salsine piccanti), salsicce e wurstel, braciole e spropositati "piatti unici", valorizzati dalle carni più disparate e guarniti sapientemente con contorni e salse.
Dopo una classica (e abbondante, visti i krapfen!) colazione in albergo, di quelle che facciamo tutti a casa propria, Giancarlo Bonomo ha voluto far provare ai suoi ancestrali compatrioti la tipica merenda triestina di metà domenica mattina. Alle ore 9.30 circa, mentre, pur sotto un sole scintillante, il termometro indicava i 3 gradi sotto zero, in una trattoria caratteristica del Carso Triestino, sono stati degustati salumi (prosciutto crudo e cotto, mortadella, salami) e formaggi, oltre che sottaceti, tutti rigorosamente di produzione locale. Annaffiati con il tipico vino nero di Trieste dell’Altipiano; il Terrano o Teràn, in dialetto. Meta successiva il Castello di Miramare. Bello da togliere il fiato, con la sua pietra bianca, a picco sul mare e stagliato contro un cielo d’un azzurro profondo. Che sembrava essersi preparato da tempo per i visitatori giunti da tanto lontano. Per condurli ad immergersi, anche se solo per poche ore, in un sogno, una fiaba, lungo i viali e tra le opere d’arte disseminate nel superbo Parco, in una storia d’amore infrantasi troppo presto.
Dopo la visita al Parco ed al Castello e la foto ufficiale nel piazzale antistante, il Gruppo ha imboccato il lungo viale che costeggia le spiagge ed i grandi scogli del Castello. Per recuperare le autovetture e dirigersi verso l’ultimo appuntamento delle incancellabili giornate triestine. La Cappella Templare di Corniale. Il paesino di Corniale, Lokev in sloveno, si trova poco oltre il confine Italo-sloveno, che dopo l’entrata della piccola, Repubblica nella Area Schengen dell’Unione Europea si può attraversare senza alcun controllo dei passaporti. Oltre che per la visita alla cappella Templare, la località è stata scelta per gustare, assieme al fratello, alla cognata, al nipotino ed al cugino di Giancarlo Pavat, ed all’onnipresente Giancarlo Bonomo, la cucina del "Ristorante Ambassador" della famiglia dell’ex ambasciatore sloveno in molti paesi tra cui gli Usa. Il diplomatico era presente ed ha salutato le signore con un elegante e d’altri tempi baciamano. Qui, l’autore dopo un breve discorso in cui ha ringraziato ancora una volta tutti per averlo seguito sino a Trieste, ha offerto il pranzo a base di gnocchi fatti in casa al vino terrano, oppure con zucca e pinoli. O ancora tagliatelle letteralmente ricoperte di grosse scaglie di tartufo. Sono state assaggiate le "Lasko Pivo", birre locali ed il vino Terrano. Di cui è stato acquistato anche un distillato, sempre casereccio. Per dolce ancora Palatschinken, qui chiamate "palacinke". Infine, nel pomeriggio, tra baci ed abbracci, con una punta di tristezza si è presa la via del ritorno, con la promessa che la prossima volta saranno i Triestini a visitare Villa Santo Stefano. Vi aspettiamo.
Villa Santo Stefano, 7 marzo 2008 |